Nota di Alberto: Gianluca mi ha contattato qualche tempo fa, dicendomi che inizialmente avrebbe voluto aprire un suo diario fotografico online ma che gli era venuta l’idea di chiedermi se potevo ospitarlo qui su FotoComeFare. A me sembrò una buona idea permettere anche ad un non professionista di condividere le sue esperienze, condivise in realtà da molti altri fotografi.
Così, oggi comincia una serie di articoli con cui Gianluca ci racconterà la strada che ha seguito per entrare nel mondo della fotografia. Potrai conoscere quali sono le difficoltà che ha incontrato e come le ha superate, perchè Gianluca ti racconterà per filo e per segno le sue decisioni.
Se vuoi anche tu condividere qualche racconto fotografico, fatti avanti. Inviami la tua proposta attraverso la pagina dei contatti.
by Adam Melancon
Fino a poco tempo fa non ci avrei mai pensato. Non riflettevo sul fatto che una bella foto potesse essere un ricordo di un viaggio, di una festa o anche solo di una rilassante passeggiata pomeridiana.
Avevo la mia compatta comprata solo perché piccola e in offerta. Me la portavo dietro spesso e, ovviamente, in viaggio era sempre con me. A volte scattavo qualche foto bella, in qualche situazione addirittura notevole. Poi però capitava che volessi fotografare un monumento o un edificio, ma non riuscivo a inquadrarlo tutto.
A volte volevo fotografare la mia ragazza davanti ad un bel paesaggio, ma dovevo prenderla per forza in primo piano e fare miracoli con lo zoom. Poi però, quando mi capitava di prendere in mano altre macchine, sempre compatte, di amici o di gente che semplicemente mi chiedeva di scattare foto in giro, vedevo che su alcune il monumento entrava tutto, o che lo sfondo risultava più vicino o più ampio.
Allora mi chiesi il perché.
Perché loro avevano delle macchine migliori della mia? Perché con quelle era così semplice? All’inizio pensavo che ci fosse una ragione sola e che, semplicemente, una macchina più cara fosse migliore.
Allora, armato di google e della mia ignoranza mi misi a cercare di capire come potessi, anche io, fare delle belle foto dei miei ricordi. Mio malgrado, mi resi conto che non era così semplice. Mi piovvero addosso un sacco di termini strani come tempo di esposizione, apertura, stop, DSLR, bridge… Quando sono curioso sono impaziente, e questa gran quantità di concetti nuovi, tutti insieme, mi stava facendo desistere.
Ma il destino è stato mio complice. Erano le vacanze di natale 2011 e, con mio nonno, stavamo parlando proprio di fotografia. Mio nonno è sempre stato un viaggiatore, sia sul mare che sulla terra, e i miei ricordi lo ritraevano sempre con una bella macchina fotografica in mano, allora gli chiesi se avesse conservato ancora qualcuna di quelle macchine.
Mi accompagnò in una stanza, aprì un armadio e dalla polvere tirò fuori una borsa con scritto sopra “Konica Minolta”. Dentro c’era una bellissima reflex analogica degli anni 90, perfettamente funzionante. Mi disse: “Io questa non la uso da più di 10 anni, non ho voglia e uso una compatta, prendila e giocaci”.
Non me lo feci ripetere due volte e la portai con me. Leggendo il piccolo manuale della Minolta, mi accorsi che si ripetevano i concetti di esposizione e apertura che mi sembravano arabo pochi giorni prima ma, con grande sorpresa, tutto era spiegato in modo molto semplice, come se quei concetti dovessero essere illustrati a qualcuno che non aveva mai preso in mano una reflex (ed effettivamente era così).
C’era una foto di un giocatore di calcio con la gamba un po’ mossa e un’altra con la gamba ben definita: una era stata fatta con un tempo di esposizione maggiore dell’altra e quindi nella foto si poteva descrivere questo movimento (finalmente avevo capito a che serve!). C’era una foto di una ragazza con uno sfondo molto sfocato e poi la stessa foto con lo stesso sfondo ben definito: la prima era stata fatta con una apertura maggiore che, come diceva il manuale, conferiva una minore profondità di campo (un’altra cosa imparata, tié! Due in 5 minuti, ero già un fotografo provetto!).
Allora mi armai di rullini (sissignore, di rullini!) e cominciai a portarmela dietro per un paio di settimane. Provando prima i modi semiautomatici, poi manuali… Che emozione quando andai a ritirare il primo rullino sviluppato! Le foto erano venute (non tutte, ma più della metà!) e mi piacevano davvero! Allora decisi di mettermi a studiare sul serio e di comprare una DSLR… dopo altre due settimane ce l’avevo già!