Guardando l'horror francese La horde (non male, presto o tardi lo recensirò), mi tornavano in mente a ritmo continuo le scene di un film di cui forse ho parlato troppo poco ma che, a mente fresca, devo dire che merita ben più di una semplice citazione.
Sto parlando di Dèmoni, italianissimo horror ambientato in una non meglio precisata città mitteleuropea, probabilmente in Germania. Con questo film Lamberto Bava realizzò, nell'ormai lontano 1985, una delle pellicole più moderne e spettacolari del cinema di genere italiano. Alla sceneggiatura parteciparono altri volponi: Dardano Sacchetti, Dario Argento (che riusciva a infilare il suo nome in una miriade di produzioni), Franco Ferrini. Gli effetti speciali furono affidati a Stivaletti, vera e propria autorità dell'epoca. Con la colonna sonora nelle mani di Claudio Simonetti, si hanno infine le giuste proporzioni di quella che fu una squadra vincente.
Dèmoni sta a metà tra il genere zombie in stile romeriano e quel sottofilone, in quegli anni quasi inesistente, che avrebbe poi riclassificato i morti viventi in creature tenaci, veloci, furiose. Dèmoni è anche uno tra i primi film a smarcarsi dallo stereotipo zombie=morto resuscitato antropofago. Infatti le creature di Bava sono assai meno classificabili e appartengono a un mondo che sta a metà tra l'esoterico (non a caso ci sono riferimenti a Nostradamus, e alcune manifestazioni di creature demoniache vere e proprie) e l'infezione di tipo virale/batteriologica. Il regista non dà tutte le risposte, mette molta carne al fuoco, e concentra gli sforzi sui ritmi concitati e sulle atmosfere lugubri del cinema Metropol, in cui gli ignari spettatori si troveranno a combattere i Dèmoni che danno il titolo al film.
Il giusto bilanciamento tra le scene splatter (che ai tempi mi interessava assai più di adesso) e i momenti di tensione danno vita a una pellicola che forse va oltre ai meriti della sceneggiatura. Gli scenari cupi del cinema blindato, la città anonima e ostile in cui è ambientato il film (e che sembra voler isolare i poveracci chiusi là dentro, come per evitare il diffondersi dell'infezione) e i personaggi ambigui che lo popolano riescono a creare un senso di disagio che, lo ricordo bene, era ben superiore ad altri titoli più celebrati.
I dèmoni stessi poi sono spaventosi, nel loro incedere bestiale, fatto di passi scimmieschi, occhi che brillano al buio, gorgoglii ferali e ferite suppuranti. Senza parlare poi del processo di trasformazione, tanto cruento da rasentare quasi l'inguardabilità, almeno agli occhi di un tredicenne, quale ero alla prima “prima volta” davanti a questo film.
Qualcuno sostiene che la genialità del film sta poi nell'averci infilato dentro una dose abbondante di metacinema: i dèmoni si manifestano durante la proiezione di una pellicola che parla di loro. E, per una volta almeno, la scena si rivela piuttosto azzeccata, e non pacchiana e/o stupida.
Certo, in questo mio ricordo del film di Bava (seguito da un sequel carino, ma non altrettanto rivoluzionario) c'è anche molto affetto e tanta riconoscenza. Con gli occhi di adesso mi piacerebbe allo stesso modo? Chi può dirlo...
Una cosa gli va riconosciuta: quasi vent'anni prima degli zombie velocisti di Zack Snyder, prima degli infetti/contagiati di 28 giorni dopo, prima dei posseduti di REC, e assolutamente prima degli zombie micragnosi di La Horde, Bava aveva tirato fuori un prodottino innovativo e coi controcazzi.
Se non abitassimo in questa specie di staterello del sucontinente indiano, qualcuno penserebbe a produrre un terzo capitolo. E, Dio volendo, sarebbe davvero un bell'evento.
Ma invece qui siamo in Inculistan, e non sappiamo nemmeno rivalutare quel poco di buono che abbiamo prodotto in passato. Né fiutare un affare, se è per questo. E allora accontentiamoci di vedere i film francesi (lingua notoriamente di finocchi e comunisti) sottotitolati in italiano, e smettiamola di rompere.
Ok, le ultime affermazioni le ho scritte a condizionatore spento. Chiedo le attenuanti del caso.
Nota
Secondo i pessimi costumi in voga in quegli anni, fu prodotto un Demoni 3, che però non ha davvero nulla a che fare col dittico di Bava. Trattasi di un film del 1991 di Umberto Lenzi, una vera vaccata a base di voodoo e di ex schiavi che tornano dalla morte per... annoiare gli spettatori. Pessimo in tutti i sensi; se vi capita a tiro, evitatelo come il colera e la salmonellosi.