Scrittore Computazionale nasce dall’esigenza di riunire in un unico blog la mia scrittura e la mia chimica e di esplorare quei campi dove più in generale Arte e Scienza cominciano a sfiorarsi. Durante lo studio di articoli e blog alla ricerca di prove della convergenza tra le due culture, ho scoperto At The Interface, un blog di PLOS, una rivista scientifica open-access di tutto rispetto.
In uno degli ultimi posts, Johanna Kieniewicz suggerisce alcune ragioni per cui gli scienziati possano trarre vantaggio dall’interazione con l’arte e gli artisti. La blogger indica tre elementi: l’apertura verso l’arte aiuta gli scienziati a contestualizzare la propria ricerca e a comprenderne l’impatto nella società, migliora la capacità comunicativa dello scienziato e la sua abilità nella ricerca scientifica.
Non è un caso, e sono solo un paio di esempi, che la Federation of American Societies for Experimental Biology ha lanciato BIO-ART, un concorso per la migliore immagine scientifica o che il CERN abbia aperto un programma di “Digital Arts Residency”.
Da ricercatore, sono fermamente convinto che lo scienziato debba uscire dal suo laboratorio, tenere gli occhi bene aperti e vedere ciò che gli accade attorno. E poi una birretta con un amico artista non può che fargli bene.
Dialogo: lo scienziato impara dall’artista
Lo scienziato trascorre mesi in laboratorio a produrre dati. Poi, soddisfatto che l’esperimento sia venuto bene, si ritrova con migliaia di punti in un grafico a cercare un trend. Inizia così il gioco della visualizzazione dei dati che può decidere le sorti di mesi di ricerca. Lo stesso set di dati, rappresentato in modo diverso, conduce a una schiacciante vittoria o a una miserabile sconfitta. L’estro dell’artista può allora diventare un prezioso alleato nella visualizzazione creativa di un pugno duro di dati, trasformando un monologo astruso in un dialogo avvincente. Su Wired Science, alcuni esempi spettacolari di Science Visualization.
Suspense: lo scienziato impara dallo scrittore
Being able to understand science is to create metaphors, essere capaci di comprendere la scienza significa creare metafore, dice Adam Bly in un’intervista al blog Big Think. Come si fa, si chiede Adam Bly, a spiegare l’universo a 11 dimensioni della Teoria delle Stringhe? Un universo a 11 dimensioni è un oggetto che non riusciamo a immaginare e che non sappiamo come rappresentare. La scienza è cioè arrivata a un grado di complessità tale che a volte occorrono nuovi linguaggi per raccontarla, linguaggi che non sempre gli scienziati hanno appreso.
Questo è uno dei casi in cui la mia personale schizofrenia, chimica-scrittura, mi è venuta in aiuto. Spesso, al momento di raccogliere i miei risultati in un articolo scientifico, ho immaginato il testo come un racconto: ritmo, suspense e trama sono diventati degli strumenti per incuriosire il lettore-scienziato, esprimere chiaramente i passi più complessi con delle metafore e veicolare un messaggio con efficacia. Ne sono convinto: le doti narrative di uno scrittore e la sua creatività nell’immaginare metafore possano venire molto utili allo scienziato.
Empatia: lo scienziato impara dall’attore
Lo vedi spesso alle conferenze. È un po’ gobbuto, con quella giacca larga e le maniche che gli coprono le mani; gli occhiali marroni, grandi, gli scivolano sul naso. Al microfono tossisce un paio di volte e quando parla, con quella bocca pastosa, lo scienziato riempe la sua lezione di incidentali mai terminate, di cioè e di avverbi superflui.
Non è forse una cattiva idea allora imparare dagli attori come mostrarsi sicuri davanti a un pubblico, come parlare con chiarezza, come saper controllare i nervi che, vi assicuro, ballano quando da studenti di dottorato vi trovate di fronte al “Professore”, quello che ha fondato il campo della vostra ricerca.
Non è solo questione di orazione, si tratta di imparare ad essere empatici. L’empatia, sostiene Sylvie Leotin, scienziata, ballerina e blogger all’Huffington Post, è una peculiarità dell’innovatore: sentire le difficoltà è il primo passo per superarle. E, proprio come un attore, (o come un ballerino, nell’articolo di Sylvie Leotin), lo scienziato deve raggiungere il cuore del pubblico affinché il suo messaggio venga accettato.
Arte e Scienza: la fusione
Questi sono solo alcuni esempi, ma per uno scienziato i benefici di aprirsi al mondo e all’arte sono innumerevoli. E sono innumerevoli i benefici di aprirsi alla scienza per un artista. Ed è proprio questa parola, interazione, il primo step verso una reazione esotermica, una fusione delle due culture che produca un nuovo composto, qualcosa di molto simile a quella che John Brockman chiama terza cultura. Da qui comincia la mia esplorazione, da quei mondi fantastici in cui Arti e Scienze stanno già fondendosi, producendo un’energia che irradia in tutte le direzioni.
Cosa pensi della fusione di arte e scienza, sta davvero accadendo? Possono davvero gli scienziati imparare dagli artisti o credi che arte e scienza siano troppo diversi? Se ti va, condividi la tua opinione nei commenti.
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