Ieri sera, nello scorrere di wordpress, ho letto questo simpatico post di Vetrocolato (qui il post) .
A parte che così citandolo, le faccio anche un po’ di sana pubblicità che è lo scopo del suo post, mi sono ritrovata a leggere che, secondo lei, il body contenitivo-riduci-taglia-strizza-tette color carne , seppur poco sensuale, produce “la magica sparizione di una taglia e lo strizzamento e innalzamento delle tette” e di conseguenza da’ “una portentosa spinta motivazionale”.
Come non essere d’accordo con lei? Appunto, NON sono d’accordo.
Già anche solo immaginare il color carne, la mia spinta emozionale precipita; il body, per sua stessa natura, mi impone ricordi di notti passate a casa di nonna, quando assistevo alla sua svestizione fatta di body, guaine, calze, reggicalze, canotta di lana, cipolla sciolta, mezzora minima di disfacimento di sé per ritrovare un’altra nonna che nemmeno sapevo di avere! La parola contenitivo mi fa pensare alle vene varicose, strizza tette a pratiche sadomaso.
Quanto sto meglio nel mio intimo nero, nero-pizzo, nero-liscio, nero-tulle, nero? Non sarò contenuta, strizzata, inguainata, ma già solo il pensiero accende ogni più interessante mia fantasia.
Leggendo ancora il post ( non volermene a male Vetrocolato, ma il tuo post l’ho trovato proprio divertente e a me piace giocare così, leggere, guardare e poi pensare…ehhh…son problemi! :) ) trovo ancora un suo pensiero. Ammettendo che il body è un indumento anti-sesso, però prosegue: “ma conto sul fatto che se si arrivasse al punto che qualcuno mi si volesse infilare nelle mutande, mai si tirerebbe indietro nel magico momento dell’apparizione di una taglia in più.”
Orpolà, sarà davvero così? Sarà poi vero che quello che conta è come appariamo e non quello che siamo? Sarà vero che alla gente conta che siamo perfetti di fuori ma ben diversi dentro?
Basta mentire per farci amare? Basta fingere, nascondere, per essere amati?
E siamo sicuri che dopo esserci mostrati perfetti per l’altro, proprio come ci vuole lui, nel momento in cui dovesse scoprire le diversità, resterebbe?
Ma se fosse invece che amare sia essere accettati per quello che si è, debolezze e tristezze comprese, con i propri orpelli, desideri, passioni, presenti prima e quelle successive. un completo d’esistenza tutto compreso, nessuno sconto, non c’è nulla di gratis nel sapersi amare.
Ma se fosse che se tu guardi il mio corpo e mi desideri per quel corpo sodo e tonico, nel momento in cui vuoi poggiare le mani, toccare la pelle, scopri solo una rigida finzione?
Non sarebbe meglio mostrare subito la pelle morbida, pronta all’amplesso piuttosto che mezz’ora di gabolosa svestizione?
Non sarebbe più facile amare ammettendo di essere se stessi? O forse così saremmo meno amati?
Chiara
Ps. Grazie a Vetrocolato che si è prestata involontariamente a questo mio post.