Magazine Diario personale
McLuhan, che certamente i mie amati detrattori conosceranno a menadito, scriveva che ogni Media ha le sue specificità, le sue leggi e i suoi scopi precisi: “ogni medium va studiato in base aicriteri strutturaliin base ai quali organizza la comunicazione; è proprio la particolare struttura comunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale, perché essa suscita negli utenti-spettatori determinati comportamenti e modi di pensare e porta alla formazione di una certaFORMA MENTIS” Non a caso Twitter, che vuole comunicazioni brevi ma efficaci, è il media dell’insulto, non a caso è così semplice “bannare” e, che lo vogliate o no, è la sua struttura che determina la “forma mentis” del tuittero e non il contrario. Ma mi rendo conto che per alcuni ragionare sull’evidenza risulta complicato, mentre andare per luoghi comuni, aggrapparsi alle proprie convinzioni o contraddire per il semplice desiderio di far perdere le staffe al prossimo, sia la via migliore per provare a distinguersi.
Per McLuhan, #Twitter sarebbe stato da includere tra i Media freddi (e anche se lo sapete già, badate che il termine è usato in modo “antifrastico”, ossia al contrario del suo significato). Twitter è un media “freddo” poiché richiede all’utente la massima partecipazione, ma ha la particolarità di limitarla a centoquaranta caratteri, e di forzare chi li digita ad acquisire il dono della sintesi. Il motivo per cui trovo fuori luogo saluti e varie, è da ricercare anche nell’effetto CAOS che molto traffico, ossia troppa interazione, genera sulla Time Line di ognuno (TL) che si riempie di tuit poco interessanti e rende complicato, per chi approda per la prima volta su di un profilo, leggere, tra tremila gioiosi quanto inutili scambi di formalità, le peculiarità di massima del tuittero che si sta valutando se seguire o meno. E, che lo vogliate oppure no, questo è sicuramente un mio criterio di valutazione nell’eventuale Follow Back.
Inoltre, se sei tu che mi hai seguito per primo e io ho deciso di darti reciprocità, puoi al limite ringraziarmi, se proprio devi, ma non darmi il “Benvenuto”. Ma ancora: “Benvenuto” dove, di grazia? Twitter non è FB, non c’è una Home, una casetta calda che accolga gattini in posa. La TL di questo media, ossia linea di tempo, che in biologia significa anche “evoluzione”, è un tapis roulant di considerazioni, scambi d’idee e opinioni che passano e vanno via. Ma soprattutto, ed è questo gli “hater” non mandano proprio giù, dovrebbe contenere scambi di informazioni che non siano, si spera, i curiosi menù giornalieri, che non cambiano la vita di nessuno.
Ritengo inutile il “Benvenuto” perché su #Twitter non esiste alcun obbligo alla reciprocità, e se anche decido di seguirti adesso, è molto probabile che tra quarantotto ore io possa defollouarti perché hai scritto un tuit sconveniente, perché mi accorgo che scrivi a puntate, o che m’includi in inutili trenini dell’amore: i famosi “buongiorno” cumulativi che obbligano il malcapitato a duemila “Grazie altrettanto a te” rivolti a gente che non conosce né probabilmente conoscerà MAI. Dare il “Benvenuto” su Twitter equivale (a mio avviso per carità) a salire su un vagone ferroviario o della Metro, salutare, e pretendere di fare amicizia con tutti. Che senso ha? È un inutile formalismo.
Su Facebook, invece, si ha modo e tempo di coltivare amicizie, di scriversi lunghe mail e di valutare con calma l’altro da noi in base ai post che condivide e agli “status” che digita con più o meno originalità. Twitter è un altro pianeta. Se anche i DM (Direct Message) ci obbligano a comunicazioni brevi, come si può soltanto pensare di trasformarlo in un social Friendly? Come si può pensare che non sia noioso e inutile rispondere a decine di “benvenuta tra i miei tuit” di persone che non incidono in niente nella nostra esistenza? La verità è che io vado per logica e so che non posso andare con i pattini su di una strada sterrata, così come non posso cavare sangue dalle rape o ragione dalle teste di legno. È innaturale e fuorviante sperare di scorgere sincerità in anonimi che non vedo e non frequento assiduamente nel mondo reale, né di vedere la loro vera essenza se non al momento fatidico della frizione, della lite, della baruffa inutile e volgare che tira fuori (e finalmente direi) la vera opinione che essi hanno di noi.
Ecco perché a chi mi da il “Benvenuto”, rispondo che non è il caso, che “Grazie, sì, ma mi pare del tutto fuori luogo”. E senza scomodare McLuhan, la finalità di questo “nonluogo” è la “condivisione” delle idee e non l’amicizia, quella è una roba seria e vitale, umana e luminosa, che ha bisogno di tempo e non di uno spazio di centoquaranta caratteri e che, francamente, non mi va di millantare né di esibire con gente che non conosco.
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