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Di paperi e balene: Moby Dick in chiave disneyana

Creato il 08 luglio 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

MB_01Ci sono libri, i cosiddetti classici della letteratura, che a ogni volta che vengano letti, o riletti, in età differenti della vita di ognuno, aggiungono all’esperienza di lettura spunti sempre nuovi e sensazioni diverse.
C’è poi una scuola di fumetto italiana, famosa in tutto il mondo, che da più di cinquant’anni prende questi classici e li adatta, crea delle parodie, facendoli interpretare dai personaggi dell’universo e rendendoli così fruibili anche, ma non solo, per i lettori più piccoli.
L’ultimo adattamento, in ordine di tempo, sfornato da questi autori disneyani è quello di un classico con il quale più volte la nona arte ha incrociato la propria strada, un’opera che, nonostante oltre 150 anni di vita, è sempre attuale e offre multipli livelli di lettura e significato: Moby Dick.

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, restando aderente nelle linee narrative principali al romanzo di Herman Melville, crea una storia in cui bilancia sapientemente l’ironia, la leggerezza e i caratteri tipici del fumetto Disney, con momenti di tensione e paura, azione e riflessione, rari nelle storie presentate di solito su Topolino, che fanno di questo adattamento uno dei più riusciti, nonché uno dei migliori fumetti Disney del 2013.
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Avendo ben presenti gli omaggi che l’arte sequenziale ha reso a Moby Dick, partendo dalla scuola americana e Bill Sienkiewicz e arrivando a un maestro italiano quale Dino Battaglia, attraverso anche un racconto del Bone di Jeff Smith, senza chiaramente dimenticare Topolino e Il Mostro Bianco di Floyd Gottfredson e Merrill DeMaris, Artibani concepisce una narrazione originale, che non ricade negli schemi già usati dagli autori precedenti, ma crea un qualcosa di nuovo, grazie anche al recupero di alcune caratteristiche che i personaggi disneyani coinvolti avevano nei primi tempi della loro esistenza americana e che, con il tempo, nelle storie ideate nel nostro paese, si sono affievolite e scomparse.
Coadiuvato alla parte grafica da un Paolo Mottura più che ispirato e valorizzato dai colori di Mirka Andolfo, lo sceneggiatore offre il ruolo di protagonista a Zio Paperone/Quachab, che impersona un Achab di barksiana memoria, eliminando dal personaggio il lato ironico, leggero e divertente e riportando in superficie i tratti caratteriali non certo affabili o simpatici di Scrooge McDuck. Al protagonista si affianca Ismaele/Paperino, narratore della vicenda, a cui sono demandati  i vari momenti ilari che spezzano la tensione drammatica di alcune sequenze della storia, ma anche alcune riflessioni più serie sul significato della vicenda narrata. Come dove risieda il vero significato di un viaggio, se nella meta o nel percorso stesso usato per giungere a essa: pensieri alti, celati tra una battuta e un guaio causato dal povero Ismaele, ma comunque presenti.

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Artibani recupera poi il rapporto fatto di tensioni e scontri anche violenti che Paperino aveva, agli albori della sua carriera editoriale, con i propri nipoti, qui interpreti di Quiig, Quoog e Quaag, figli del capo dell’isola di Kovolovo, controparti disneyane di Queequeg, il ramponiere indigeno del romanzo di Melville.
Trovano poi spazio i Bassotti nei ruoli dei ramponieri del Pikuod (Pequod nel romanzo originale), Amelia nei panni camuffati di Trallalà (Fedallah), l’indovino ombra di Achab, Archimede quale primo ufficiale Starkbuck (Starbuck), Paperoga come il sig. Stump (Stubb), secondo ufficiale e Ciccio nel ruolo di Flatch (Flask), ufficiale addetto ai viveri della nave. Purtroppo proprio questi tre ultimi personaggi sono quelli che perdono quasi completamente i tratti caratteriali tipici che da sempre li contraddistinguono nelle storie disneyane, unico neo, forse, di una storia che altrimenti è assolutamente priva di indecisioni narrative.
Paolo Mottura aderisce perfettamente alle linee guida di Artibani evitando sviluppi orizzontali delle tavole che possano ricordare troppo la storia di Gottfredson e De Maris, come anche tavole libere e senza griglia come quelle di Sienkiewicz. Invece, grazie a inquadrature inedite e cinematografiche, a  forzature e distorcimenti prospettici, fa della nave Pekuod lo sfondo della maggior parte della vicenda, come nel romanzo lo sono gli oceani.

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E la ritardata entrata in scena di Moby Dick, la balena banca (bianca), che per buona parte della storia è solo un’ombra o uno sbuffo d’acqua o un particolare fisico inquietante quale un occhio pieno di vita, richiamano ancora una volta la storia originale dove la presenza fisica del mammifero marino è sempre evocata, ma mai materiale se non nel finale, a significarne il ruolo di simbolo di un’ossessione, di una meta, di un obiettivo di vita.
La chiusura, con l’omaggio dentro l’omaggio da parte degli autori a un classico dell’animazione Disney quale Pinocchio e con lo scioglimento dei vari nodi narrativi grazie al rivelarsi delle più tipiche caratteristiche disneyane di personaggi quali Trallalà, i ramponieri e Achab, è il perfetto epilogo di una storia che fonde perfettamente un classico della letteratura con una classica storia Disney.

Abbiamo parlato di:
Moby Dick
Francesco Artibani, Paolo Mottura, Mirka Andolfo
in:
Topolino #3003-3004
Walt Disney Italia, giugno 2013
162 pagine, brossurato, colore – € 2,40

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