Così cantavano i Rolling Stones qualche anno fa, e la considerazione può essere estesa anche ad ambiti non musicali: non conta tanto la storia, quanto il modo in cui la si narra. 3 Piani di Matt Kindt è esattamente questo, una di quelle storie che brilla non per l'originalità della trama, ma per il modo in cui ci viene raccontata. Il protagonista è Craig Pressgang, un ragazzo uguale a molti altri, ma con una particolarità: non smette di crescere. Una peculiarità che in altri contesti avrebbe tutte le carte in regola per trasformare il nostro in un supereroe, ma che nel libro di Kindt è raccontata per quello che è, un'anomalia che finisce per allontanare tutto e tutti da Craig, che pian piano diventa enorme, altissimo e lontanissimo dagli, ormai minuscoli, suoi simili. Questa strana condizione ha anche qualche risvolto positivo, Craig infatti diventa inevitabilmente un personaggio pubblico, mantenuto dallo Stato sin dall'università.
Diventa pure una spia, come tutti i personaggi di Kindt, ma di quello parleremo più avanti.
3 piani, 3 storie
Il titolo originale del lavoro è 3 Story: The Secret History of the Giant Man. Story come racconto, ma anche
(da storey) come piano di un edificio. Una delle caratteristiche del libro è che la vicenda umana di Craig è raccontata da tre donne, vissute letteralmente nella sua ombra. Ciascuna di esse racconta la sua esperienza con l'uomo gigante ed esprime il proprio punto di vista: come in un altro lavoro di Kind, , ciò che viene raccontato al lettore è frutto della visione soggettiva di uno dei personaggi; il massimo che si possa pretendere da un autore che fa dell'ambiguità e della finzione il tema cardine delle sue storie, ad altissima densità di complotti e spie.
Fuori dal tempo e dallo spazio
Uno dei "tratti" distintivi di Matt Kindt è il suo stile grafico: stilizzato, impreciso e sghembo, dà l'impressione di essere un po' tirato via, quando in
realtà è meticoloso nella sua impostazione stilistica, che coinvolge anche la colorazione e le copertine dei suoi lavori. L'autore ricorre all'uso di retini, di colori poco brillanti, di pagine che sembrano ingiallite dal tempo o copertine che paiono logore o strappate (si veda ad esempio la copertina di ); addirittura in Mind MGMT si intravedono le scritte di colore blu presenti sui fogli da disegno, quelle che in fase di stampa vengono fatte sparire. Niente è lasciato al caso, la trascuratezza apparente e ostentata è fasulla e artificiosa.
I fumetti di Kindt recuperano un'estetica fortemente vintage: i palazzi e i personaggi che l'autore disegna mancano di profondità, sembrano scenari irreali e posticci, come set cinematografici di scarsa qualità.
In 3 Storie compaiono articoli di giornale dedicati alle gesta dell'uomo gigante, e persino delle pagine pubblicitarie in cui Craig fa da testimonial per una marca di sigarette, tutto in maniera coerente con l'estetica del tempo (siamo alla fine degli anni 60).
Una scelta precisa, magari un po' leziosa, ma che risponde a esigenze chiare e non priva di efficacia. Da un lato giova alla pura e semplice riconoscibilità dell'autore, dall'altro ha una specifica finalità narrativa che sta tutta nel rimarcare agli occhi del lettore l'artificiosità di quello che sta leggendo. Le storie di Kindt recuperano le ambientazioni tipiche di una narrativa di genere ormai superata, dichiarandosi volutamente anacronistiche.
Too big to fail
A pagina 47 dell'edizione italiana c'è l'immagine di un sasso che si poggia sul fondo del mare, allegoria della morte della madre di Craig. La didascalia recita "Troppo grande per deludere" ed è la considerazione con cui la donna sceglie di riassumere la parabola (discendente) del proprio rapporto col figlio, troppo grande per poter essere semplicemente un bambino (e poi un marito e un padre).
È un'immagine che tornerà altre volte nel corso della storia, due per l'esattezza, e ogni volta sancirà dei passaggi fondamentali nella vita di Craig, delle cadute dalle quali non saprà rialzarsi davvero. Un dettaglio che a una prima lettura può venire trascurato, ma che non sfugge se si prova a rileggere il libro, alla ricerca delle caratteristiche che fanno lo stile narrativo di Kindt così interessante.
Quello che colpisce nell'autore è la capacità di tenere insieme dramma e senso dell'ironia, destreggiandosi con sicurezza tra romanticismo e melodramma, esprimendo una comicità triste e un po' obliqua. "Ti ho visto crescere" dice un dottore a Craig, con affabilità e partecipazione. Una frase comune, che però rivolta all'uomo che vive questa condizione come una condanna, diventa un'affermazione inopportuna e derisoria, dagli effetti comici.
Kindt inoltre evita di dare punti di riferimento al lettore: le didascalie attraverso cui i lettore conosce i pensieri dei personaggi, sono brevi e sintetiche ma sopratutto spesso è necessario arrivare alla fine del monologo per scoprire a quale dei personaggi appartengono. Non di rado l'autore inserisce i dialoghi su vignette che non mostrano gli interlocutori ma paesaggi od oggetti, lasciando al lettore il compito di cogliere l'analogia tra la narrazione verbale e quella per immagini.
"I'm a spy in the house of love"
Le storie di Kindt sono storie di spie. Abbiamo citato Superspy e Mind MGMT, ma potremmo menzionare (l'ancora inedito in Italia) 2 Sisters o in cui il protagonista si trova continuamente sbalzato tra due versioni differenti della stessa realtà, e sfrutta a proprio vantaggio le informazioni raccolte da ambo le parti.
Anche Craig l'uomo gigante diventa una spia per il governo, nonostante non sia certo in grado di passare inosservato. Se da un lato l'espediente è carico di una evidente ironia, dall'altro la presenza, quasi ossessiva, di agenti segreti e cospirazioni, è sopra ogni cosa finalizzata al racconto della complessità dei rapporti umani.
Le relazioni che Kindt racconta sono sempre problematiche, minate da difetti di comunicazione per colpa di "codici" che, non venendo decifrati correttamente, finiscono per produrre dolore e sofferenza. Se le parole sono un mezzo di comunicazione inadatto e fallace (Craig studente partecipa alle manifestazioni, ma finisce per esibire cartelli senza nemmeno sapere cosa c'è scritto sopra), in 3 piani tocca all'arte cercare di mettere in relazione due persone: Craig crea quadri intingendo le proprie mani nella vernice, mentre la moglie costruisce modellini in miniatura; attraverso le loro opere i due riescono a dialogare, comunicando i propri stati d'animo in maniera esplicita e chiara.
Che si tratti di agenti sotto copertura o doppiogiochisti, tutti i protagonisti delle storie di Kindt sono vittime, perché imprigionati all'interno del proprio ruolo o della propria fazione, o afflitti da dubbi su loro stessi. Come in Mind MGMT, dove il protagonista allontana da sé i propri familiari, convinto che il loro affetto sia semplice e inevitabile conseguenza dei poteri mentali di cui lui dispone. In 3 piani sono le dimensioni di Craig che pian piano costringono la moglie e la figlia a trasformare i trattori in penne e i campi coltivati in fogli, dopo che urla e lavagne sono diventati mezzi inefficaci per raggiungere l'uomo gigante e suscitare in lui una reazione emotiva.
Fino al definitivo isolamento, all'irreversibile sconfitta dei sentimenti, per via dell'impossibilità di condividerli.
Così che soltanto la distanza, spaziale o temporale, diventa la condizione in cui questi personaggi riescono a coltivare la propria dimensione affettiva, condannati come sono a un triste soliloquio sentimentale.
Abbiamo parlato di:3 Piani - La storia segreta dell'Uomo Gigante
Matt Kindt
Traduzione di Simon Bisi
Panini Comics, 2014
189 pagine, cartonato, colori - € 19,00
ISBN: 9788891205667