L'inverno volge al termine e i tepori della primavera si avvertono ormai ovunque; il calendario segna la mezza Quaresima e le voci del dialetto umbro
continuano a risuonare nelle case, nei bar e nei luoghi dei lavoro, come parlata ancora viva che seppur radicata su un linguaggio antico è perennemente in
evoluzione.
L'area di censimento delle espressioni è ancora quella presa in considerazione nelle rubriche precedenti: la zona dell'Umbria sudorientale, contigua al fiume Nera e al suo bacino idrografico. Possiamo dire Fiumi di parole, prendendo in prestito il titolo di una citata canzone creata qualche anno fa, poiché la parlata dialettale è davvero ricchissima di termini che a volte corrompono le parole dell'italiano secondo regole precise, mentre altre volte i lemmi hanno una genesi tutta autonoma dalla lingua nazionale.
Ecco le cinque voci di oggi aperte ai commenti di chi ne voglia ampliare il significato e le modalità d'uso. Basterà scrivere nell'apposita area che si trova alla fine dell'articolo e le opinioni appariranno a completare questa rubrica.
Liscìa: liscivia, detergente realizzato con acqua bollente e cenere di legno setacciata. Fino agli anni sessanta del secolo scorso, la miscela veniva versata nei catini per lavare, sbiancare e disinfettare il bucato oppure veniva usata per sgrassare il vasellame domestico, soprattutto all'inizio della Quaresima. In questo periodo la soluzione bollente di liscìa eliminava ogni traccia di grasso da piatti e da pentole in vista del periodo di penitenza e astinenza dalle carni. "La pòra mamma era tantu devòta che finitu Carnoale passava co la liscìa tutte le cazzaròle pe paura che ce fosse 'rmastu un po' de untu. Apparte che a quilli tempi de untu ce ne stìa pocu anche senza la cegnere". "La povera mamma defunta era tanto devota che finito il Carnevale strofinava con la liscivia tutte le pentole temendo che vi fosse rimasta attaccata qualche traccia di grasso. Anche se a quei tempi di grasso (e di cibo) nelle pentole ce n'era poco anche senza passarvi la cenere". Il termine liscìa o lisciva deriva dal latino lixivium o dal latino tardo lixivia.
Simitti: semini, i piccoli semi delle piante da orto, da insalata, pomodori, zucche, ecc. raccolti a fine stagione, conservati al buio e poi interrati nei solchi (surghi) tracciati con la zappa e concimati con il letame. "Ho 'rcapezzatu li simitti de cicoria, de ubbieta e de citrone, chiosà se pijano, quilli comprati so' tutti buji!". "Ho raccapezzato i semini della cicoria, della bieta e del cetriolo, chi lo sa se germoglieranno, quelli comperati sono tutti bui, non attecchiscono".
Cappamandelle: bugie, sotterfugi, frasi pronunciate a mezza bocca per nascondere la verità, azioni compiute velatamente. "Adesso pe bòna parte so' tutte cappamandelle: le banche, chi ce comanna, li prezzi de le cose che pare che te recalano tuttu, quilli che te fanno l'amici pe' fregatte. Se che munnu è diventatu!" "Adesso in buona parte sono tutte mezze bugie: le banche, i governanti, i prezzi delle còse che sembrano regali, quelli che si mostrano amici per raggirarti. Che mondo è diventato!"
Lippe lappe: voce onomatopeica che riproduce figurativamente una cosa che è e non è, quasi un tremolìo. Infatti si dice che è andata lippe lappe quando si parla di un'impresa dal percorso altamente incerto che poi è finita positivamente, oppure del "culo che fa lippe lappe" quando si è spaventati di fronte a una situazione difficile. In alcuni casi lippe lappe indica il rumore che fa la lingua quando c'è il forte desiderio di mangiare un cibo. "Prima la lengua je facìa lippe lappe, ma doppo quanno s'è vistu lu maritu de essa entrà dentr'a la cammera, je facìano lippe lappe pure le recchie!" "All'inizio la lingua gli faceva sentire l'acquolina in bocca, ma quando ha visto il marito della donna entrare in camera, gli tremavano anche le orecchie!"
Lippichegghià: fare il lippichino, cioè dedicarsi con eccessivo puntiglio ai minimi particolari senza portare a termine un compito o prendere una decisione. "Va lippichegghiènno appresso a tutte le stupidaggini e pe ora de notte n'ha cumbinatu gnènte!" "va facendo il puntiglioso dietro a ogni schiocchezza e per quando viene sera non ha realizzato nulla!"
(Continua, arrivederci alla prossima volta. La rubrica precedente si può leggere cliccando sul link Dialetto umbro: nengue, bufa, rifirina, peacchie, branculite )