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Di tutte le malattie, l'ignoranza è certamente la più contagiosa

Creato il 03 dicembre 2012 da Astorbresciani
Di tutte le malattie, l'ignoranza è certamente la più contagiosa La nostra società è gravemente malata e avrebbe bisogno di una terapia d’urto. Qualcuno sostiene che il male più profondo dei nostri tempi sia la depressione. Altri pensano invece che sia l’alienazione. Chiunque, osservando la vita quotidiana, potrebbe dilettarsi a individuare le sindromi che ci colpiscono e ci fanno stare male. Personalmente, penso che di tutte le malattie di cui soffre il genere umano l’ignoranza sia la più contagiosa e quindi la più diffusa. Viviamo in un tempo di vacche magre, ma la crassa ignoranza abbonda. È pur vero che il mondo è stato sempre affollato di ignoranti ma ho l’impressione che si esageri. Una volta c’era la scusa dell’analfabetismo, ma oggi? Ciò che voglio rimarcare è che mentre una volta gli ignoranti venivano riconosciuti e tenuti a bada, sostanzialmente stavano al loro posto, oggi assistiamo al triumphus indoctorum, il delirio degli asini che salgono in cattedra e tengono lezione. Gli ignoranti si allargano, pontificano, assumono posizioni autorevoli nella società e ci fanno sentire piccoli, inutili, sciocchi. Siamo nell'era dell'ignoranza al potere.Un esempio? In questi giorni non è passato inosservato sulla rete un video in cui l’on. Eraldo Isidori fa un breve discorso a Montecitorio. Ho condiviso e commentato questo discorso perché è ai confini della realtà. L’onorevole marchigiano dice: “Il carcere è un bendisario non è un villaggio di vacanza. Si deve… scondare la sua pena… perscritta che gli aspetta. Losapevaprimafareiirresto. Io ritengo come Lega di non uscire prima della sua pena erogata. Grazie”. Premessa: Isidori ha 72 anni, ha la licenza media inferiore, è un ex elettrauto in pensione ed è un rappresentante del popolo italiano alla Camera dei deputati. Dimenticavo, è un componente permanente della commissione per la giustizia e ciò giustifica la sua presa di posizione, che è ferma nella sostanza ma traballante nella forma come un ciucco tradito perso. Non serve che io commenti le parole di Isidori, sarebbe ingeneroso farlo. Né ha senso che mi domandi che ci fa un somaro come lui al Parlamento. A priori, dovremmo infatti interrogarci sulla validità del sistema democratico, che premia gli zotici e non solo in ambito politico, dove i novelli Demostene ci deliziano con raffinatezze sintattiche (Di Pietro) e con un linguaggio aulico (Bossi padre e figlio), ma in ogni settore della vita: scuola, lavoro, sport, spettacolo e persino cultura. A volte mi viene da pensare che taluni abbiano fatto voto di ignoranza, che è più facile da rispettare del voto di astinenza o di povertà. Non ci vuole un grande impegno, basta prendere alla lettera l’insegnamento che il padre dello scrittore Remarque dava a suo figlio: “Non perdere la tua ignoranza, non potrai mai sostituirla”. E già, perché studiare, a che serve? In fondo ci snatura. Ne sanno qualcosa i tanti universitari disoccupati. Era meglio se facevano gli elettricisti o gli elettrauto. Perché favorire lo spaccio della bestia trionfante (a scanso di equivoci, “spaccio” significa “cacciata”)? Meglio rimanere capre e vantarsene, meglio andare fieri della propria beata ignoranza, che può essere la paradossale scorciatoia verso una posizione sociale. Lo stesso Giordano Bruno riconosceva che l’ignoranza è madre della felicità e della beatitudine sensuale. Basta vedere come vanno le cose in Italia. Gli ignoranti hanno successo, sono dei caterpillar che nessuno può fermare. Così come nessuno mette in dubbio i loro meriti. Quali sarebbero questi meriti? È semplice. L’ignoranza è rassicurante. E come se ci dicessero con finta solidarietà: “Amico, tu sei migliore di me, solo che sei sfortunato o troppo colto”. Gli ignoranti sono i fornitori di