Continua la nostra rassegna di gruppi provenienti da zone del mondo solitamente insolite, scusate il (voluto) gioco di parole. Oggi tocca all’Australia e nello specifico al Black Metal (sì, avete capito bene) dei Denouncement Pyre. Direttamente dalla terra dei canguri, dei koala, del rugby e chi più ne ha ne metta, i nostri hanno deciso dunque di provarci con un black contaminato qua e la con il death più cattivo, creando una sorta di Blackened Death Metal, a mio avviso ben lungi però dalla concezione brutalizzata e tecnica che conosciamo ad esempio grazie ai Behemoth.
Originari nella fattispecie di Melbourne, i Denouncement Pyre sono una realtà ormai consolidata nel panorama estremo australiano, avendo alle loro spalle quasi dieci anni d’attività, con due full lenght all’attivo. Oggi analizziamo Almighty Arcanum, ultima loro fatica, uscita per conto dell’Hell Headbangers Audio, etichetta a stelle e strisce. Una particolare menzione alla copertina del disco, che mi è piaciuta in quanto ricorda un oscuro gorgo retto come un telo da quattro losche figure.
Dopo un intro oscura, The Breath of Tehom, veniamo catapultati con An Extension of the Void dentro un caos Black Metal, molto veloce, ben prodotto, con la batteria a mille e le chitarre che fendono l’aria in modo malefico, degno della scuola norvegese. Come biglietto da visita non è male, anche se l’eccessivo minutaggio lo rende un po’ prolisso. Il brano comunque è vario, non è il canonico black tupa-tupa a non più finire, ma varia con diverse soluzioni (da qui la citazione di prima di black/death). La seconda traccia è la title-track Almighty Arcanum, che parte subito all’assalto con un interessante riff sorretto dalla sezione ritmica tuoneggiante, con la doppia cassa che crea un muro del suono terribile. Il brano diventa più tranquillo nei suoi fraseggi centrali, ma non si smentisce mai per la ferocia d’esecuzione. Dobbiamo far notare che la soluzione vocale preferita non è il tipico scream ma un growl molto death. Bellissima l’accoppiata finale stacchi+solo rumoroso, che chiude la canzone decretando una buona prova. La quarta è He Who Conquers All, che inizia con rumori strani per poi sfociare in un riffing malvagio, lento e freddo. La canzone spezza il ritmo forsennato finora proposto, e vede la band a dedicarsi con maggior cura al riffing più che sull’impatto. Gli arpeggi di chitarra, con il basso ben ascoltabile, sono cattivi ed oscuri e lasciano spazio ad un buon giro di chitarra. Però anche questo brano deflagra nel mezzo con una sequela di riff di black puro e blast beats a iosa. Sempre interessanti le soluzioni dei break, inseriti qua e la nelle canzoni. La quinta traccia è The Deceiver, brano che non mi ha colpito molto e che reputo il ventre molle dell’album. Il brano è negli standard, ma non svetta per nessun motivo, se non per qualche buon riff buttato qua e la.. Drakon: All is One ci riporta dentro l’atmosfera oscura che era iniziata con le prime due tracce. Note qua e la di piano della sesta canzone sono solo il preludio della settima traccia: Circle of Serpents. Dopo un inizio malvagio, la canzone si trasforma in un mid tempo thrasheggiante per poi riprendere i binari del black, alternando parti furiose ad altre più lente, ma ugualmente perfide. Il finale è mozzafiato e chiude con un classico cliché dell’heavy metal. Darkness Manifest, l’ottava traccia, parte con un ritmo di batteria particolare, non molto convincente a dire la verità, ed anche il riffing sembra meno ispirato del solito. La canzone fortunatamente si riprende lungo il cammino e sfocia in buoni risultati, specie nella parte mediana, vagamente orientaleggiante. L’ultimo brano, The Redeemer, si apre soffuso con arpeggi di chitarra pulita e la sola batteria ad accompagnarla, sino a che, in crescendo, esplode ma non del tutto almeno fino all’arrivo dell’ennesimo riff assassino. I tempi sono davvero molto sostenuti e le chitarre schizzano all’inverosimile note e giri taglienti. Il brano è elaborato, anzi forse il più elaborato e vario dell’intero lotto. Verso la fine un fastidiosissimo fischio sorvola il sound che lentamente finisce in un misterioso silenzio…
Il disco è prodotto molto bene per essere un disco di Black Metal. Tuttavia dopo un po’ la noia si fa sentire ed il disco può sembrare ripetitivo. Sicuramente le idee ci sono e non sono niente male, ma mancano i tratti distintivi per farli alzare di livello.
Tracklist:
- Intro: Breath of Tehom – 1:48
- An Extension of the Void – 7:15
- Almighty Arcanum – 4:24
- He Who Conquers All – 4:40
- The Deceiver – 4:12
- Drakon: All Is One – 1:29
- Circle of Serpents – 4:59
- Darkness Manifest – 6:45
- The Redeemer – 7:15
Line up:
D. – vocals, guitars, bass
R. – bass
L. – drums
Voto: