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Deriva #29 Deriva della seduzione: il quarantenne

Da Bibolotty
Deriva #29 Deriva della seduzione: il quarantennePrima parte...


Non pretendo di inserire qui dentro tutto lo scibile umano, per cui, tranquillizzatevi.
Il mio quarantenne fa parte di una razza particolare tra le tante, varie e sconosciute, che popolano l’italico paese. Ha vissuto il mito di Mazinga Zeta e, grazie alla sorella prepotente o alla compagna di classe di cui era innamorato, si è sorbito la serie completa della paffuta “Heidi”, dell’infermiera “Candy Candy” e dell’ambigua “Lady Oscar”.  Sempre a causa di certi Manga ha praticato molti sport, ma tutti male. Grazie al solito zio scapestrato ex sessantottino è dedito all’assunzione di cannabinolo, se sposato, rolla canne in fretta e di nascosto, se single ha toccato il fondo più di una volta e forse, è ancora nascosto sul fondo del barile (sempre quello, uguale per tutti) e continua a grattare. Le statistiche lo dicono e io lo confermo: vive in casa con i genitori e ha davanti a sé un futuro assai oscuro. Non è colpa sua, semplicemente è venuto al mondo nel momento sbagliato, ha vissuto il boom economico da bambino su una Bianchi nuova di zecca, certo che la vita gli avrebbe riservato una maturità con posto fisso, in una casa equo canone. È come il figlio di mezzo: nemmeno la politica lo considera, non è né un giovane disoccupato né un esodato. Per lui, nessun decreto legge speciale né una parola d’incoraggiamento.
Se non ha avuto la fortuna di ereditare beni di famiglia, e lavori, e cariche, e colpi di fortuna, è la perfetta vittima sacrificale dell’era contemporanea che non timbrerà mai un cartellino. Il quarantenne dell’era di Twitter è l’invisibile.  Il “potevi dirmelo prima chi eri” se lo è sentito dire troppe volte da vecchi massoni amici di famiglia, che comunque, e nonostante sapessero chi fosse, non l’hanno mai assunto. Non sa se sopravvivrà a una vecchiaia senza di pensione e il suo incubo ricorrente è quello di morire tra le amorevoli braccia di un’infermiera sadica in un ospizio per poveri, è perciò che se ne può fregare bevendo a più non posso. Ha guardato nella tivvù in bianco e nero, i programmi dell’accesso e il pomeriggio dei piccoli con Paolo e Lucia Poli, Mariano Rigillo e Ludovica Modugno, ma ha vissuto tutto di riflesso: il rock, la nouvelle vague e l’ideologia comunista. Sempre troppo giovane o troppo vecchio, è stato destinato al ruolo di spettatore. Ha guardato i fratelli più grandi prendere in pieno viso i cazzotti dell’ideologia post sessantottina, godere sfrenatamente della liberazione sessuale, fare attacchinaggio e vivere nelle sedi di Partito, i più piccoli, invece, li ha visti allontanarsi per il mondo a manifestare contro la globalizzazione.  Trova un buon rifugio nel matrimonio o nella convivenza con una donna piena di volontà e dotata di posto fisso.
Il mio quarantenne (il MIO), sta a letto fino a tardi  e gira per casa alla ricerca della propria strada ascoltando musica a tutto volume. Ha ancora la Rock Band con la quale suona cover anni ottanta in una cantina ammuffita con gli amici di sempre che chiama con i nomignoli di un tempo: “Lurido”, “Scroccone”, “Plettro”,“Anticaglie”. Nato in un’epoca in cui l’allattamento era tabù, va su e giù per il web in cerca di grosse tette e teste femminili pensanti, ha provato un po’ tutte le paraphilie, ma anche se non lo ammetterà mai, va in cerca un amore tenero e di figli che diano senso alla propria esistenza. Rassegnato e spesso depresso, soggiorna sui social network e crede grazie a essi potrà trovare una buona opportunità di riuscita: un giorno, chissà, forse. Ha la battuta pronta da liceale e ride spesso da solo di ciò che scrive. Tecnodotato porta avanti una quantità imbarazzante di “flirt” e mezze storie che finiscono prima o poi nel nulla, senza scenate né pianti, dimenticate, e basta. Il fatto che abbia figli non gli impedisce di portare avanti le sue fantasie, anzi, certi oneri rappresentano una ragione in più per farlo. Vive il menage coniugale come qualcosa che accade, un fatale incidente del destino che gli ha dato per lo meno una parvenza di autonomia. Da convinto femminista non sente la frustrazione di essere un mantenuto, comunque sospende il giudizio: è ancora troppo giovane per darsi del fallito e va avanti come un mulo a forza di speranza. Tanto tempo libero gli offre l’opportunità di leggere, e lo fa con ogni cosa gli capiti tra le mani, compresi detersivi e riviste femminili. È un patito dei fumetti e conosce alla perfezione la storia di ogni disegnatore. Segue tutti i talk show mentre la consorte chatta con qualcuno e lui lascia perdere, rassegnato al più che possibile “chi la fa l’aspetti”. La sua rivoluzione comunque la fa sempre da lì, al di là del monitor con un gatto sulle gambe e una gran voglia di rinascere altrove.
