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Il lavoro è poco, mal retribuito e, a volte, chi ce lo concede usa il manico del coltello per minacciare e ferire.
Non servivano i fratelli Dardenne per scoprire queste carte e non serviva la loro storia scarica e forzata per sensibilizzare un argomento stantio del quale oggi conosciamo vita, morte e alcuni miracoli. Il loro "Deux Jours, Une Nuit", dunque, arriva decisamente fuori tempo massimo, in ritardo, avvantaggiato dai suoi predecessori e quindi facilitato come assai prevedibile. Della Marion Cotillard alla ricerca dei voti dei suoi colleghi che possano riabilitarla a tornare al lavoro dopo il periodo di allontanamento dovuto alla depressione che l'ha colpita, allora, a noi interessano più i lineamenti del viso, le espressioni malinconiche gli occhi umidi e le cadute psicologiche che puntualmente la fanno allontanare per andare a piangere di nascosto, asciugata più che dai fazzoletti dalle pasticche di Xanax. Si, ci interessa più quello, come ci sarebbe interessato sapere di più della depressione che l'ha costretta a giocarsi la sua posizione, da dove veniva e se in qualche modo poteva essere legata anch'essa al lavoro, quello si che sarebbe stato nuovo. I fratelli Dardenne invece ciò lo archiviano a piè pari, lo mettono da parte, non d'aiuto alla loro causa che al contrario è concentrata a catturare le reazioni e le ragioni di chi, pur di avere un leggero aumento annuale, è disposto a votare a favore del licenziamento di una propria collega in difficoltà.
Non brilla certo di freschezza e curiosità "Deux Jours, Une Nuit", piuttosto cerca in tutti i modi di sollecitare lo spettatore facendo puntualmente leva sulla sua umanità in maniera scorretta, facendo dire ma soprattutto facendo non dire ai suoi personaggi cose fondamentali se non scontate. Giocano un pizzico scorretti i fratelli Dardenne, chiaramente lo fanno per dare più possibilità a una pellicola grigia, spenta, che ben poco ha da giocarsi se non - come accennato - l'enorme prova di una Marion Cotillard strepitosa e allineata alla perfezione con il suo personaggio. L'attrice francese infatti fornisce un'interpretazione ineccepibile e straziante, tuttavia, per quanto non ignorabile, non viene affatto aiutata da una sceneggiatura che non concede mai momenti in cui il suo dolore e il suo vortice che spinge per riportarla verso la depressione da cui è appena uscita, sgorghi fuori e restituisca sfoghi in grado di arricchire lo spessore del suo personaggio e insieme tutta la parte emotiva della pellicola, che invece rimane silenziosa, forte unicamente della tematica di cui si fa carico.
Così com'è "Deux Jours, Une Nuit" è disarmato, impossibilitato a poter scuotere il territorio che lo circonda, non manca di attirare attenzione, eppure ciò non è abbastanza per permettergli di lasciare un segnale tangibile, utile a ricordarsi di lui una volta giunti a chiusura. La speranza di una donna ritrovata e di una forza psicologica ricostruita è troppo poco per rendere la pellicola dei fratelli Dardenne degna di nota o rilevante più di chi l'ha anticipata.
Trailer:
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