Ovvero piccolo digest domenicale
Mentre leggevo di Camille Claudel mi è venuto in mente il post della Popova di pochi giorni fa sul libro Ars as therapy, su come cioè l'arte riesca ad evere un effetto terapeutico per chi la pratica e su come spesso aiuti gli artisti a esorcizzare la propria emotività ed empatia. E poi ho pensato a quanti artisti in passato paradossalmente siano finiti in manicomio. E quante donne siano state cacciate in "case di cura" con una scusa o un'altra. Inevitabile pensare a Alda Merini, che lucidamente poi fara' notare: sono stata per molti anni in manicomio, ma i pazzi li ho incontrati quando sono uscita.
Trovo ci sia qualcosa di estremamente perverso, in questo si' davvero, nel fatto che la societa' a momenti alterni a seconda della convenienza celebri la follia, in senso astratto si badi bene, come sinonimo di creativita' e genio, ma poi la fugga subdolamente all'atto pratico e la usi anzi come espediente per mettere a tacere le persone scomode, le donne scomode. Ed ecco il paradosso della discriminazione di genere che fa diventare l'uomo pazzo un genio e la donna geniale una pazza.Poi fortunatamente alla faccia di tutti le orme di queste donne geniali restano, come ci racconta teneramente Gabriella Bernardi in Il cielo in un baule. L'autrice, essa stessa scienziata, parla di altre donne scienzate, astronome del passato e del presente, vite difficili che ci hanno lasciato tanto e noi nemmeno lo sappiamo.
… come api intrappolate nell'alveare sbagliato,
siamo il circolo delle pazzeche siedono nella sala della clinica psichiatrica…Anne Sexton