Dentro e fuori

Creato il 06 giugno 2013 da Lanterna


Io sono figlia di gente di città. Anche se nata e vissuta in campagna fino ai 23 anni, questa impronta mi ha accompagnato per tutta la mia vita.
L'aria aperta è una stravaganza di lusso, una di quelle cose che si vedono nei film e nelle riviste ma poi nella vita vera non si fanno. Il giardino? Luogo pieno di insetti, da "tenere" perché i vicini non sparlino ma senza una funzione utile o piacevole.
Nella mia casa da single, cara grazia che ci fosse il bidet, figurarsi il giardino: mi affacciavo su un cortile di ringhiera, puro cemento senza fronzoli. Neanche due anni dopo, l'amore mi ha rapita e portata (contro la mia volontà, sia ben chiaro) nel luogo più inculato della Lombardia, riserva di caccia di zanzare e tafani.
All'inizio l'ho rifiutato, ho cercato vie di fuga. Poi la mia natura selvatica ha avuto la meglio su di me.
Prima mi sono innamorata del bosco: i suoi sentieri, le vie d'acqua, i mughetti selvatici, il "mio" boschetto di carpini e la grande quercia caduta.

Poi, l'anno scorso per la prima volta in tanti anni, il cortile è diventato un luogo di relax e chiacchiere, dove i miei bambini potevano giocare con gli altri e noi donne facevamo roccolo. Lo sarebbe ancora, se non fosse a) che quest'anno il tempo non aiuta b) che quest'anno la vecchia imperversa, e la mia vicina egiziana non riesce a scrollarsela di dosso.
Ma la vita di cortile, sia pure piacevole, sbiadisce di fronte alle promesse della casa del polacco. Ora, per carità, non c'è da immaginarsi chissà che: è una casa semi-isolata (abbiamo un vicino con cui ci diamo le spalle) con un pezzo di terra intorno, com'è logico essendo sperduta in culo ai lupi.

Epperò sarà il cerchio di pietre, sarà la betulla che lo ombreggia, sarà il laghetto con la sua bordura rocciosa. O sarà il gazebo là dietro, un po' nascosto, un po' simile alle casette sugli alberi che sognavo da piccola. Sarà l'eco del ricordo di una persona che stimo molto e a cui vorrei somigliare: intraprendente, un po' folle, piena di energie e di voglia di fare. Sarà la luce di quei primi giorni in cui abbiamo ricevuto le chiavi di casa, il periodo di sole e caldo più lungo di questa primavera (7-8 giorni).
Il fatto è che io di quella casa ho deciso di godermi tutto, il dentro e il fuori, il giardino e l'orto, la cantina e se potessi financo il tetto.
Lo so che non è mia, è solo in comodato d'uso. Del resto ero in affitto anche nella casa di Levanto, quella che ora è in vendita, ma questo non mi impedisce di amarla.
Questa casa, che nominerò sempre e comunque come "la casa del polacco", sarà probabilmente mia finché Luca lavorerà qui (e io mi spingo a sperare che ci possiamo restare anche dopo, sarei persino disposta ad accantonare i miei sogni di vecchiaia genovese).
Smanio di andarci a vivere davvero, non vedo l'ora che inizino (e finiscano) i lavori per il riscaldamento.
Ecco perché, mentre attendo il momento del trasloco, mi dedico a ciò che c'è fuori. E sogno, misuro, m'informo, ri-misuro, fotografo e aspetto. E scrivo.


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