Questa sera, tornando a casa dall'ospedale pensavo, dondolato dal vagone, cara amica il tempo prende e il tempo dà, cercando negli eventi della giornata un po' più di svago e ispirazione di quelli che mi regala Dojstojesky nel suo Il giocatore, romanzo che sto leggendo nei ritagli di tempo.Seduto di fianco a me, a distanza dei pochi centimetri di confort offerti ai passeggeri della metropolitana milanese, un signore di una certa età. Tra le mani una cartelletta bianca con un logo sopra.Tutta l'aria di un referto di una visita medica, o di un'esame in grado, chissà, di raccontare all'ennesimo asintomatico un tumore incidentale. Curiosità medica alla mano, pur continuando a leggere, lancio la mia coda dell'occhio sul foglio bianco, fitto di caratteri in Times New Roman. Grassetto. Corsivo. Sottolineato. No,
Preventivo Onoranze Funebri
Alzo gli occhi e lo guardo nei suoi. Mi stupisco di non trovarli troppo tristi. Asciutti.
Ecco. Ora, io il papà di questa mia amica che, secondo qualche strana alchimia genealogica, deve essere parente di questa defunta vecchietta, non l'ho mai visto. Ma la coincidenze, o piccoli miracoli quotidiani per chi ci crede, dicono esistano davvero.
Io: - Senta signore, scusi se la disturboLui (stupito): - DicaIo: - Scusi la domanda un po' particolare. Del resto a quest'ora della sera, a spasso tra ospedali e becchini sarà anche un po' stanco.(Approccio forse troppo diretto, da rivedere in una stesura definitiva)Lui (riponendo la cartelletta): - Non si preoccupi. In fondo credo di aver bisogno di parlare un po'...(Valutare sostituire "bisogno" con "voglia" per rendere la risposta più spontanea, per quanto possibile)Io: - Non è che lei, per caso, è parente di Paola Abbida (Il nome, come spesso sui giornali, è di fantasia - Pensare eventuale nome più originale e dal suono almeno un po' più accattivante).Lui (con il 95% del tasso di emozione presente all'interno del vagone, per la sorpresa): - Sono suo padreIo (con la faccia di chi ha appena vinto una piccola somma al lotto): - In fondo lo speravo. Sa, le devo confessare che ho sbirciato su quel foglio che poco fa teneva tra le mani!Lui: - Già. Purtroppo abbiamo avuto un lutto, proprio questa mattina.Io (con aria sinceramente costernata e riponendo "Il giocatore"): - So tutto, e mi spiace molto. Comprendo come l'età avanzata, seppure riempia di un po' di logica la vicenda, non sia certo motivo di minor sofferenza. (Da riscrivere con calma, sintassi poco fluente e quasi fastidiosa)Lui (un po' piangendo, sotto una pioggia di sguardi curiosi degli altri passeggeri, ora vivamente interessati a quello sprazzo di umanità nel grigiore del pendolarismo): - Era una brava persona. Ha vissuto due guerre mondiali. Diceva sempre che le sarebbe piaciuto spegnere la centesima candelina sulla torta e diventare trisnonna!Io (sorridendo comprensivo): - Sarebbe stata cosa da prima pagina! Qualche anno fa facevo il collaboratore per un paio di giornali locali e, spesso, andavamo a fotografare vecchine che brindavano ad un secolo di vita. Erano contente, il giorno dopo, di ritrovarsi sulle cronache. Una specie di ultimo piccolo grande traguardo. Ancora protagoniste, forse per l'ultima voltaLui: - Vero. Arrivati ad una certa età si ritorna un po' bambini e l'emozione del centesimo compleanno immagino possa essere come quella del primo. Ma Dio o qualcuno per lui, ha deciso così.Io (sospirando): - La devo salutare, la prossima è la mia fermata. Dia un abbraccio a Paola anche da parte mia. Condoglianze.Lui: - Sarà fatto. Mi ha fatto molto piacere fare due chiacchere.
Io (quasi risvegliandomi da una specie di sogno ad occhi aperti): - Quali chiacchere? Noi due non abbiamo mai parlato! (Bene così, turning point ad effetto. Mantenere l'interlinea doppia per sottolineare lo stacco anche graficamente. Meta-scrittura)Lui (guardandomi come se mi vedesse la prima volta): - Ha ragione, non so come mi è venuto in mente di dire una cosa del genere...Io: - A pensarci bene un dialogo come quello qui sopra non è possibile in un contesto come questo. Non è d'accordo?Lui: - Ha perfettamente ragione. Si immagini se mi metto a parlare di una parente appena deceduta sulla metropolitana. Con uno sconosciuto, poi! Non lo farei nemmeno con mio fratello, si figuri con uno che non ho mai visto in faccia e si mette a sbirciare tra le mie carte. Sarebbe fantascienza. (Ricordarsi di mettere la "i" a fantascienza, nel caso il correttore automatico fosse disattivato)Io: - Sembrava un dialogo di 50 anni fa. Anche se, 50 anni fa, la metro mica c'era! (Son quasi sicuro, ma verificare)Lui: - Forse il problema è proprio quello: la metropolitana. Senza saremmo ancora spontanei e con la voglia di chiaccherare e capirci un po' a vicenda.Io (dubbioso): - ForseLui (un po' malinconico): - Peccato però.Io: - Beh, possiamo fare finta di averlo fatto lo stesso, questo discorsoLui: - O farlo davvero. Lei ha appena perso la sua fermata.