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Democrazia del Terzo Millennio (sull’intervista di Casaleggio)

Creato il 23 giugno 2013 da Cristiana

Leggo l’intervista a Casaleggio sulla democrazia fatta da una bravissima e puntuale Serena Danna,  in cui il guru del Movimento 5 Stelle profetizza su cosa diventerà la democrazia e come lo diventerà.

Vale la pena di leggerla tutta con attenzione e fino in fondo (è molto lunga) e di studiare molto le dinamiche della rete: le applicazioni di direct marketing, di profilazione , di rischi e opportunità della rete sono le stesse che usano le aziende come i candidati alle elezioni e la letteratura è immensa.

La mia impressione è che Casaleggio si sia innamorato della sua idea tanto da non vederne i limiti e soprattutto i rischi. Nel libro di Annamaria Testa “La Trama Lucente” , per l’esattezza nel paragrafo “Dalla creatività all’innovazione” c’è una bellissima riflessione sugli effetti della rete sulla conoscenza: “più veloci non significa più bravi….la rapidità spesso coincide con l’approssimazione.” Secondo lo scrittore Nicholas Carr l’uso intensivo del web diminuisce la capacità di concentrarsi e di praticare il deep reading. In sostanza ci illudiamo di sapere tutto, ma non sappiamo nulla e la quantità di informazioni (sociali, di prodotto, politiche) a cui possiamo accedere ci illude di potere comprendere qualsiasi cosa solo per la sua accessibilità, mentre non è affatto così.

Quello che non vede Casaleggio (oppure lo vede benissimo) è il rischio di una superficialità collettiva che possa venire manipolata molto meglio che nelle dittature tradizionali tipiche del XX secolo, che si fondavano sulla propaganda e la censura o meglio che nelle democrazie incomplete, dove la propaganda e la censura vengono sostituite dal parziale controllo dei media da parte dei poteri forti.

Il classico leggendario esempio d’esordio della democrazia diretta – senza voler essere banali – può essere fatto risalire al famoso voto “secco” tra Barabba e Gesù dove la “conoscenza” personale risultò essere superiore a quella formale. Classico esempio applicabile anche alla rete dove lo “sharing” e dove la velocità, consente velocissime gogne mediatiche o incoronazioni improbabili.

Insomma non mi innamorerei così tanto della morte dei partiti e della democrazia diretta, ma cercherei quel punto di mezzo tra un uso sano della rete che lasci all’azione individuale la totale libertà insita nella rete e un uso politico fondato sulla rappresentatività trasparente dove la delega all’eletto sia profonda e duratura, ma sia valutata da continui feedback. Continuo a pensare che tutti non possono occuparsi di tutto e sapere di tutto e che pretenderlo significa in realtà creare un tessuto sociale ed elettivo – nel modello Casaleggio – debole e manipolabile. Una collettività consapevole che possa realmente “giudicare” l’eletto (ed anche la forma di legge elettorale è importante) ma possa anche accettarne gli sbagli se contestualizzati in cose prima della delega non immaginabili (a questo serve la delega).

Insomma alla fine, per farla breve, ci vuole una via di mezzo tra il partito del XX secolo ormai inadatto a rappresentare la società e il partito “rete” troppo superficiale e veloce per trovare soluzioni complesse all’esistenza umana attuale.

 


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