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Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, e precisamente nella seconda lezione, quella dedicata alla rapidità, coglie il senso della civiltà contemporanea facendo un po’ come il legislatore presocratico che Nietzsche considerava un modello: scruta nel passato per interpretare l’avvenire (dovremmo farlo tutti, ma non conosciamo neanche il nostro presente). Calvino va a ripescare un passo del Dialogo sui massimi sistemi di Galileo in cui Sagredo interviene per fare un elogio della più grande invenzione umana: quella dell’alfabeto.
Eccolo:
"Ma sopra tutte le invenzioni stupende, quale eminenza di mente di colui che s’immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di tempo? Parlare con quelli che sono nelle Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni? E con qual facilità? Con vari accozzamenti di venti caratterizzi sopra una carta".
Calvino commenta così: “oggi cito Galileo che vedeva nella combinatoria alfabetica lo strumento insuperabile della comunicazione. Comunicazione tra persone lontane nello spazio e nel tempo, dice Galileo; ma bisogna aggiungere comunicazione immediata che la scrittura stabilisce tra ogni cosa esistente e possibile”.
È chiaro: già nel XVII secolo l’aspirazione all’universalità della comunicazione era grandissima. Va anche detto che Galileo è ancora fortemente etnocentrista: non prende in considerazione alfabeti che non siano quelli occidentali e cioè non fonetici (gli ideogrammi ad esempio). Eppure ha già ben chiaro il fatto che si può e si deve “Parlare con quelli che sono nelle Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni”. Ma per fare tutto questo sia Galileo che Italo Calvino 400 anni dopo di lui, sanno che c’è uno strumento grandioso e immediato: la scrittura ( che sia legata ad un alfabeto fonetico o meno, questo poi è irrilevante).
La domanda è: avevamo bisogno di internet?
Sicuramente in molti oggi possono leggere queste mie fragilissime considerazioni e farsene un’idea proprio grazie ad internet, ma è sempre la scrittura il veicolo. Quello che Galileo assolutamente non poteva immaginare, e neanche Calvino che scriveva a ridosso del nuovo millennio, era che di li a poco, si sarebbe potuto “Parlare con quelli che sono nelle Indie”, ma con un semplice "click".
Il titolo del libro di Calvino, che uscì postumo nel 1988, fu profetico: per l’appunto “Lezioni americane”. Mentre nel 1985 Calvino scriveva le sei lezioni dedicate ad una serie di conferenze da tenere all'università di Harvard, in America (e che poi non si tennero mai a causa della sua morte), lezioni che furono poi raccolte in quel libro, sempre in America si stava per lanciare sul mercato l’invenzione del millennio: internet.
Altra domanda: Calvino avrebbe potuto immaginare cosa avrebbe significato per il III millennio la “rapidità” di cui parlava nella sua II lezione? Oggi con un click si può “Parlare con quelli che sono nelle Indie”, ma per questo bastava già la scrittura. Oggi con un click si può distruggere l’economia di intere nazioni. Questo la scrittura non può farlo.
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