Magazine Diario personale
Quel “Dimmi...” significa attesa e asservimento. È un uomo che la guarda scomposto al di là del tavolo, e che tra i rimasugli di una cena lunga e piacevole, le domanda di parlare ancora e di non fermarsi mai. È un uomo assetato, che vuole scoprirla anziché mettersi in mostra. Uno che, nonostante i mille impegni da uomo rampante, manager, giornalista, scrittore, parlamentare o ex comunista, vuole scavare in lei per trovare finalmente una fonte dissetante, labbra che dicano cose intelligenti, certo, ma che lui tra poco impegnerà in altro, fra meno di un quarto d’ora, forse, nel suo bagno pieno di specchi.
O più probabilmente non è nulla di tutto questo. È plausibile, invece, che il cinquantenne abbia digitato quel “Dimmi... ” così caldo ad almeno altri tre contatti, e ora aspetta la risposta più in linea con il proprio stato d’animo. Più che sapere vita, morte e miracoli della tizia in questione, l’uomo ha bisogno di frasi sibilline che lo distraggano per un po’ dalla noia che se ne sta aggrappata alle sue giornate e che da anni assedia la sua vita coniugale: tranquilla, perfetta, apparentemente sana. La relazione liquida ha su di lui lo stesso effetto benefico che le domeniche della sua infanzia passate in campagna, ore di svago consumate tra il pigro dondolio dell’amaca, corse a perdifiato nei campi inondati dal sole e la certezza, rassicurante, che nessuno l’avrebbe mai abbandonato lì da solo. Quei DM (direct message), rari e brevissimi, sono la meritata conclusione di una lunga giornata di lavoro, il cioccolatino fondente che accompagna il Brandy appena versato e che ancora fluttua pastoso a pochi centimetri dalle sue dita, nel bicchiere giusto, proprio lì accanto a una pila di libri, primo tra tutti “Massa e Potere”, ultimo, ma soltanto per caso, “L’uomo senza qualità”, volume primo, edizione Einaudi, copertina color carta da zucchero. Una relazione liquida deve avere lo stesso sapore di una gita al lago per la gara annuale di pesca. Breve, divertente e non dispendiosa. Una storiella on line ha lo stesso effetto relax di un’andata al cinema, ma evitando traffico, dispendio di denaro e nessun commento di sua moglie (o amante) durante la pizza post film nel solito locale affollato.
Il nostro cinquantenne rampante ha conosciuto bene il tempo analogico e mai e poi mai tornerebbe lì, anzi, ci pensa con orrore: appuntamenti tediosi con la tizia sbagliata, soldi spesi a palate per sperare in una scopata che si rivelava spesso algida e brevissima, l’opera omnia di Fassbinder per rimediare quella di sinistra –che si diceva normalmente più generosa, che usava la pillola e che al mare faceva vedere le tette. Con il digitale l’uomo moderno mette fine all’incubo del “pre”, a tutte quelle chiacchiere che raramente si risolvevano al primo appuntamento, e significavano: “dobbiamo conoscerci meglio prima di farlo”. Farlo... sì. Che poi è anche una bella fatica, oggi soprattutto, pensa l’uomo tamburellando sulla scrivania un vago ritmo d’impazienza, oggi che le donne si sono fatte più scaltre e raramente la danno via per niente. Farlo... sì, è una parola con queste che sono così ben preparate, pensa l’uomo, tamburellando adesso un ritmo più sincopato al pensiero di certe bellezze aggressive che cercano la prestazione alternativa, quella sadomaso magari, una performance dalle mille posizioni cui lui, forse, non si sente più adeguato. Ma finalmente non è più così, conclude l’uomo sorridendo (forse, credo, così mi pare di vedere da qui). Ora si può liberamente sognare per mezz’ora anche grazie a un significativo “Dimmi...”, cui potrebbe seguire un di lei un politico “di questi tempi cosa vuoi che ti dica”, un pragmatico “avrei troppe cose da dirti, ma non in centoquaranta caratteri”, un simpatico “è una parola... ”, un cameratesco “inizia tu che a me viene da ridere”, un passivo “suggerisci tu il tema”, un creativo “facciamo il gioco delle frasi spezzate”, un pudico “non amo le confessioni”, un romantico “se tu fossi il custode dei miei segreti!”, un sibillino “vuoi che ti dica quanti amanti ho avuto”, un sensuale “però tu tienimi per mano”. Sono passati sì e no dieci minuti e venticinque secondi dall’inizio della seduzione e l’attesa si è fatta rovente: il tempo digitale passa più in fretta, brucia le tappe, e spesso si consuma in un istante con una sveltina mentale che si conclude per azzeramento naturale di argomenti.
