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Dialetto umbro: seddievòle, oggiotto, me ss'è gelatu lu còre

Creato il 31 luglio 2012 da Berenice @beneagnese

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Fino a ora, nella rubrica di questo blog dedicata alla parlata vernacolare degli abitanti dell’Umbria, ho riportato per lo più delle parole singole.

Questa volta, invece, vorrei portare delle espressioni, delle frasi, che sono emblematiche di certi stati d’animo e situazioni. Sono modi di dire curiosi che chi abita in Umbria avrà sentito migliaia di volte, perché sono molto diffusi. Al di là della praticità comunicativa data dall’espressione immediata di concetti, essi celano una filosofia di vita basata sul rispetto delle regole e sull’ineluttabilità degli eventi. Quasi una rassegnata tenacia, per definirla con un ossimoro.

La protraente calura estiva di quest’anno ci impone soste almeno pomeridiane, momenti per riflettere: ecco un’occasione per capire un po’ meglio il linguaggio di tutti i giorni, il dialetto fatto di tanti suoni che scivolano  nelle conversazioni più varie, tenendosi un po' lontani dalla lingua ufficiale, ma fortemente familiari.

Non ce la ‘ppoe: non ce la fa a convincerlo, a sottometterlo alle regole. Spesso la frase è usata per definire il rapporto conflittuale tra genitori e figli. “Quillu è un cavallu sturnu, mancu lu patre ce la ‘ppoe.” Quello è un cavallo storno, neanche il padre riesce a controllarlo”. Il cavallo storno, in questo caso, è la figura affiancata a un figlio molto vivace, scalpitante.

Sénti ‘n po’, zittu ‘n po’: ascolta un poco, zitto un poco. I due imperativi, dal tono non del tutto autoritario ma anzi cortese per via di quel po’, hanno storie tutte loro. Sienti ‘n puo’ è addirittura il nome di un affollato mercato che si tiene a Norcia in agosto. L’espressione che veniva usata per iniziare la conversazione con qualcuno, più o meno garbatamente, era particolarmente adoperata dai mercanti romani e toscani per arruolare al lavoro gli esperti norcini. “Sienti ‘n può, quantu vuò pe’ venì a lavorà co mme?” (Senti un poco, quanto vuoi per venire a lavorare da me?)

“Zittu ‘n po’ che me dorgu l’ossa! – Magnane de meno!” ( Zitto un poco che mi fanno male le ossa! Mangiane di meno -fu l’ironica risposta).

Issu/essa sta in lòco de verità io de bucìa: egli/ella sta in un luogo di verità, io di bugia. È la chiamata a testimone di un defunto che si trova nell’aldilà, luogo di verità, contro la parola di un vivente ancora esposto ai difetti del mondo terreno. "Issu sta in lòco de verità io de bucìa, mica so stata io a dije a Pierino de vinì su casa mia tutte le sere! Era 'rmasta sola, che lu cacciavo via?"

Me ss’è gelatu lu còre: mi si è gelato il cuore, ovvero ho avuto un grande spavento che il cuore ha smesso di battere. “M’è vinutu lo gasse, me s’è gelatu lu core quanno ho vistu quant’era!” (È arrivata la bolletta del gas, mi sono spaventato quando ho letto la cifra da pagare).

Oggiotto: otto giorni da oggi, fra una settimana. “Oggiotto me levo lu gessu, che me so pure cascatu”. (Fra otto giorni tolgo l’ingessatura, che sono pure caduto).

Seddievòle: se Dio lo vuole. “Seddievòle domatina pijamo lu trenu, speràmo che arrìa in orario!” (Domattina, se Dio vuole, prendiamo il treno; speriamo che arrivi in orario!)

Ognunu nasce co’ na pianeta: ognuno nasce con un destino segnato. “Hanno scontratu? Se vede che era distinatu, ognunu nasce co' na pianeta. Hai voja a ddì che jiano fòrte!” ( Hanno scontrato con le auto? Si vede che era tutto previsto, ognuno nasce con un destino. È inutile dire che andavano forte!)

Alla prossima volta. L'articolo precedente lo trovi qui


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