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Il 27/11/2013 passerà alla storia. Rappresenterà forse il futuro anniversario della conclusione del ventennio berlusconiano? Le vie del signore sono infinite, e lo stesso Berlusconi garantisce di no. Sicuramente però è l’ultimo dei 7166 giorni dell’avventura parlamentare del Cavaliere.
La discussione nell’aula del Senato è iniziata in mattinata dopo che, con la votazione di fiducia della sera precedente sulla legge di stabilità, il capogruppo Brunetta aveva formalmente dichiarato la fine delle larghe intese. Nei corridoi del potere quest’oggi i rappresentanti dei due maggiori, e di nuovo contrapposti schieramenti, si impegnavano a trovare una qualificazione di “intese” maggiormente aderente alla nuova situazione politica. Chi parlava di intese non più larghe,ma sicuramente più solide, e chi invece preferiva piuttosto il termine disattese.
Quasi sei ore di discussione, prima del voto definitivo. Diverse sono state le vicende e le motivazioni che hanno prodotto una bagarre inevitabilmente più accesa del solito. I senatori Formigoni e Bondi sono quasi arrivati alle mani. Oggetto invece di varie invettive provenienti dai banchi di Forza Italia sono stati gli esponenti di Nuovo Centro Destra e i senatori a vita. I primi accusati di succube tradimento (pur votando contro la decadenza, essi si macchiano comunque della colpa derivante dal sostegno invariato al governo Letta); i secondi di miserabile accanimento, facendo leva sulla loro presenza giudicata strumentale, visto il loro alto tasso di assenteismo.
Pierferdinando Casini, insieme ad alcuni esponenti di Scelta Civica, e tantissimi forzisti, hanno cercato di ottenere una sospensione dei lavori, in attesa della sentenza irrevocabile della Cassazione sull’interdizione dei pubblici uffici, che sarà emessa al più tardi a febbraio. Ma niente è servito, nessun intervento è riuscito a convincere in senso opposto ai loro intendimenti i parlamentari PD e M5S, che anzi si sono sempre più barricati sulle posizioni del loro partito di appartenenza.
Alle 16:40, proprio mentre in Aula aveva preso la parola Anna Maria Bernini per le dichiarazioni finali del gruppo FI sull’imminente votazione, Silvio Berlusconi (ancora senatore per qualche minuto) saliva sul palco della manifestazione organizzata ad hoc in via del Plebiscito, di fronte a Palazzo Grazioli (la sua residenza romana).
Ai molti sostenitori accorsi da tutto il Paese, nonostante il freddo, il vecchio leader, visibilmente commosso, ha promesso che non sarà un seggio parlamentare a fermarlo. Farà insomma come Grillo o Renzi, leader indiscussi pur fuori dal Parlamento. Ha ricordato la sua lunghissima e primatista storia processuale, ha inveito contro la magistratura e contro la sua corrente eversiva. Ha denunciato l’inapplicazione ad personam di principi fondamentali dell’ordinamento, come quello di irretroattività, e lo scandalo del voto palese. Si è nel contempo detto certo di una revisione della condanna, visti i nuovi 12 testimoni che presenterà alla Corte d’Appello di Brescia. Ha infine concluso con un perentorio ed evocativo: “Andiamo avanti!”
In Aula intanto, dopo l’intervento della Bernini e quello immediatamente successivo di Zanda, i senatori forzisti, allo stremo tentativo di evitare un provvedimento ormai inevitabile, tutti come ultimi capitani ad abbandonare la nave che affonda, istruiscono una vera e propria battaglia procedurale, che però non convince il presidente Grasso.
Alle 17.43 è la stessa voce di Grasso a dichiarare decaduto Berlusconi Silvio dalla carica di senatore.