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Diario di tesi - la prima mazzata

Da Pythia
Dieci giorni fa consegnavo al relatore tutta orgogliosa l'abbozzo del primo capitolo di tesi: oggi avevo appuntamento con lui per la verifica di quanto avevo scritto e una nuova, anche se più misera, consegna.
Appena seduta nel suo studio, il prof mi porge un blocco di fogli che avevano tutta l'aria di essere stati stampati con inchiostro rosso. Che strano, penso, io avevo usato la stampante in bianco e nero.
Prendo con due dita lo scritto, e a un palmo dal naso mi accorgo che si trattava proprio del mio elaborato, tutto corretto a penna rossa. M'è venuto un colpo, e i brividi che mi hanno percorso la schiena non sono stati affatto piacevoli nonostante l'afa del meriggio padovano.
Troppo sintetica. Troppe ingenuità. Troppo schematica.
La nota va messa prima della punteggiatura.
La voce bibliografica va scritta in un altro modo (sì, lo so, poi ho corretto: se tu mi dai le istruzioni sbagliate non è colpa mia no?).
I riferimenti ai documenti di archivio devono essere segnati così e cosà - dirlo prima che io andassi in archivio pareva brutto?
Niente note di colore, lasciamole agli altri.
Niente pubblicazioni di basso profilo ché fanno fare brutta figura.
Mi ha corretto pure la forma, e va bene che ultimamente scrivo o sul blog o su Wikipedia, ma l'italiano mi sembra di saperlo più che discretamente.
E poi via con la lista di volumi da consultare, che di questo passo marcirò in biblioteca.
Vorrei tanto che sul mio balcone ci fosse una pianta di menta, e che al supermercato qua sotto avessero i lime, così mi svaccherei sul pouff e raggiungerei l'oblio a base di mojito.
Che ingiustizia.

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