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Di zoppi, nostalgia e metonimia

Creato il 19 maggio 2011 da Albino

Ci sono giorni in cui uno dovrebbe astenersi dal tenere un blog, perche’, come dire… avete presente quando non hai proprio un cazzo da scrivere? Ecco, oggi e’ uno di quei giorni li’.
Cioe’, a dire il vero qualcosa ci sarebbe. Ma non so quanto potrebbe interessare il fatto che io mi stia chiedendo da settimane come mai qui a Tsurumi (la parte di Tokyo dove lavoro) sono tutti zoppi. Sul serio. E’ successo quasi per caso, un giorno mi sono ritrovato a camminare con uno a destra che zoppicava, e una a sinistra che zoppicava pure lei. Ho iniziato a farci caso, e mi sono reso conto che nel mio treno della mattina ogni giorno c’e’ tipo una persona su dieci che zoppica, o ha qualche altro tipo di handicap legato a tremolio/spasmi/ecc. Che ci sia qualche particolare difetto genetico nella prefettura di Kanagawa? O magari e’ solo la fantomatica omologazione giapponese? Pensateci: magari tutto e’ partito da un solo zoppo e dal detto “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”. Tra l’altro una settimana fa mi e’ venuta una fitta al ginocchio mentre camminavo, forse mi sto omologando pure io. Nessuno ha fatto caso al fatto che zoppicassi, forse mi ero mimetizzato nella massa. O forse nessuno mi caga a prescindere, chi lo sa.

Sto soffrendo un po’ la mancanza di espansivita’ dei giapponesi. Al lavoro e’ una noia, nessuno si parla, tutti affossati sul pc a fare chissa’ cosa. Quando ci si incontra nei corridoi, solo un breve inchino di saluto, o al massimo un すみません quando ci si passa a fianco. Manco quando ci si introva nella cucinetta ci si parla. Boh.

Il terremoto ha fatto danni incalcolabili, ma una cosa buona l’ha portata: i giapponesi hanno aperto le tende e spalancato le finestre. La crisi elettrica ha costretto la mia azienda a spegnere i condizionatori d’aria e le centinaia di luci che brillavano sul mio soffito (troppe, sul serio. Una tubo alogeno ogni cinquanta centimetri: quando sono stato assunto mi e’ venuta la congiuntivite, giuro, roba da occhiali da sole). Ora luce e aria entrano da fuori, e si sta dieci volte meglio.

Il lato negativo di questa configurazione e’ che si puo’ vedere fuori, cosa che prima non succedeva perche’ le tende erano chiuse. E a me viene una nostalgia bastarda, perche’ si vede il cielo azzurro con le nuvolette, e gli uccellini che svolazzano. Sapete che ho un debole per i cieli azzurri.

E la nostalgia poi si mescola con la nera amarezza della disperazione piu’ cupa, perche’ sono qui, in questa gabbia chiamata ufficio, mentre in lontananza vedo il tetto della scuola superiore femminile di fianco alla mia azienda, e penso alle migliaia di gonnelline a pieghe (e scusate la metonimia) che la popolano. Sapete che ho un debole per le metonimie, soprattutto quando scambiano il contenitore per il contenuto.

Ah, l’amour. Ah, la japine.



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