Come promesso, dopo aver letto Cuore primitivo, sono andato a ripescarmi le vecchie opere di Andrea De Carlo. E, grazie ai mercatini dell’usato, Dio li salvaguardi, le ho trovate quasi tutte (per cui in futuro aspettatevi le recensioni di tutte le sue fatiche).
Oggi voglio parlarvi di Di noi tre, uno dei suoi primissimi romanzi.
I tre di cui si parla nel titolo sono Misia Mistrani, Marco Traversi, e Livio (l’io narrante, di cui non si citerà mai il cognome), amici per la pelle.
Il libro si apre il giorno forse più importante del narratore, quello della laurea in Storia antica, discussa con una tesi riguardanti la quarta crociata.
Sarà proprio quella sera di festeggiamenti in cui conoscerà Misia, traendola d’impaccio da una situazione spiacevole.
Inutile dire che la luce abbagliante che sembra emanare la ragazza folgora subito il giovane, che già il giorno dopo cerca di mettersi in contatto con lei chiamandola a casa. Sì, avete letto bene. Niente richiesta di amicizia su Facebook, nessun messaggio su WhatsApp, niente cellulare in generale.
Siamo infatti nella Milano alla fine degli anni ’70, distanti dal mondo virtuale.
De Carlo ci fa balzare indietro, ai tempi (cronologicamente vicini, ma tecnologicamente lontanissimi) in cui per chiamare da una cabina bisognava avere le tasche zeppe di monetine, quando ricevere una lettera non era un evento così eccezionale, quando se si voleva sparire senza lasciare traccia lo potevi fare davvero. Quando forse i legami erano meno ossessivi, ma più veri.
Al telefono fisso di Misia però Livio trova solo il fratello di questa, che gli risponde che la sorella ha lasciato Milano, non sapendo quando sarebbe tornata.
È un duro colpo per Livio, che già si era fatto dei romantici viaggi mentali.
Ma è tutto il periodo ad essere strano: è una di quelle fasi di passaggio, che non si sa bene cosa fare e come farlo.
Per fortuna che al suo fianco c’è l’amico di sempre Marco, introverso e travagliato ragazzo che ha lampi di artisticità e una buona dose di ‘sogni aperti’, che aspettano di essere realizzati.
Uno di questi è quello di girare un lungometraggio.
Sarà proprio questo film la prima esperienza condivisa dei tre, perché, di ritorno a Milano, Misia si abbatterà come un tornado nella vita degli altri due con la sua naturalezza e freschezza.
Una volta visto come recita la ragazza, addirittura viene cambiata la sceneggiatura per permetterle di interpretare la protagonista. Da quando ha messo piede sul set, tutta la sgangherata assolutamente non professionista troupe pare aver preso molto più seriamente il lavoro che gli è stato attribuito.
Perché Misia ha questa capacità: quella di trovare il meglio di ognuno e tirarlo fuori per farne un’espressione artistica.
Non mancheranno gli scontri a causa del triangolo e dei sentimenti contrastanti, perché è vero che l’amicizia tra uomo e donna esiste, ma è dura resistere alle pulsioni e alle emozioni.
Tra i tre c’è una strana catena di responsabilità, un’amicizia indissolubile che li fa riavvicinare ogni volta nonostante le correnti della vita cerchino sempre di allontanarli. Si influenzano l’un l’altro in modo determinante, ma poi magari non si vedono né si sentono per anni interi.
Ma il pensiero vola sempre agli altri due, che intanto proseguono nelle loro esistenze.
Sono numerosissimi i luoghi toccati dai tre durante il loro percorso di vita, e, conseguentemente, sfondi delle loro vicende: Milano, Minorca, Zurigo, Lucca, alta Provenza, Parigi, Colombia, Londra, Buenos Aires, Londra, Amsterdam.
Se qualcuno mi chiedesse cosa c’è all’interno di Di noi tre, risponderei che c’è tutto.
Ci sono tre ragazzi, Livio, Marco e Misia. E ci sono i loro sogni, le incertezze, la determinazione, gli attimi di panico, la gioia di vivere, l’autodistruzione.
Ci sono altalene di sentimenti che i protagonisti vivranno per anni, per tutta la durata della loro vita.
È risaputo che un buon libro per essere considerato tale deve riuscire a farti affezionare ai protagonisti e deve lasciarti dentro un senso di vuoto.
Di noi tre, girata l’ultima pagina, te lo lascia eccome il vuoto.
Ti senti di aver perso tre amici. Ma non tre amici qualsiasi. I tuoi tre migliori amici.
Andrea De Carlo, Di noi tre, prima edizione Bompiani 1997, pp. 509