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Demenza senile: Reality Orientation Therapy

Da Psychomer
by Tatiana Porcelli on maggio 30, 2012

Attualmente circa il 5% della popolazione con età compreasa tra i 65 ed 85 anni ed il 30% dei soggetti over 85, è affetta da demenza.

Accanto ai trattamenti farmacologici, vengono utilizzate altre terapie, che non ricorrono a farmaci. Una è la Reality Orientation Therapy (ROT), ideata da Folsom (1958) e successivamente sviluppata da Tauble, Folsom, 1966.

Originariamente essa era usata con i veterani di guerra affetti da disturbi gravi, ma successivamente fu impiegata in ambito geriatrico. Tale tecnica mira a migliorare l’orientamento del paziente rispetto a sé,  alla propria storia, all’ambiente circostante ed a modificare i comportamenti disadattivi incrementando il livello di autostima.

Vi sono due modalità di ROT: informale o ‘24 ore’ e  formale o “in classe”. La prima è un processo di stimolazione continua che implica la partecipazione di operatori sanitari e familiari (24 ore al giorno per 15 giorni.). La seconda invece, prevede sedute giornaliere di 45’(5 giorni a settimana per 3 settimane) condotte in gruppi di 4-6 persone, omogenee per grado di compromissione cognitiva.

Essa è finalizzata a ri-orientare il paziente sotto svariati punti di vista: personale, temporale e spaziale.

Le strategie sono diverse e prevedono ad esempio, le richieste (al paziente) del proprio nome, del cognome, dell’età e del luogo di nascita o di note autobiografiche legate ai ricordi d’infanzia, alle scuole frequentate, al matrimonio, ai figli ecc.; si potrebbe ad esempio, stimolare il soggetto a creare un memory book all’interno del quale egli inserisce le informazioni relative al suo passato.

Esistono evidenze scientifiche a supporto della tecnica: essa rallenta, almeno temporaneamente, la progressione della malattia, con una perdita annuale al MMSE tra 1,8 e 4,2 (Zanetti, 1995); manifesta una correlazione tra il numero cicli (ROT) ed il rischio di istituzionali (Zanetti, 1998) ed una diminuzione dei sintomi neuropsichiatrici e dell’intervento farmacologico (Bono,1997). Questo è dimostrato dai suoi effetti positivi sia sulla componente comportamentale, sia su quella cognitiva (Spector, Cochrane Library, 2005).

Tuttavia presenta anche dei limiti importanti, costituiti principalemente dalla mancanza di protocolli omogenei e di risultati quantificabili attraverso strumenti standardizzati.

A questo LINK potete trovare alcuni esempi di terapie.


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