Una rassegna pubblicata sugli Archives of Internal Medicine inerente i cambiamenti nello stile di vita e la malattia da reflusso gastro-esofageo ha concluso che i "cibi speziati" sono ancora molto poco studiati rispetto a quelle variabili rilevanti in questa patologia come il pH esofageo e la pressione dello sfintere esofageo inferiore, limitandosi a citare un piccolo trial non replicato in cui era stato osservato un peggioramento dei sintomi mediante l'ingestione di cipolla (Kaltenbach, 2006).
Però, quello delle spezie (parti essicate di una pianta) e in generale dei cibi che aggiungono sapore (come appunto la cipolla) è un gruppo molto vasto, per cui è lecito aspettarsi effetti molto diversi da un alimento ad un altro, o diversificati a seconda di quanto sia frequente l'assunzione: al momento, basandoci su alcuni studi pilota, sappiamo che perlomeno la malattia da reflusso gastro-esofageo non erosiva e la dispepsia funzionale potrebbero essere migliorate da un'elevata ingestione di peperoncino rosso, purchè assunto per almeno due settimane, superando cioè quel peggioramento che può essere osservato durante la prima. Il peperoncino è un'ottima fonte di capsaicina, che inibisce i recettori TRPV1, alla base della dolorosa sensazione di bruciore intestinale, e questo compatibilmente con gli studi condotti in Asia sui pazienti che soffrono di reflusso, i quali riportano frequentemente il sintomo del rigurgito acido ma non del bruciore (Gonlachanvit, 2010).
Per quanto riguarda altre spezie, possiamo solo raccomandare l'osservazione individuale, che venga fatta nei limiti del possibile con serenità, ossia senza quelle auto-convinzioni che possono innescare conseguenze fisiologiche deleterie (effetto nocebo).
Bibliografia: Gonlachanvit S. Are rice and spicy diet good for functional gastrointestinal disorders? J Neurogastroenterol Motil. 2010 Apr;16(2):131-8. doi: 10.5056/jnm.2010.16.2.131. Epub 2010 Apr 27.Kaltenbach T, Crockett S, Gerson LB. Are lifestyle measures effective in patients with gastroesophageal reflux disease? An evidence-based approach. Arch Intern Med. 2006 May 8;166(9):965-71.