Se lavora –qualche fortunato c’è- lo fa nel web, nella comunicazione e nei media (old & new).  Scrive tanto, di norma ha un blog, ma scrive anche racconti e romanzi dal sapore carveriano -almeno nella sintassi- da cui lancia invettive contro il mondo intero che non ha accolto il suo genio. Le donne, che descrive e vuole, sono depravate e bellissime, disposte a tutto e sempre pronte alla libidine: la propria, quella che non può sfogare su una moglie iper professionista e carrierista, la fidanzata del liceo, quella “meno troia delle altre” come diceva allora sottovoce all’amico di banco, e con la quale immagina di essersi “sistemato” per sempre.
Di solito si presenta in DM con un bel regalo: un brano da far accapponare la pelle tratto da un film made in USA, un piano sequenza in bianco e nero, che è ancora il più lungo della storia del cinema. Intellettuale creativo e squattrinato o manager razionale e benestante, il mio quarantenne è sempre e comunque schietto. Lui non si accontenta della materia cerebrale digitale, vuole culi digitali e tette digitali, fianchi generosi e parole -possibilmente sconce- digitate con grande rapidità. Non prende vie traverse, non fa mille giri per arrivare al punto –quello di sempre-, digita in privato un chiaro “sei bella”, e basta. Un “sei bella” che è una constatazione, forse, ma anche molto di più. Il quarantenne sorprende perché è in grado di sorprendersi. Nell’attesa che il proprio destino si compisse, infatti, ha imparato ad amare altro dell’esistenza. È un fermo sostenitore della “non volontà” (noluntas) e mormora, mentre si carezza la chioma ancora per poco fluente, che mai come oggi, in un mondo dominato dalla voglia di vivere in senso materiale, soltanto estraneandosi dal desiderio di riuscire a tutti i costi ci si potrà salvare.  Schopenhauer aveva ragione.
Il quarantenne moro e dalle lunghe mani che adesso, dal salone inondato di sole primaverile di casa di sua moglie, scorre le foto dell’anonima navigatrice bruna, ama confessare e confessarsi. Vuole dar  fondo rapidamente alle parole per passare ai fatti: due corpi nudi davanti a un monitor, la replica esatta di un sé adolescente e della ragazzina pudica accanto, che vanno su e giù di mano e ognuno per proprio conto. Solo che in quel tempo in bianco e nero almeno un bacio ci scappava, c’era la mano di lei nella sua un po’ sudata, c’erano le parole, che avevano senso perché infilate sottovoce tra due pause, che avevano un suono perché nate dai silenzi imbarazzanti e lunghi.
Che tutto questo rincorrere sconosciute tra i pixel sia molto triste è chiaro anche a lui, anche in questo momento, mentre la vede on line e ha una voglia mostruosa di fare cose oscene, almeno di digitale. Perché il MIO quarantenne vuole amare, in fondo, pensa, è una delle poche cose che ancora si possono ottenere senza pagare.  Ha bisogno di una donna che corrisponda, almeno nella PIC, al suo modello ideale, a metà tra una madonna e una pornodiva. Che ascolti i Police vecchia maniera assieme a lui, a quel ragazzino imberbe che non aveva ancora scoperto tangentopoli, e che sperava di poterla almeno iniziare una strada che da lì, da quell’infanzia in bianco e nero, gli pareva larga e assolata.
“Sei bella”, ha appena digitato il mio quarantenne alla coetanea che, dalla scrivania altrettanto assolata di uno studio legale, arrossisce appena. “Anche tu” risponde subito lei, che da un bel po’ assapora e “stellina” i suoi tuit maschili e amari, così simili al proprio stato d’animo di moglie inappagata e di anima in pena, al centro di un’esistenza in perenne equilibrio tra perfezione e noia. I due si corrispondono da un po’ , silenziosi e timidi scorrono le rispettive TL in cerca di segni e di tuit premonitori. E se lui le domanderà qualche scatto hot, sarà solo per abbeverarsi un po’, e di certo non si fermerà lì. La inviterà nel proprio romantico e luminoso pied a terre, un boschetto alle porte di Roma, infrequentabile soltanto dopo la pioggia quando ci si va per funghi.


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