alibi di cui abbiamo bisogno. Giustificano il nostro insuccesso. Ci fanno arrabbiare, è vero, ma ci divertono pure. Quando il “giornalista” Luca Giurato si rivolge in televisione a un sordomuto e gli domanda “Senta, in poche parole, ci parli della sua storia” ci viene spontaneo ridere. E quando Francesco Totti ci delizia con le sue giocate linguistiche, fonte di barzellette, ci torna il buon umore. Perciò, l’ignoranza è simpatica, produce endorfine. Il problema è che può essere divertente ma è altrettanto controproducente. Socrate diceva giustamente che è l’origine di tutti i mali. Va da sé che una delle ragioni per cui il nostro Paese va a rotoli è il fatto che l’ignoranza dilaga, dalla scuola materna fino ai palazzi del potere. Gli studenti non studiano e gli stessi professori sono ignoranti, i giornalisti sbagliano gli accenti (e non solo) e i politici trattano l’idioma di Dante come se fosse un manufatto alieno. Uffa, ma cosa c’è di male ad essere ignoranti? – si domanderanno gli avvocati difensori della categoria. Nulla, a patto di riconoscerlo, rinunciando all’arroganza che distingue gli ignoranti che hanno successo, soldi, visibilità e riconoscimenti. Oggi, un ignorante becero che abbia la fortuna di partecipare a un reality show o sia allevato da Maria de Filippi vale più di un plurilaureato perché fa audience. E io che mi ostino a pensare che fa solo pena! Di questo si tratta, avere secondo i propri meriti e non in base alle logiche perverse di un sistema che incentiva e premia l’ignoranza. Socrate si riconosceva ignorante, diceva che l’unica cosa di cui era certo era di non sapere. Perciò se la prendeva con la peggior specie esistente: i falsi sapienti, quelli che si crogiolano nella dotta ignoranza. Confesso che posso essere indulgente con gli ignoranti rei confessi ma non quelli che se la tirano e sbagliano a coniugare i verbi. A ben guardare, non è vero che esistono tre tipi di ignoranza – non sapere niente, sapere male e sapere ciò che serve sapere – esiste un quarto tipo di ignoranza, la più odiosa e nociva. È il sapere fasullo, superficiale, vacuo. È il sapere dominante nella società dei consumi, dove anche la conoscenza è un prodotto usa e getta. È lo scibile copia e incolla di chi si illude di sapere e invece non sa un fico secco e pur tuttavia si atteggia a sapiente. Quando sento certi strafalcioni, certe inesattezze e determinate prese di posizione da “re degli ignoranti” mi viene la pelle d’oca. Ripeto, oggi l’asino sale in cattedra e il suo raglio viene preso per oro colato. Il sapere ignorante dei nostri tempi è dettato da una rivoluzione-involuzione dei valori per cui non è utile sapere come funzionano le cose ma come usarle, non serve conoscere la storia e la geografia tanto ci sono Internet e il satellitare, non ha senso farsi una cultura quando l’ignoranza, purché volitiva, può essere enciclopedica e coprire tutti i campi dello scibile. In fondo, il mondo gira solo per ignoranza. “È la notte della mente, ma una notte senza luna né stelle” sosteneva Confucio. E chissenefrega, si giustificano gli ignoranti, che non sanno cosa farsene della luna e delle stelle. Preferiscono la terra e le stalle. Poveri noi!
Ormai ci ho fatto il callo e la performance dell’on. Isidori dovrebbe lasciarmi indifferente. Invece no, è grottesca ed è un insulto a chi vive per “seguir virtute e conoscenza”, che non è un consiglio per gli acquisti ma un invito del sommo Poeta. Temo che l’ignoranza sia una malattia incurabile, di più, una pandemia inarrestabile. Dobbiamo innalzare la soglia immunitaria, occorre isolare gli ignoranti tronfi per non farsi contaminare, chiuderli in un Lazzaretto socio-culturale anziché applaudirli. Oppure, fingere di uniformarsi per colpirli in contropiede. Come? Ad esempio, se dovessi incontrare l’on. Isidori, potrei apostrofarlo così: “Si le cose non le sai, salle!”.

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