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Del talento degli italiani

Creato il 17 novembre 2010 da Sogniebisogni

talenti

Vado in visita al Palazzo dei Congressi, all’EUR, dove il governo, e in particolare il Ministero della Gioventù (nome che sembra provenire direttamente dal Littorio, come tutto l’edificio), stanno inscenando una kermesse dedicata al talento dei giovani italiani. Nonostante a patrocinare il tutto ci sia una sbuffante e tetra Giorgia Meloni, in questo momento più preoccupata di conservare la sua comoda poltroncina ministeriale che di stringere mani di giovani promesse, sono contento che vengano festeggiati tanti giovani artisti e ricercatori, anche se nel solito modo nazionalistico, tipo fiera del Parmigiano Reggiano.
All’ingresso l’usuale scenografia faraonica con luci e raggi laser in un semibuio che va molto di moda ultimamente, squarciato da apposite musichette molto “ambient”. I poveri “gggiovani” sono costretti a fare la fila per gli accrediti. Vengono chiamati per cognome e lasciati mezze ore intere in fila (in piedi) ad aspettare i buoni pasto e l’immancabile borsetta in tela congressuale che reca scritto “100% Talento”. Non so perché ma il modello organizzativo di queste cose in Italia deve essere sempre il servizio militare o l’università.
A chiacchiere sei un talento, in realtà diventi subito un minorato con numero di matricola che viene declamato da qualche usciere. “Zambrilliiiii! ‘Ndo ‘sta Zambrilli?... Ah stai qua? Ecco a majetta e i bboni pasto…” Ci guardiamo rassegnati con Zambrilli che fa il ricercatore sulle nanotecnologie ad Harvard. Mi avvicino al desk per chiedere informazioni. Una delle due operatrici deve consegnare dei buoni pasto chiusi in buste organizzate alfabeticamente. Noto che ogni volta sfoglia l’intero pacco di buste per trovare le lettere, mettendoci diversi minuti. A un certo punto mi guarda e mi chiede: «Ma la O sta dopo la Q?»
Ecco, il talento vero degli italiani è quello di riuscire a trasformare tutto in una solenne buffonata, persino l’accostamento drammatico fra genialità e analfabetismo di ritorno che meriterebbe tragiche e sospirose riflessioni. Uno vorrebbe piangere sulle sorti del suo paese, lo giuro, ma alla fine viene solo da ridere, da ridere fino alle lacrime. In sottofondo musica “ambient” oppure, a scelta, frinire di caccavelle.


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