Difficile esprimere quel che si vuole.
Con Socio, bastava essere vicine e già l’una sentiva come stava l’altra, vuoi il campo magnetico della persona che captavamo, ma vuoi molto di più l’amicizia di sempre, vuoi quello che vuoi, insomma non capirsi era impossibile.
Negli altri rapporti però, anche con chi si ha vicino per affetti, la privacy mentale e spirituale resta inaccessibile. Puoi provare a spiegarti, a giustificarti, a scagliare con tutta la forza che hai, le parole, che queste peròcadono inesorabilmente fuori dai limiti della comprensione di chi ascolta E le ipotesi che si fanno attorno a quel che dici poi… sia false che infondate.
Se poi comunichi con chi ha una mente che secondo i canoni viene considerata non sana, tutto è ancora più frustrante. Soprattutto se le cose che devi comunicare fanno la differenza fra vita e morte. Conforti un dolore emotivo di cui conosci le cause ma a ricordarle sarebbe dare altro dolore inutile. Sono state la scintilla dell’incendio di quella condizione mentale. Cerchi di portare speranza, alternative, assicuri la vicinanza ma vieni allontanata e non sai quanto di malattia mentale e quanto del suo solito carattere ci sia in quel rifiuto.
Per comprendere la disperazione di immergi a riprovare tutte le volte in cui eri nel buio tu, così da trovare una koinè per comunicare, ma lo stress psicologico è diverso in ciascun individuo e si resta sempre come stranieri.
Preferisce ascoltare le allucinazioni che hanno sempre dei modi alquanto sinistri di agganciare la sua immaginazione, e le dicono di non ascoltare me, di non mangiare; espugnano il suo cervello a loro piacimento mentre la mia speranza di penetrare in uno stato di quella mente per convincerla resta tale.
Cerchi di spiegare che presente non è futuro e che quelle voci che prevedono fatti non possono prevedere anche gli stati d’animo che proverà. Consoli. Rassicuri che uno specchio è uno specchio e che le immagini che vede sono riflessi e non entità. Non si possono arrabbiare con lei, come neanche quelli dagli schermi della tv.
Perché continuare a credere a degli specchi e non a me? Era sempre stata così, cambiano le circostanze ma davanti alle scelte ascolta altri, anche prima dei segni di follia; è carattere o malattia?
Il dolore è utile perché allarga il cuore e permette di contenere dentro si sé quello che più eleva una persona. Perché non voler soffrire? Sarei rimasta vicina e non sarebbe stata né una sofferenza vera né lunga perché ogni dolore si elabora. Anzi doveva dare il buon esempio, perché non sta bene dover essere più saggi di chi dovrebbe farti da maestro. Era la malattia psichiatrica a farti preferire di scegliere la fuga? Scegliere per quello che al momento fa meno male non è una scelta, è schiavitù animale. Poi io chiedevo e, non avevo diritto di essere ascoltata? E con quale serietà hai scelto nella demenza? Sembravano capricci e hanno portato fatali sciagure.
Cos’è che esaurisce di più? La pazzia o la fame, il collasso dopo violente eccitazioni o lo sfinimento di un’alimentazione insufficiente?
Allucinazioni e deliri che minacciano e pretendono. Ma c’era anche la mia voce, bastava scegliere, bene e male, come confondersi così? È stata la malattia o il mio non saperci fare con te? Frammenti distorti dal senso di colpa per non aver insistito, convinto abbastanza, rabbia di non essere stata capita e quindi neanche ascoltata come le allucinazioni nello specchio erano. E la terribile sensazione di aver perso, una posta in gioco delle più alte.
Solo gli angeli vivono senza materia, gli uomini devono mangiare sennò…
la vita si ferma.
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