Nell’epoca moderna siamo abituati a considerare “civile” una società organizzata sui principi della Democrazia.
Ma siamo certi che la nostra società sia veramente democratica? Cosa si intende per Democrazia?
Secondo i greci e secondo le teorie aristoteliche ne “La costituzione degli Ateniesi“, la Democrazia è la forma di governo che permette al popolo greco di distinguersi dal popolo Persiano, sottomesso alla tirannide.
E’ un tratto distintivo, quell’elemento che identifica il popolo greco, la stirpe degli Elleni da quella degli Asiatici/Persiani.
Per dimostrare che la Democrazia non è una questione di scelte ma genetica, Aristotele nel suo trattato afferma che il popolo greco (Ateniese), non può scegliere una diversa forma di governo perché, avendo assaporato la libertà e i vantaggi che ne derivano, è inaccettabile l’attacco dei Persiani, che chiedono un atto di sottomissione completa ai popoli conquistati. Nessun ateniese sarebbe disposto a cedere di fronte ad un invasore che rifiuti la legislazione democratica.
In questo punto sta la grande separazione tra democrazia moderna e democrazia antica. La prima è figlia della religione cristiana e di pretese razionalistiche che, considerando la Democrazia come la migliore forma di governo, la considerano universale, da importare e esportare in tutto il mondo. La seconda, la vera Democrazia o Isonomia (uguaglianza di fronte alle leggi), è una possibilità per pochi eletti, per quei popoli che la sanno accettare come naturalmente parte di se.
Erodoto nel terzo libro delle “Storie” mette a confronto i personaggi di Otane, Megabizo e Dario, che rappresentano rispettivamente Democrazia, Aristocrazia e Tirannide. Attraverso questo artificio retorico dell’incontro (considerando il fatto che questi tre personaggi non avrebbero potuto incontrarsi ne realmente ne considerandoli nomi sostitutivi per figure realmente esistite), Erodoto per la prima volta, teorizza e definisce i principi e le regole basilari della Democrazia che, fino a quel momento, si era basata su una serie di leggi generali e non ben definite, soggette ancora a delle interpretazioni personali.
Lo scrittore greco trova anche il modo per attaccare indirettamente i rappresentanti della Monarchia e della Tirannide.
Giusto per ricordare che gli assalti mediatici tra politici di diversi partiti non sono cosa d’oggi, solo i greci lo facevano per iscritto e, spesso, li sbattevano in proscenio nei teatri.
Viceversa chi è abituato a vivere in condizioni estreme, a doversi adeguare alla forza della natura e del destino, non accetterà mai un governo tirannico, perché li renderebbe indolenti e le loro menti sono troppo attive e abituate all’azione e al ragionamento.
Sempre nel trattato di questo Pseudo-Ippocrate si dice che gli Europei, intesi come Sicilia, Italia e la costa settentrionale del Mar Mediterraneo (divido la Sicilia dall’Italia perché con il passare del tempo la Sicilia ottiene un posto di favore nel pensiero greco e va a distinguersi dalle terre etrusche e romane), vivano in condizioni agiate per via dei territori fertili e accoglienti. Per queste ragioni i Greci si ritenevano un popolo più adatto alla Democrazia e l’unico modo per permettere anche ad altri popoli di diventare come loro era che le istituzioni politiche (anch’esse soggette all’Habitat e alla viltà dello spirito), sfruttassero i capricci della natura per smuovere gli animi.
Continuando a conoscere, attraverso gli occhi del popolo greco, i Persiani, scopriamo che vengono considerati uomini “molli”, senza iniziativa, perché troppo dediti ai piaceri, alle ricchezze e alla corruzione. Ogni popolo facente parte dell’esercito persiano veniva legato dai tiranni grazie al denaro e alla promessa di grandi ricchezze. I Greci, invece, cercavano la libertà di pensiero, di parola e di confronto (non che la corruzione e l’aristocrazia fossero assenti, semplicemente venivano giustificati come l’agire del singolo non della collettività).
L’ultimo e più importante baluardo della forza del demos nella democrazia ateniese è scritto in un trattatello attribuito a Senofonte (anche qui l’attribuzione è dubbia), la grande vittoria della Democrazia è nel 480 a.C. con la battaglia di Salamina, nella quale le navi greche sconfissero l’esercito persiano.Perché la flotta assume tale importanza? Perché, come si dice nel trattato, le navi non si muovono da sole, sono le braccia, la forza e lo spirito di unità del popolo greco e degli alleati a condurle, la vittoria era già stata annunciata dall’Oracolo di Delfi, che annunciò l’arrivo delle “mura di legno”.
Se gli eserciti persiani combattevano ognuno per sé e per ottenere ricchezze, l’esercito greco era compatto e forte, saldo nei propri principi e determinato a vincere per non perdere la libertà.
Questa era la situazione democratica greca, ma oggi cosa possiamo vedere nelle democrazie moderne?
Nient’altro che comune arrivismo, continui giochi politici. Un perenne rimpiattino delle problematiche tra un governo e l’altro, tra un ministro e un segretario, affiancato da frequenti sgambetti per arrivare ad una comoda poltrona.
Credo sia sbagliato affermare che la genetica influenzi le nostre scelte politiche ma, forse, i greci non avevano visto male, l’Europa era vista come la patria dei vili che scrivono lamentele e stanno seduti in panciolle ad aspettare un cambiamento, ovviamente fatto da altri. Forse un po’ più d’attenzione alla storia classica e alle filosofie antiche risveglierebbe gli animi e, forse, dovremmo provare a immedesimarci nello spirito ateniese. Oggi non ci sono flotte da comandare e eserciti da sconfiggere, ma si potrebbe comunque fare la differenza.