Gli acquazzoni di fine estate e le piogge d' inizio autunno portano ovunque, nei boschi e nei prati dell’Umbria, l'abbondanza gustosa dei funghi. Sotto gli alberi e nelle radure le fungaie spontanee appaiono gravide di frutti sia agli occhi dei cercatori abituali che conoscono a menadito luoghi e tempi di raccolta, sia a quelli dei neofiti e dei fungaroli occasionali alla ricerca di turini, cruccole, galletti, rosciole e sanguinosi. La passione fa macinare chilometri, sopportare alzate mattutine e rischiare bruschi raffreddamenti, ma sa anche ripagare quando i cappelli carnosi ripieni di spore compaiono sotto una lastra di foglie essiccate o tra i fili d’erba.
Esistono molti generi di funghi, alcuni tossici, altri velenosi, molti commestibili e ghiotti da preparare in cucina. Ai nomi scientifici delle classificazioni ufficiali frequentemente si sostituiscono quelli delle parlate locali che spesso sono comuni a tutta la regione e talvolta, invece, risuonano in ambiti territoriali più ristretti.
L'umbro come chiama i funghi nel suo dialetto?
Ecco alcune voci ascoltate in Valnerina:
fugni (funghi) che è il nome generico;
e poi
le pagghie ovvero il nome dato agli esemplari di Amanita, dal cappello rossastro;
la cruccola conosciuta anche come mazza di tamburo è il nome di Macrolepiota procera, un fungo dal gambo slanciato, di colore bianco rosato;
il turino o prataiolo, Agaricus macrosporus, di colore bianco sporco con le lamelle che vanno dal grigio al marrone; è molto diffuso nei pascoli montani e si trova raggruppato nelle caratteristiche linee circolari;
i sanguinusi o sanguinosi sono i Lactarius deliciosus e Lactarius sanguifluus, che devono il nome volgare al lattice rosso emesso a seguito della rottura del cappello, apprezzatissimi dagli abitanti di Spoleto;
la rosciola è il nome dato alla Russula cyanoxantha dai colori viola, grigio, verde oliva e alla Russula vesca, comune in Umbria e molto conosciuta;
il lafrino è la Russula delica, cappello concavo di colore chiaro con sapore pepato che lascia in bocca un pizzicore.
I grasselli, invece, sono esemplari di Hygrophorus russula e di Hygrophorus penarius, carnosi e sodi di colore bianco-rosato, ottimi conservati sott’olio;
la moretta è il nome dialettale dato a Tricholoma terreum, caratterizzata dal cappello piccolo di colore grigio cenere, ma anche a Tricholoma atrosquamosum e orirubens di taglia più grande.
I buongustai sanno che il brugnòlo oltre a essere tra i migliori funghi commestibili corrisponde a Calocybe gambosa che cresce sin dal mese di maggio nei prati e si raccoglie prevalentemente in montagna;
le orecchiette, carnosi funghi color nocciola hanno il loro habitat nelle ceppaie di tronchi, sui pioppi e sui salici e corrispondono al Pleorotus ostreatus;
la famijola, Armillariella mellea e Armillaria tabescens, cresce anch’essa su radici e ceppi d’albero e si presta a essere essiccata. Un tempo erano tipiche le collane di funghi infilati nello spago e posti ad asciugare appesi alle pareti interne dei focolari.
I purcini o porcini sono i Boletus edulis, pinophylus e aestivalis, funghi molto profumati e gradevoli, carnosi e sodi;
il pinarolo, che come suggerisce il nome cresce in boschi di pini, ha il cappello di colore bruno-rossiccio e corrisponde a Suillus luteus e Suillus granulatus;
le manciole corrispondono a Ramaria aurea e a Ramaria botrytis, hanno il carpoforo ramificato simile a un banco di corallo e sono ottime consumate fritte dorate;
i galletti sono il nome volgare di Cantharellus cibarius, fungo dal cappello a forma di imbuto color giallo.
Altri nomi che in dialetto individuano funghi commestibili sono le tazze oltre alle loffe ovvero Lycoperdon piriforme e Langermannia gigantea che non da tutti vengono apprezzate e raccolte, ma talvolta schiacciate con un piede per veder uscire la forfora polverosa che contengono specie quando sono giunte a maturazione.
(Leggi altre parole del dialetto umbro )