Mi è tornata alla mente questa scena ripensando alla tragedia di domenica scorsa, ai troppi uomini, donne e bambini che giacciono nelle oscurità del fondo del canale di Sicilia. Ho ripensato alle tante parole spese dalla politica in questi giorni, alle reciproche accuse di buonismo e razzismo, alle facili ricette di pensatrici e pensatori da resort che confondono le politiche di soccorso e di accoglienza con il Risiko, alla squallida ricerca di consenso da parte dei membri di quei governi, nazionali e sovranazionali, che solo di fronte allo sdegno causato da certe catastrofi si svegliano dal loro colpevole torpore; ai loro vertici il cui esito viene puntualmente annunciato come "risolutivo", alle pause dei loro intensi lavori durante le quali vengono serviti deliziosi manicaretti, magari a base di pesce pescato in quel mare dove, assieme a migliaia di sventurati, giace la loro coscienza.
Ho ripensato a quei barconi che, visti dalle stanze del potere che si trovano a Roma, a Berlino, a Bruxelles e in tutto il nostro civilissimo occidente, altro non sono che puntini che trasportano altri puntini più piccoli attraverso quel mare che, quando decide di essere clemente, gli consente di raggiungere le coste di quella penisola abitata da sessanta milioni di puntini. Ecco, io non credo che - umanamente parlando - per queste persone un saldo di settecento puntini in più o in meno faccia la differenza, ammesso che siano effettivamente settecento e non novecento, o forse più. In realtà il vero numero delle vittime non lo conosceremo mai con precisione: siamo talmente evoluti da riuscire a costruire orologi atomici capaci di dare l'ora esatta per miliardi di anni e allo stesso tempo così arretrati da non essere in grado di calcolare la cifra della nostra indifferenza.Magazine Opinioni
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