Magazine Diario personale

Denunciare i casi di malasanità

Da Romina @CodicediHodgkin

In rete si parla parecchio, in questi giorni, di una pubblicità che invita a denunciare i casi di malasanità per ottenere un risarcimento. Ovviamente, le associazioni dei medici sono sul piede di guerra perchè temono una caccia alle streghe.

Come sapete, sono stata vittima di un caso di malasanità che definire clamoroso è poco. Il mio medico si è categoricamente rifiutato di mandarmi da uno specialista per nove mesi. NOVE MESI. E’rimasto sulla sua posizione anche quando gli ho mostrato la federa del cuscino macchiata del sangue che vi avevo schizzato tossendo. Neanche quando gli ho mostrato i graffi che mi ero inflitta per sedare il prurito, le ferite ancora aperte e le cicatrici dei vecchi graffi che ancora porto. Neanche quando gli ho confessato di dormire talmente poco da avere le allucinazioni. Si è limitato a diagnosticare, non avendono in alcun modo il titolo, una forma di esaurimento nervoso e mi ha prescritto sonniferi e antistaminici (questi ultimi giusto in caso fossi allergica).

Durante i nove mesi della MIA vita che lui ha sprecato e reso un inferno, non è che la mia malattia si sia fermata ad aspettare che lui ricevesse l’illuminazione e digitasse su google “prurito, tosse, insonnia, perdita di peso”. La mia malattia ha avuto tutto il tempo di andare avanti e arrivare al terzo stadio avanzato. Terzo su quattro. Esistono due varianti di linfoma di Hodgkin: sintomatico e asintomatico. Delle decine di malati ed ex malati di linfoma che ho conosciuto nella mia esperienza di cancer-blogger, solo un’altra persona è arrivata a questa stadiazione con la variante sintomatica.

Ora, io so che siete sempre stati tutti talmente carini con me da non chiedermi mai apertamente quello che so perfettamente vi siete chiesti almeno una volta, ovvero “dove cavolo erano i tuoi genitori mentre tu ti riducevi in quel modo?”. Vi ringrazio di non avermelo mai chiesto perché non sono ancora pronta per parlare di questo, ma so perfettamente che un qualsiasi altro genitore mi avrebbe portata da un altro medico molto prima di vedermi sputare sangue. Io so perfettamente che la loro negligenza ha contribuito in modo sostanziale a perdere altro tempo. Lo sanno anche loro. Papà si è reso conto di quello che ho passato solo leggendo il blog. Meglio tardi che mai. Non è stato facile, per lui, ma ora è consapevole e ha capito quello che ho vissuto. La consapevolezza gli ha fatto male, ma ora è un padre migliore. Mia mamma, invece, che non è vissuta abbastanza da veder nascere il blog o il libro, ha avuto una reazione completamente diversa, quasi isterica. D’altra parte era lei che saltava alla gola di chiunque le facesse notare che, anche laddove i miei disturbi fossero di natura psicologica, era comunque meglio che mi vedesse uno specialista.

Il senso di colpa, per lei, è stato talmente devastante che per sopravvivergli ha trovato un modo che a me sembrava incomprensibile: difendeva a spada tratta il medico, spezzando ancora una volta il cuore a me, che chiedevo solo che si comprendesse l’inferno che avevo attraversato. Di fatto, credo che lei non lo abbia mai pienamente compreso e in un certo senso posso anche capirla, perché era l’unico modo che aveva per proteggersi. Dire “il dottore non ha colpa, lui non poteva pensare che fosse un tumore”, in realtà significava “IO non ho colpa, IO non potevo pensare che fosse un tumore”. I perché e per come le cose siano andate così non sono ancora pronta per affrontarli sul blog: la pelle era la mia e, onestamente, non sono ancora in grado di comprendere, parlare e perdonare.

Quando mi sono resa conto che, difendendo il medico, mamma proteggeva se stessa, ho deciso di mettermi ancora una volta da parte come figlia e lasciarla fare. Stava già punendosi più che abbastanza, ignorando la sua diagnosi e la sua malattia per seguire me durante le cure.

Se, SBAGLIANDO, non ho denunciato il mio medico, è stato solo per tutelare mamma. Onestamente, l’idea di perdonare il mio medico non mi ha mai sfiorata. Se fosse dipeso da lui, io sicuramente sarei arrivata troppo tardi. Chi mi ha salvato la pelle non è stato lui, è stato il padre del mio ex.

Non denunciare è stato un errore. Sarebbe stato giusto che pagasse per quello che mi ha fatto e per quello che sicuramente aveva già fatto e rifarà, perchè io sono certa di non essere stata né la prima, né l’ultima che ha quasi ammazzato.

Quando dico “pagare” per il proprio errore, non mi riferisco al risarcimento danni. Intendo dire che doveva pagare con la radiazione dall’albo o, quanto meno, con una segnalazione, un bel pallino rosso sulla sua scheda, qualcosa che desse l’opportunità ad autorità competenti di tenerlo d’occhio e ai pazienti di scegliere con maggiore consapevolezza se averlo come dottore o no.

I medici, siamo onesti, sono stati una categoria molto, molto protetta per molto tempo. Sicuramente, fino a qualche anno fa, quello che diceva un medico ad un paziente era legge e sicuramente sarebbe stato facile per lui pararsi il fondoschiena una volta resosi conto che aveva sbagliato una diagnosi. I tempi sono cambiati. Siamo tutti più istruiti e smaliziati, se qualcosa non torna, abbiamo molti più mezzi per verificare. Poi, occhio: non sto facendo di un’erba un fascio. Eccezion fatta per il mio medico di base, i medici che ho incontrato sulla mia strada sono stati molto competenti e, ogni volta che hanno avuto un dubbio, non hanno esitato a chiedere una consulenza ad un collega.

Denunciare è importante. Io non l’ho fatto per il motivo che vi ho spiegato e, onestamente, tornassi indietro non so se farei la stessa scelta. Bisogna potersi fidare di un medico e un bravo medico non lavora sulla base di supposizioni, ma su diagnosi, e a volte non sono nemmeno necessarie chissà quali ricerche per avere una diagnosi. Il fatto che, davanti al mio prurito, mio nonno – all’epoca già ultraottantenne e con la licenza elementare -durante una discussione con mamma pronuciò la frase “attenta, perchè Romina potrebbe avere un tumore del sangue” e il mio medico, al contrario, non si è posto il problema, è gravissimo.

Purtroppo, davanti a queste associazioni che si prodigano ad ottenere un risarcimento, io qualche titubanza ce l’ho. Ho paura che molte cause vengano intentate per i motivi sbagliati e che a guadagnarci non siano le vittime.

Io ho sbagliato a non denunciare. Chi ha distrutto nove mesi della mia vita, chi ha rischiato di ammazzarmi, chi mi ha messo in condizione di subire danni psicologici da cui sono uscita solo dopo molti anni, e che probabilmente ha riservato lo stesso trattamento anche ad altri, non sta pagando. Io ho dovuto scegliere tra salvaguardare mia madre e renderle più tollerabile il rimorso durante gli ultimi suoi due anni di vita e ottenere giustizia rispetto a chi mi ha fatto questo.

Onestamente, me ne frego se i membri di una categoria – quella dei medici – che stimo e cui sono molto grata si sente minacciata da pubblicità che invitano a denunciare i casi di malasanità.

I medici competenti e umili sicuramente, anche laddove – magari per rancore – venissero denunciati, non credo che abbiano nulla da temere.

Male non fare, paura non avere.

 


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