Dramma durante una operazione anti-camorra tra Napoli, Firenze e Roma. Un imprenditore sospettato di essere colluso con la criminalità si è ucciso lanciandosi dalla finestra non appena gli uomini delle Fiamme Gialle gli hanno notificato l’ordine di custodia cautelare.
La Direzione Antimafia Antimafia (fanpage.it)
Tre procure (quella di Napoli, quella di Roma e quella di Firenze), coordinate dalla Direzione nazionale antimafia, e DIA, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, per realizzare e chiudere con 90 notifiche di misure cautelari e un sequestro beni da 250 milioni di euro una delle più complesse indagini su un clan di camorra che ha consolidato tra Campania, Lazio e Toscana un impero economico. Nella capitale sigilli a oltre 20 locali riconducibili a un gruppo di ristoranti e pizzerie che si richiamano alla gastronomia napoletana.
I Contini, “per lunghi anni sottrattisi ad ogni efficace azione repressiva”, come sottolinea una nota firmata dal Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, accanto al controllo dei tradizionali mercati criminali (stupefacenti, estorsioni, usura) hanno reinvestito in maniera lucrosa in attività legali i guadagni della cosca, soprattutto nella ristorazione, nella distribuzione e commercializzazione di abbigliamento e nella gestione di impianti di servizi in aree di sosta.
Durante la notifica dei provvedimenti restrittivi, un imprenditore napoletano, Giuseppe Cristarelli, 43 anni, che doveva rispondere di usura ed estorsione, si è suicidato lanciandosi dalla finestra del suo appartamento al quarto piano di via Banfi a Roma. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta. A Pisa, poi, sono stati notificati 12 avvisi di garanzia e perquisite abitazioni, nonché disposto il sequestro preventivo per cinque aziende del settore della ristorazione sul litorale pisano e viareggino. Le indagini si sono avvalse di tecniche tradizionali, quali le intercettazioni, ma anche del contributo di pentiti. Lo spaccato rivelato dalle indagini, inoltre, mostra reti di imprese conniventi con i Contini, fortemente radicati nella roccaforte del quartiere Arenaccia di Napoli, ma da tempo nella capitale grazie a legami con la banda della Magliana, tanto che il boss fondatore detenuto, Eduardo Contini, 58 anni, ha tra i soprannomi ‘o romano, (in carcere dal 2007 dopo una lunga latitanza).
Due gruppi imprenditoriali, finiti nel mirino dei pm: a Roma e in Versilia la famiglia Righi, a Napoli la famiglia Di Carluccio, i primi nel settore della ristorazione, i secondi gestori di impianti di distribuzione carburante. Nella capitale sono stati sequestrati 23 locali riconducibili a un gruppo di ristoranti e pizzerie che si richiamano alla gastronomia napoletana e che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati realizzati con denaro riciclato del clan. Molti locali si trovano in pieno centro e altri in zona Prati. Secondo quanto reso noto dagli inquirenti, i fratelli napoletani Salvatore, Antonio e Luigi Righi avrebbero creato una vera e propria holding nel settore della ristorazione che operando perlopiù con il noto marchio “Pizza Ciro” si è insediata stabilmente, con svariati locali, in particolare nelle prestigiose zone di Piazza Navona, del Pantheon e di Piazza di Spagna.
Poi c’è una rete nel settore del commercio dei capi di abbigliamento, prodotti da una azienda di Prato, “Castellani, dove le perquisizioni di oggi della DIA hanno portato al sequestro di documentazione giudicata interessante dagli investigatori. Tra i destinatari di misure cautelari, anche l’attuale reggente del clan, Salvatore Botta, 63 anni, detenuto a Napoli; la moglie Rosa Di Munno, incensurata, che per gli inquirenti gestiva le attivita’ della cosca dopo l’arresto del marito; il nipote omonimo, 31enne incensurato che si occupava dei canali commerciali e della riscossione crediti, oltre a essere titolare di una sala giochi.
Gli altri sequestri. Nell’operazione sono state sequestrate anche otto società attive nel settore dell’abbigliamento, e nella gestione di parcheggi; immobili di pregio nel centro di Napoli; una sessantina tra autovetture e motocicli; decine di conti correnti bancari, per un valore stimabile superiore ai 10 milioni di euro. Nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni degli arrestati e di alcuni degli indagati, gli investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno anche sequestrato denaro contante per quasi 100mila euro e assegni bancari per varie centinaia di migliaia di euro.