Oh sì, sono sopravvissuta a questa tre giorni di mangiate. Sono certamente ingrassata, pazienza. Non ci penso proprio a farmi problemi a Natale.
Vi parlerò del successo della cena della Vigilia (cucinata interamente da me stessa medesima con un risultato stranamente strepitoso) in un altro post.
Ora che mi sono seduta, tranquilla, serena e riposata di fronte al pc, ora che sto ascoltando buona musica e godendo dell’atmosfera familiare, voglio svelarvi una cosa: un pensiero, una constatazione, un risultato, una strategia e forse una vittoria. Per me.
Questi sono stati giorni (tutto sommato) belli. Ho letto su twitter una frase che mi ha colpita: “A Natale, le mancanze sono come voragini”. È senz’altro vero, ve lo assicuro… è talmente vero che, a tratti, mi è sembrato di averla di fianco, vicinissima, la “mia mancanza”. E, a tratti, sentendola così forte, ho provato felicità per la pienezza con cui l’ho percepita.
Questo Natale ho scoperto che una mancanza, non è necessariamente solo un’assenza. Una mancanza può essere anche presenza, volendo. Ascoltando. Può continuare a fare parte di un tutto, del tuo “tutto”. Della tua vita e del tuo microcosmo. Ancora di più quando sai (sia perché te lo dicono gli altri sia perché le fotografie parlano e sono evidenti) che tu sei la Sua copia sia fisicamente sia come carattere. Che la “mia mancanza” c’è sempre stata e ha sempre fatto di tutto per me, quando era una “presenza”. C’è ancora perché la sento, forte, anche se è “assenza”.
E io farò in modo che la mia “presenza assente” ci sia sempre e per sempre.
È probabile che queste cose che sento, siano in realtà una strategia della mia psiche per trovare un po’ di pace dentro a un dolore che non se ne va e che, ho capito, non sarebbe neppure giusto lo facesse, di andarsene. Ed è riduttivo, lo so per certo ma non so come spiegarlo, pensare che stia solo imparando a convivere con esso, magari per spirito innato di sopravvivenza umana.
È che forse, potrei dare un altro peso al dolore (non sto parlando, ovviamente, di dolore fisico). Cioè, imparare a considerarlo in modo diverso. Non meno importante ma differente. Se una persona prova dolore, soffre e questo non è messo in dubbio però, forse, da una sofferenza molto forte, si può trovare una via di uscita.
Non so come spiegarvi. Forse è semplicemente che, come diceva quella frase, a Natale le mancanze diventano voragini e io, la mia voragine l’ho sentita talmente forte che è come se mi avesse parlato. Così forte che – se mi permetto di “sentirmi”, se sono da sola con il mio cuore - è quasi come se sentissi una vocina dentro che mi dice che la vita continua, che la mia “voragine” non mi abbandonerà mai e farà sempre parte di me. E questa cosa mi piace.
La mia voragine mi riempie con la sua energia e mi dice che oltre la morte ci può essere ancora vita (diversa da quella che siamo abituati a pensare ma pur sempre vita), e dipende da noi, da noi esseri umani, fare in modo che i morti continuino a vivere non respingendo la voragine in una parte lontana all’interno di noi stessi ma, semplicemente, vivendola e lasciandola emergere. Liberandola. Vivendo la nostra vita appieno e anche per loro. Perché glielo dobbiamo.
La mia voragine vuole che sia felice e io so che non voglio sprecare la mia vita rinchiusa in un dolore desolante, senza speranza. Farò della “mia mancanza” la mia forza, la mia luce segreta che mi aiuterà ad archiviare nel mio cuore ogni istante prezioso che avrò la fortuna di vivere. E avrò così (sempre), un tesoro immenso dentro di me. Avrò il cuore pieno di memoria.
Ok, ora potete pure chiamare la neuro… ;-)
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