La prima città del Sud America che ho visitato con in mano le mie stampelle é stata León, proprio dove tra l’altro mi sono rotta il piede. Con il gruppo di Avventure nel Mondo abbiamo scelto un piccolo alberghetto situato in una posizione centrale della città: Terrazza di Meme (10 dollari a persona), un posto molto carino con camere abbastanza spaziose e pulite. Unico neo: non viene servita la colazione per cui bisogna spostarsi in un locale a qualche isolato dall’albergo se non si vuole rimanere a digiuno.
Ho avuto solo una mezza giornata per scoprire León ma tanto è bastato affinché questa fiera cittadina del Nicaragua mi conquistasse. Non potendo camminare agilmente ho concordato un itinerario con un tassista che mi ha accompagnata nella scoperta di quella che fu la prima capitale del Paese.
Ad essere precisi non fu proprio quella Leon che oggi tutti visitano la prima capitale di questo stato, ma una città omonima situata in un luogo diverso e che fu colpita da diverse calamità, tra le quali il terremoto del 1580 e l’eruzione del vulcano Momotombo nel 1610. Quest’ultimo seppellì totalmente la città costringendo i superstiti a ricostruire l’attuale León nella sua attuale posizione.
Aggirandosi per il centro città la caratteristica che spicca subito sono i numerosi murales di matrice indipendentista, ancora oggi visibili sulle pareti di molte case. León fu infatti una roccaforte del partito sandinista e diede anche i natali a molti personaggi di spicco della storia politica del Nicaragua. Ci si rende subito conto di trovarsi in una città focosa ed appassionata, dal carattere forte e dalla personalità indipendente. Se si unisce questo al suo fascino coloniale decadente si impara subito ad apprezzarla molto.
Una bellezza che va al di là delle incantevoli chiese, dalle vivaci piazze e dalle case basse e colorate del centro storico. È una città che ha molto da raccontare, che nasconde una storia appassionata e a tratti anche dolorosa ma che, nonostante tutto, conserva una forte fierezza.
León é conosciuta anche come la città delle chiese e questo perché ne conta ben sedici, quasi tutte degne di nota. La più famosa, da inserire necessariamente nel proprio itinerario, è la Cattedrale Santa María de Gracia che vanta il primato per essere la chiesa più grande di tutto il Centro America. Anche questa cattedrale ha una storia travagliata, esattamente come la città che la ospita. Quello che si può ammirare oggi è infatti il suo quarto rifacimento, mentre la prima cattedrale fu incendiata e completamente distrutta dai pirati.
Sebbene la cattedrale sia la più grande, non è però la chiesa più bella di León. In cima al podio io metto infatti la Chiesa della Riconciliazione (Iglesia de la Recollecion) che accoglie i visitatori con la sua facciata dipinta di giallo intenso per poi ospitare nei suoi interni uno degli esempi più sorprendenti di Barocco messicano.
Ci sono altri due posti che vanno inclusi nella visita di questa città: il Museo delle leggende e delle tradizioni e il Mercato di San Juan.
Il museo è un luogo molto singolare e già per questo vale la pena di essere visto: si entra in un cortile all’interno del quale grandi statue di carta pesta si ergono per dare il benvenuto ai visitatori e non lasciano presagire l’intensità dei murales che si trovano invece all’interno. Questi dipinti raccontano i metodi utilizzati dalla Guardia Nacional per torturare i prigionieri.
Il mercato, come la maggior parte dei mercati del Centro America, è un insieme di stoffe variopinte, di bancarelle che espongono frutti tropicali e oggettistica varia. Quello che rende particolare questo mercato è la sua posizione, poiché alcuni banchi sono inseriti in quella che una volta era la stazione ferroviaria della città. Qui inoltre si possono trovare negozi che sembrano essere usciti da un’altra epoca sia per l’arredamento che per la merce esposta.
Le ultime righe di questo articolo le voglio però dedicare a quelle vecchiette sedute sulla panchina di fronte alla cattedrale che, vedendomi zoppicare, mi hanno offerto i loro bastoni e mi hanno invitata a fare una pausa ristoratrice seduta accanto a loro, felici poi di rivedersi in qualche scatto della mia macchina digitale.