La diagnosi prenatale è utile perché consente di monitorare lo stato di salute del feto durante il corso della gravidanza. Tuttavia, date le possibili complicanze ed il costo delle tecniche diagnostiche, la diagnosi prenatale invasiva viene consigliata solo in alcuni casi: vediamo quali sono i fattori che incidono nell’uso di diagnosi prenatale invasiva.
La diagnosi prenatale è sostanzialmente di due tipi: vi sono alcune tecniche di monitoraggio dello stato di salute del feto, che sono indolori e non invasive; dall’altra parte, però, la maggior parte delle strumentazioni e delle tecniche di diagnosi prenatale sono, invece, considerate ad alto tasso di invasività (basti pensare che per alcune tecniche vi sono dei rischi, seppur minimi, di aborto), ed anche per questo motivo esse vengono riservate solo a donne che presentano gravidanze a rischio di anomalie cromosomiche o malattie geniche.
Ad oggi sappiamo che la diagnosi prenatale è utile per individuare la presenza di alcune anomalie cromosomiche, in particolar modo le trisomie più diffuse, ovvero la trisomia 13, la trisomia 18 e la trisomia 21; più in generale, si dice che lo scopo della diagnosi prenatale è quello di identificare patologie che interessano il feto su base genetica, infettiva, iatrogena o ambientale.
Il punto è che la maggior parte delle tecniche utili a monitorare lo stato di salute del feto sono invasive: parliamo, ad esempio, dell’amniocentesi (prelievo del liquido amniotico) e della villocentesi (prelievo dei villi corali), che presentano non pochi rischi per il nascituro.
Data la loro invasività, queste tecniche diagnostiche sono indicate per lo più in alcuni casi, ovvero:
- Età della madre avanzata (e comunque superiore ai 35 anni);
- Precedente figlio affetto da anomalia cromosomica;
- Familiarità per malattie genetiche oppure per malattie congenite del metabolismo;
- Test di screening per sindrome di Down positivo.
È molto importante informarsi presso il proprio ginecologo e riferire al proprio medico tutte le possibili situazioni che possono determinare rischio di anomalie: in questo modo, il medico sarà in grado di stabilire a quale tipo di diagnosi prenatale affidarsi per monitorare lo stato di benessere del feto.