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Diario africano/16 - Di pozzi e pozzanghere

Creato il 17 ottobre 2014 da Mapo
A volte i pensieri sono come sassi pesanti, macigni che sedimentano e, nonostante tutto, restano. Anche quando vogliamo che scompaiano e smettano di darci fastidio.
Altre volte, improvvisi, si levano dal letto dove siamo sdraiati fissando il soffitto e cominciano ad affollarsi in una stanza chiusa. Sono abbastanza leggeri da svolazzare a mezz'aria un po' ovunque, come pappagalli colorati e rumorosi. Non si può fare altro che fermarsi un attimo e provare a "buttarli giù", prima che, aprendo la porta per andare a fare qualcosa altrove, scappino via per sempre.
Questo pomeriggio ero seduto in veranda e leggevo un libro arancione. Si chiama 28 giugno a Sarajevo; è un bel libro che ho quasi finito e che ripercorre in una sapiente, audace finzione letteraria, i fatti che fecero da preambolo al primo conflitto mondiale. A partire da quegli spari diretti contro l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico, una domenica mattina di 100 anni fa.
Ho avuto le vertigini: trovarmi a leggere di cose così lontane nel tempo e nello spazio mi ha fatto sentire quasi in imbarazzo. Qualcosa nello stesso tempo assurdo e bellissimo.
Diario africano/16 - Di pozzi e pozzanghere
Allora ho fatto un discorso.
- Ci pensi mai al grado di apertura che il nostro pensiero esprime nel leggere un libro che parla di una guerra iniziata nei Balcani 100 anni fa sotto una veranda nel bel mezzo dell'Africa nera?
- ....
- Sul serio, forse sono troppe le cose che diamo per scontate;
- ...
- Per esempio, prendi un ipotetico mio coetaneo di 50 anni fa: probabilmente mi vede alla stessa distanza degli extraterrestri. E io non sono verde, o almeno non credo. Il mondo procede velocissimo, è una giostra divertente da matti, ma che può alla lunga fa venire il vomito. Forse neanche si può scendere a tirare il fiato per un attimo.- Un calcinculo?
- Qualcosa del genere, se rallenti c'è sempre qualcuno che arriva da dietro e sono dolori. Tutto riguarda l'idea che abbiamo della cultura (nel senso più ampio del termine);
- "Cul" mi sembra comunque la parola chiave!
- Secondo me si può immaginare come qualcosa di solido, con una sua estensione spaziale nelle tre dimensioni. Pensa a un parallelepipedo vastissimo, ma poco profondo. Ci si può camminare sopra, andare dovunque senza sprofondare mai più di qualche centimetro;
- Tipo il mare della Sardegna?
- Cosa c'entra il mare della Sardegna?
- Ma si, con quelle spiagge di sabbia lunghissime e il fondale che scende piano piano, tanto che puoi camminare per centinaia di metri verso l'orizzonte e ancora toccare. Non affogare (quasi) mai
- Esatto: ci si lascia contaminare da ogni cosa, vicina o lontana che sia. Quasi senza criterio, a volte passivamente, in apparenza soddisfatti. La realtà, o forse, meglio, le realtà!, diventano una serie di elementi citati a casaccio buttati dentro un calderone in cui tutto è relativo, importante e fondamentale.- Che poi è un po' come dire che non lo è niente!- Appunto: mangiamo avidamente e alla fine, sul fondo, non rimane nulla; Cos'era questo rumore?- Il mio stomaco, mi sta venendo fame!- E dopo il ruttino finale, liberatorio, ci troviamo con la pancia piena a chiederci chi siamo davvero. Si può sapere un poco di tutto come un laureato in filosofia, oppure essere il massimo esperto mondiale di aspergillosi in pazienti tisici, come quello che ha fatto lezione oggi al meeting del sabato qui a Gulu;
- Come una pozzanghera e un pozzo!
- Cioè?- Le pozzanghere, con tutta la pioggia che scende qui, sono vastissime, ma se ci metti un piede sopra mal che vada ti bagni le scarpe. I pozzi, invece, spesso sono larghi anche meno di un metro, ma a guardarci dentro ci si perde senza vedere la fine;
Diario africano/16 - Di pozzi e pozzanghereCredo di essere una pozzanghera. Una scelta che, mi rendo conto, rende un po' dozzinali. Del resto i pozzi, nella società i google, amazon e wikipedia, sembrano una specie in via di estinzione. Il sapere fatica a trovare una strada abbastanza larga per progredire, e di questo passo rischia di perdersi del tutto.In termini evolutivi, per esempio, la pozzanghera la fa da padrone. Sarà più facilitato a dare seguito alla specie un individuo versatile in grado di "cavarsela" quando calato in svariati scenari. Aggirando i problemi, persino, invece di risolverli. La dedizione nel prendersi il tempo necessario per studiare una questione e, di fatto, risolverla, è un atteggiamento che non paga più di tanto;
Attingere e nutrirsi di tutto. Onnivori fino alla morte, che se ci dicessero domani di partire per New York saremmo capaci di andarci su due piedi, senza nemmeno cambiarci le scarpe sporche di questa onnipresente terra rossa ugandese. Vivere una vita che assomigli a una canzone di Jovanotti.Galleggiare, talora piuttosto bene; in una conversazione davanti a una pizza o sul lavoro, poco importa. Il pozzo è uno che conosce tutto lo scibile di un argomento, ma lo espone balbettando e, una volta interrogato, rischia di poter esprimere al massimo un nuovo granello di forfora. La pozzanghera, invece, si mette il fonendoscopio al collo come se fosse una collana, si gratta le tempie come se stesse per farne sgorgare verità assolute e si butta. A costo di sbatterla, quella testa.In apparenza sembra un atteggiamento dinamico, sempre pronto a saltare sul vagone del primo treno che passa. In verità attende sempre la prossima cosa che arrivi a contaminarlo.Tutta questa attività, di cui si vanta postando foto su Facebook o nelle chiacchiere tra amici, è solo un eterno atteggiamento da spugna. Non fare niente, solo si lascia bagnare. Ma guarda come è bella gonfia!(Le metafore idrauliche sono sempre le migliori)
Che poi, a te non piacerà l'immagine delle pozzanghere, ma hai mai provato a guardarci dentro al tramonto? Altro che il buio di certi pozzi; persino qui, dove il fango imperversa e il suolo è tempestato di bottiglie di plastica e suole di vecchie scarpe, si vede il cielo, con le sue nuvole colorate. Si ha l'impressione di contenerla, tutta questa bellezza.

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