Magazine Diario personale
Più volte durante questi giorni pre e post elettorali ho avuto il desiderio di chiudere tutti i miei account, ma è stato un bene che non l’abbia fatto. Amici falsi si sono finalmente palesati, alcuni hanno appeso al pennone più alto della propria incompetenza una nuova bandiera, certi sono saltati in corsa sul carro del vincitore: buona fortuna. Sì, ci sono sicuramente persone splendide, tantissime, e tante sono tra i miei follouer e tra i vostri. Tra l’altro io posso tollerare tutto, siamo liberi, almeno pare. E soprattutto, io sono libera di bannare chi voglio per non dover battibeccare giornalmente con l’adepto di turno. Il che non significa non rispettare le idee altrui o essere fascista. Il fatto è che stare su un social network non può diventare un mestiere, e se hai qualcosa d’importante da dire, mi telefoni. È vero, i giudizi qui sono parziali, ma sono pur sempre giudizi, allora penso che se non si è in grado di riassumere un pensiero completo in centoquaranta caratteri, sarebbe meglio esimersi dal farlo. Protetti dall’anonimato poi, siamo tutti pronti all’insulto, che sia politico o meno. In difetto di parole e con problemi di sintassi, direi che il rischio di essere fraintesi è altissimo.
Ma se la mancanza di rispetto si è fatta sputo e bestemmia durante questa storica chiamata alle urne, non è così diverso nel quotidiano. Scrivo #derive e ho già spiegato il perché. La maleducazione perpetrata verso chi scrive, per esempio, si trova nell’indiscrezione, come se dai pixel trasudassero chissà quali verità e segreti. Come se non fosse abbastanza chiaro che, per quanto sinceri, qui siamo tutti dei personaggi. La cafoneria esibita, lucida e brillante come le scarpe del contadino alla domenica, sta nel supporre che tra chi scrive e ciò che racconta ci sia totale adesione, come se lo scrittore di gialli andasse in giro ogni notte ad ammazzare qualcuno. Io, per esempio, non sono nessuno, e non ho niente da dire oltre ciò che scrivo sul blog.
La maleducazione sta nell’inviare pubblicità, articoli e recensioni non richiesti, stramaledette mail collettive, post dai quali mi “staggo” da anni. È segno di superficialità non capire, non accorgersi che a qualcuno non interessa ciò che gli propiniamo settimanalmente, nel costringerlo quindi a dire per primo che non ne può più, perché gli stiamo affollando la casella di posta. Il mondo è pieno anche di opportunisti. Non è bello interloquire con qualcuno quasi ogni giorno per poi defollouarlo perché non si piega alla reciprocità dopo il primo scambio di battute. Non è bello neppure dichiarare stima e amore incondizionato per le prime tre settimane e poi mettere il profilo del cuore in un cantuccio: mi capita sempre più spesso con le donne, che tra fiorellini, stelline e tvb riescono sempre a farmi cascare nel tranello.
La deriva dei social network sta nella provocazione insistente e diretta verso chi la pensa diversamente da noi e che ha già evitato di risponderci almeno dieci volte. La deriva delle opinioni, sta nel voler imporre la propria idea commentando ogni giorno qualsiasi post e nel pungolare l’interlocutore come una zanzara fastidiosa, nonostante il proprietario dell’account non risponda più da giorni. La deriva del pensiero, sta nel non voler vedere al di là del nostro naso ottimista e della nostra TL considerando il pessimismo altrui, un difetto: senza valutare esperienze e vissuto che noi non conosciamo. La maleducazione sta nel non essere tra i miei follouer ma seguirmi con costanza solo per insultarmi con parolacce e frasi adolescenziali: «capisci un cazzo, tu». La deriva dell’ipocrita sta nel commentare un tuit ma non apertamente, per carità, facendo riferimenti velati ma fin troppo chiari agli occhi del bersaglio di turno. Un bzzz... bzzz... continuo e fastidioso. Un pettegolezzo vigliacco, il famoso “chi ha orecchie per intendere intenda”.
La maleducazione dell’inetto, sta nell’approfittare del follou back per bombardare qualcuno di DM, cui veramente si può fare a meno in un “non luogo” dove si sta per seguire i fatti del mondo e commentarli in diretta, tuitstar e cafonissimi dell’ultima ora assieme. Se vogliamo conoscere veramente qualcuno, domandiamogli il cellulare o la mail. Se non ce lo darà significa che è opportuno cambiare soggetto, un modo utile per evitare perdite di tempo e “ban” improvvisi.
La maleducazione sta nel leggere un rigo solo di ciò che viene scritto e commentarlo a sproposito, sta nel parlare male in DM di un contatto comune, nel fare battute sconvenenti: solo perché ci diamo del “tu” non significa che possa permetterti certe libertà. Solo perché ci diamo del “tu”, non significa che oltre a fare pensieri osceni su di me tu possa anche manifestarli in pubblico. La maleducazione sta nel superare il confine e allungare la mano, provarci quantomeno, e nonostante si sia respinti di continuo. È maleducato anche inviare manoscritti chiedendo una valutazione e sparire al momento di accettare o meno un preventivo.
È tanto maleducato ed è tanto stupido, e misero, farsi benvolere giusto il tempo che serve a ricevere il follou back per poi sparire. È cafone, oddio, quanto è cafone usare trucchi elementari, svelarsi poco raffinati, falsi e bugiardi, pensando di avere davanti un povero imbecille. Il diavolo fa le pentole non i coperchi, e qui su tuitter le voci girano. La deriva di twitter sta nel non rituittare mai e poi domandare pubblicamente: perché mi hai defollouato? Sta sicuramente nel chiedere un #FF quando non me ne hai mai fatto uno.
Ciò che io cerco fuori e dentro i social media è il rispetto dell’altro da me, il numero dei follouer, per chi non è una tuitstar sta nel suo essere irreprensibile. O almeno coerente. Non faccio collezione di follouer, non m’interessa, se mi segui vuol dire che ti piaccio nonostante le mie idee politiche tutte da rottamare.
#FF Follow Friday: indicazione fatte il venerdì degli account da seguire Follow Back: essere seguiti a propria volta TL: Time Line DM: Direct message (messaggi privati) Ban: Bannare, impedire a qualcuno di trovarci sul s.m.
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