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Diamo tempo al tempo

Creato il 06 marzo 2014 da Speradisole

DIAMO TEMPO AL TEMPO

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Al partito dei “cittadini” e della democrazia  diretta, manca completamente il concetto di dissenso interno.

Lo chiamo partito e non movimento,  anche se “loro” insistono sul concetto di movimento, perché chi compete per  le elezioni per la gestione diretta del potere, è un partito. Un movimento se vuole restare tale, resta fuori dal Parlamento.

Un partito, specie poi se se la sente di rappresentare 8 milioni di elettori, è una organizzazione complessa. E come organizzazione complessa, per sopravvivere, ha necessità di regole, ruoli e responsabilità ben chiari.

Dalla mancanza di chiarezza di queste regole  discende il difetto “genetico” del m5s. Genetico perché riguarda la sua genesi.

Com’è nato il m5s? Su iniziativa di un privato, che contando sulla sua popolarità nata dalla comicità, e potendo contare su risorse personali e su un blog che vanta numerosi visitatori, ha trasformato i suoi appuntamenti comici, in tanti “vaffa” ed è riuscito a cavalcare il malcontento crescente e dilagante, al punto tale, da incanalarlo in un partito politico.

Il cosiddetto non statuto è solo una trovata per far credere a qualcuno che i membri siano tutti alla pari, ma in sostanza diventa la strada dritta verso l’anarchia interna alla organizzazione. Da qui nasce quindi la necessità di istituire una diarchia in cui ci sono 1 o 2 attori che sono più forti degli altri. Il m5s si muove tra questi due estremi. O il caos dell’anarchia o la necessità del partito padronale.

Nel caso del m5s, il leader è il padrone del partito, ma non ha alcun ruolo né nel partito né nelle istituzioni, tuttavia diventa colui che va a discutere col capo dello Stato, o col capo del governo.   E se qualcuno di quelli che siedono in Parlamento  prova a dire che si poteva tenere un’altra linea (per esempio nei confronti di Renzi), il padrone, dal suo divano di casa, scomunica ed espelle i dissidenti.

Quindi non c’è da sorprendersi se alcuni senatori del m5s sono stati espulsi, perché hanno fatto emergere quei difetti genetici che stanno alla base della nascita del m5s, cioè il rapporto tra il partito e il leader, rapporto che non ha regole ben definite, come invece l’organizzazione complessa del partito stesso, richiederebbe.

Alcuni commentatori si sono chiesti qual è la differenza tra questi dissidenti cacciati e Pippo Civati, dissidente nel Pd. Innanzitutto  nel partito democratico esiste uno statuto. E’ prevista una direzione nazionale che prende le decisioni a maggioranza e determina la linea del partito. Quando Renzi ha sostituito Letta, la direzione nazionale ha sfiduciato Letta, proponendo Renzi, per un nuovo governo. Questa decisione, presa a maggioranza, non è stata condivisa da Civati,  che non è stato espulso. In direzione nazionale  si è votata la mozione Civati  che si è trovato in minoranza. Nessuno processerà o espellerà Civati per questo. Con ogni probabilità sarà Civati stesso ad andarsene, per le evidenti dissonanze politiche con la maggioranza della direzione nazionale del Pd.

Nel m5s, invece, non esiste un organismo nazionale in cui si prendono le decisioni, tant’è che mentre i parlamentari si riuniscono per decidere sulle consultazioni o sulle espulsioni, il loro capo, a loro insaputa, lancia le consultazioni online (dal suo blog personale e a suo piacimento), di fatto delegittimando ogni decisione dei parlamentari. Gli ultimi 4 senatori infatti sono stati espulsi, per aver espresso una opinione differente. Si tratta di un’opinione non di una scelta politica.  La loro colpa è quella di “aver avuto un’opinione” personale.

Chissà se i componenti di questo partito che si definisce democratico per eccellenza, si rendono conto che vengono espulsi per una diversità di opinione e non per differenze sostanzialmente politiche, come invece sono quelle di Civati nel confronti della direzione nazionale del Pd.  Difendere Grillo anche quando è indifendibile, non fa onore a nessuno e soprattutto non fa bene ad un movimento che si è preso il potere attraverso le elezioni  e che deve quindi rispondere anche a quei milioni di persone che l’hanno votato e non solo a due guru che mettono le catene ai polsi dei loro parlamentari.

Oggi,  6 marzo 2013, Grillo mette alla porta altri 5 pentastellati  (Laura Bignami, Alessandra Bencini, Monica Casaletto, Maria Mussini e Maurizio Romani).   Senza alcuna consultazione online, con la seguente giustificazione:: «Si sono isolati e non possono continuare a essere rappresentanti ufficiali nelle istituzioni».

Ma di quali istituzioni parla Grillo, visto che fanno parte del sistema che vuole distruggere e che il Parlamento, secondo lui,  è morto?

Diamo tempo al tempo.



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