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Di ospedali, assicurazioni e convalescenze...

Creato il 28 ottobre 2014 da Italianoabangkok @BeingAndrea

Di ospedali, assicurazioni e convalescenze…

anche gli expat si ammalano

Questa è la pagina di diario che non avrei mai voluto condividere, uno di quei momenti che si vivono con reverenziale silenzio e che ti sbattono davanti al muso quanto la lontananza da amici e familiari sia ancora più difficile quando si hanno problemi di salute.

La scrivo ora che sono più tranquillo e che i dolori postoperatori si sono placati anche se non sono ancora completamente scomparsi.

Di ospedali, assicurazioni e convalescenze...

Il conto: 100 mila baht e una bustata di medicine!

Per 2 settimane l’unico sollievo l’ho trovato passeggiando avanti e indietro in piscina per rilassare i muscoli di addome e schiena. Nonostante i medici m’abbiano imbottito di analgesici, calmanti e spasmolitici dopo l’intervento ero come un blocco di marmo e le terminazioni nervose avevano deciso di farsi i cavoli propri e farmi costantemente presente che loro ci sono e sanno come tenere sveglia una persona. Ancora oggi in certi momenti vorrei che le sinapsi fossero sopite e mi dessero una tregua più lunga, abbastanza perlomeno da arrivare in ufficio senza sentirmi completamente sfinito. Ma lamentarsi serve a poco e allora tanto vale stringere i denti e ringraziare il cielo di avere un lavoro che copre le spese sanitarie in un paese come la Thailandia dove l’assistenza sanitaria pubblica lascia molto a desiderare!

Ciascuno di noi reagisce in modo diverso davanti alle malattie e al dolore. Ho sempre pensato di avere una soglia di sopportazione piuttosto alta e quando sono arrivato al Saint Louis Hospital contorcendomi su me stesso ero convinto che non sarei uscito in fretta dall’ospedale. Invece ero fuori in meno di un’ora e per 3 settimane è stato un continuo entrare e uscire per controlli e accertamenti. Un sistema impeccabile fatto di appuntamenti, sale d’attesa, ambulatori per le visite. Tutto perfettamente preconfezionato per expat, stranieri facoltosi e tailandesi benestanti. E sì, perché il tailandese medio non se lo può permettere un ospedale in stile americano dove prima di sederti a parlare con il medico l’infermiera ti ha già pesato, misurato la pressione e preso la temperatura, il tutto ovviamente dopo aver verificato la validità dell’assicurazione sanitaria privata.

Dicevo appunto 3 settimane di controlli e accertamenti con medici sbarbatelli che prescrivono questo e quello sperando che la terapia faccia effetto e tu non debba tornare in lacrime supplicando un nuovo trattamento più efficace.

E alla fine mi sono sentito dire che era meglio se avessi consultato un altro medico!

Inutile imprecare o sbraitare, loro - i tailandesi intendo - percepiscono le nostre escandescenze come un eccesso di emotività e l’unica cosa che sanno dirti è “Mai pen rai”.
E dentro di me pensavo “Mai pen rai ‘na sega… mica siete voi ad avere i dolori!

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H o H? Hospital o Hotel?

Eccomi così in quello che vanta d’essere il primo ospedale privato di Bangkokprimo cronologicamente ma direi “fra i primi” anche qualitativamente: il BNH (originariamente Bangkok Nursing Home visto che era una casa di riposo per anziani - il sito al momento non sembra disponibile)

E se al Saint Louis tutto sembra funzionale e organizzato, il primo impatto al BNH è stato come entrare in un lussuoso hotel a 5 stelle: musica classica suonata in tutte le aree comuni, impiegati in eleganti uniformi che s’inchinano al tuo passaggio senza neppure sapere chi sei, moderni computer Mac che trasmettono i dati dei pazienti da una postazione all’altra - neanche il tempo di registrarmi alla reception che l’infermiera della chirurgia aveva una cartellina in mano con tutti i miei dati e mi aspettava per accompagnarmi dall’enterologo.

Una visita neanche troppo accurata e il preventivo era già pronto da essere sottoposto all’attenzione della mia assicurazione per capire quanto dei 100 mila baht necessari per togliere quei 4 cm d’intestino mi avrebbero coperto.

Ancora una volta l’attesa. Un senso di solitudine amplificato dalle barriere linguistiche. Perché se anche credi di avere una padronanza discreta di una lingua straniera, in certi momenti ti rendi conto che vorresti imprecare e supplicare con le parole che fin da bambino hanno accompagnato la tua vita. Vorresti avere accanto le facce familiari che da sempre ti sono state vicine nei momenti del bisogno. E si che io sono molto fortunato e proprio solo non lo sono mai stato. Eppure avevo l’impressione di non capire nulla delle spiegazioni, avevo l’impressione di essere non a 8000 km da casa ma a anni luce dall’Italia.

Per l’ennesima volta ringrazio il cielo d’avere un’assicurazione sanitaria privata! Tutto confermato. In meno di 2 giorni mi sono ritrovato sulla portantina che percorreva i freddi corridoi delle sale operatorie. L’anestesista, una donnona alta quasi 2 metri le cui mani da carpentiere e una voce non proprio celestiale hanno tradito un passato più virile, è già lì ad aspettarmi. L’abilità è indiscutibile e in pochi istanti una sensazione di calore si propaga lungo le gambe. Ancora qualche secondo e non mi rendo più conto di avere una parte di corpo al di sotto dell’ombelico.

2 interminabili ore a chiacchierare con l’infermiera in un improbabile mix di inglese e tailandese mentre il chirurgo laggiù fa quello che deve. Io non ho la mente proprio lucida ma dentro di me spero solo che il post operatorio sia il meno doloroso possibile.

Di ospedali, assicurazioni e convalescenze...

Una cosa accomuna gli ospedali di tutto il mondo: il cibo insipido che danno ai pazienti!

Ovviamente non è stato così. O forse sono io che invecchiando sono diventato meno paziente e ho perso la capacità di sopportare.

Per ridurre al minimo le spese dopo 36 ore dall’intervento ero già su un taxi che mi riportava a casa, mezzo stordito da un cocktail di medicinali che farebbe impallidire la farmacista sotto casa. Firmati i documenti per le spesa sanitarie, pagata la differenza non coperta dall’assicurazione e ricevuta la busta con la terapia da proseguire a domicilio mi sono trascinato fino a all’ascensore. Poi il vuoto.

Le 2 settimane successive sono state un alternarsi di spasmi e piacevoli stordimenti dati dagli antidolorifici durante i quali fluttuavo come una medusa sulla superficie della piscina…Ho incontrato gente e ricevuto messaggi dagli amici preoccupati. Un paio di voi mi hanno anche scritto chiedendo come mai non avessi più messo niente su questo diario. Che dire in certi momenti? Mi sono anche chiesto se condividere questa pagina o no ma poi mi sono detto che volevo passasse un messaggio: pur sperando sempre che non debba servire l’assicurazione sanitaria internazionale è un documento non sempre obbligatorio ma che potrebbe risultare estremamente utile quando ci si trova all’estero, che sia per 1 settimana o che sia per il resto della vita! Si spendono inutilmente tanti soldi ma quando c’è di mezzo la salute non credo valga la pena fare i parsimoniosi, no? In fondo il sottotitolo poteva essere “Anche i viaggiatori e i turisti si ammalano

Detto popolare:
Tutti bravi a fare i froci col culo degli altri!


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