La donna, dall’altra parte della città e forse dello stivale, continua a guardare Zombie in mute e aggiunge un po’ di salato al dolce. Nel frattempo, infatti, -quello giusto per un’attesa da social network- è corsa in cucina per metter fine a un serio attacco di fame nervosa. Le aspettative: villa a Capalbio con servitù, barca a Porto Venere e colpi di estetista e di sole necessari, le hanno scavato un tunnel anche nello stomaco. Mortadella e birra saranno la sua fine! Mi verrebbe da dirle di stare attenta, urlarle di farsene una soltanto: l’effetto ebbrezza “doppio malto” potrebbe far seguire a quel “Dimmi... ” una serie di pericolose, ma soprattutto noiosissime confessioni. La prima: il racconto particolareggiato della propria infanzia triste. In centoquaranta caratteri diluiti in venti DM (pieni di refusi dovuti a emozione e fretta), la quarantenne dall’aria distratta potrebbe distillare, per esempio, l’episodio del cugino di terzo grado, il terribile Ivan, che pare l’avesse importunata in un campo di pannocchie. La seconda: gli amori passati, sempre troppi per il finto progressista attempato, che confonde passionalità con leggerezza, curiosità con imprudenza e coraggio con aggressività. La terza e temibile ipotesi: la storia del suo primo matrimonio. Perdendosi in quella saga familiare che sa di telenovela, la donna inciamperà in frasi retoriche sulla fiducia tradita, perdendosi tra i labirinti della psicanalisi da spiaggia, cadendo infine, e rovinosamente, in un buon numero di luoghi comuni certamente mal visti dall’intellettuale. Ma non sarà così. La mia Calipso duepuntozero, che tesse giornalmente on line il proprio desiderio di amare, digiterà qualcosa che non lascerà andare così facilmente l’Ulisse postmoderno, che aspetta impaziente dall’altra parte del monitor. Perché il sogno è sempre una zattera resistente sulla quale azzardarsi a solcare l’ampio oceano del sesso virtuale. Nella narrazione onirica, cui non dovranno mancare particolari piccanti, la donna potrà far passare un’immagine di sé arrendevole ma anche forte, colta ma non più di lui, pragmatica sì, ma assai romantica, sicuramente impudica –quel tanto che non lo spaventi- e passionale al punto giusto. Tra degli incauti ma funzionali “le tue mani grandi”, “la tua bocca sanguigna”, “il tuo sguardo severo”, “la tua voce sensuale”, la nostra cacciatrice di cuori lo terrà attaccato alla tastiera per almeno un’ora buona, lo stordirà con l’analisi di due o tre immagini simboliche, e farà sì che si addormenti accanto a sua moglie con un largo sorriso sulle labbra, e senza alcun senso di colpa. Tutti quei particolari femminili visti in foto e certe risposte piene di sospensione faranno sì che possa lui stesso completarne il ritratto. Quanto durerà? Sicuramente non più di un attimo, il tempo che servirà alla curiosità del maschio di esaurirsi del tutto, e finché il desiderio che lei avrà d’incontrarlo non diventerà molesto tanto da meritare un definitivo BAN (cancellazione del contatto). Come se al di là di quell’antro oscuro e ancestrale ormai svelato, non ci fosse niente di più che una donna uguale a tutte. Come se al di là di qualche PIC un po’ hard, non ci fosse più niente da scoprire. Se così non sarà, gioirò per loro, per un amore clandestino nato tra i pixel e finalmente consumato tra le lenzuola umide di saliva, sperma e ottimo champagne.
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