Per parlare di Diario di un sopravvissuto agli zombie bisogna fare un paio di passi indietro. Il primo è la biografia dell’autore: J. L. Bourne, militare di professione, ha partecipato ad alcune delle ultime operazioni militari americane, tra cui quella in Iraq. Per fortuna, ci si ritrova poche volte davanti a dediche condite con un tale senso di patriottismo come in questo caso: «questo libro è dedicato ai miei fratelli e sorelle dell’esercito americano che hanno combattuto e continuano a combattere la guerra globale del terrore in Iraq, Afghanistan, nelle Filippine e in tutti gli angoli oscuri e remoti della Terra».
Il secondo passo da fare è considerare come il romanzo è stato scritto. Impegnato ad uccidere i “cattivi” in giro per il pianeta, Bourne si ispirava al mondo devastato dalle guerre che lo circondava per scrivere su taccuini di fortuna la sua storia di sopravvissuti ad un olocausto zombie. Questi taccuini venivano poi trascritti su di un blog che ha ricevuto subito l’attenzione degli appassionati del genere. Ben presto l’autore ha ricevuto una proposta editoriale che non si è fatto sfuggire. In Italia è stato tradotto ed edito da una casa editrice particolare, Multiplayer.it, specializzata nella pubblicazione di libri tratti da videogiochi (novelizations), spin-off, guide.
Il mondo letterario, mai come oggi, sulla spinta di Twilight e simili, sta vivendo una fase di “horror adolescenziale”, che chiama all’appello tutta quella fetta di scrittori di basso profilo di questa tipologia di racconti e li mette in bella mostra di fianco al best-seller del momento. Nel solco “zombie” scavato da fumetti e telefilm come The Walking Dead o trasposizioni di romanzi, di cui un fulgido esempio è l’attualissimo Warm Bodies, si colloca anche questo Diario di un sopravvissuto agli zombie.
Da appassionato dei morti viventi sono stato spinto ad acquistare l’opera, che si diceva fosse molto realistica e che di sicuro è stata apprezzata dal grande pubblico. La metafora degli zombie come lettura della società contemporanea, ben rappresentata dai primi film di George Romero, è molto potente e vuole dimostrare come il mondo in cui viviamo ci rende schiavi di bassi istinti e che la lotta dei pochi superstiti che hanno ancora una coscienza sia dura e sacrificata.
Nell’operato di Bourne c’è la componente più superficiale, ma non per questo banale, della lotta ai morti che camminano ed il linguaggio che viene usato rispecchia l’esperienza militare e trasuda di una semplicità a dir poco didascalica. Tutti gli eventi descritti vengono riportati quasi come lo facesse l’appuntato di turno, mentre si denuncia uno smarrimento di documenti ai carabinieri.
La fuga del protagonista verso un luogo sicuro, che poi viene infestato dai non-morti, e da lì verso un altro rifugio, che poco dopo diventa un ritrovo di mangiacarne, fino ad un posto che pare essere tranquillo (per adesso) è anche coinvolgente e ti tiene sul filo del rasoio.
Il fatto che il lettore dovrebbe intendere ciò che ha fra le mani come un diario, scritto in rari momenti di serenità di una vita in perenne movimento e allerta, ti fa digerire la pecca della scelta di stile sopracitata.
Un giudizio completamente positivo o negativo non può ancora essere espresso, in quanto la storia è stata divisa in tre volumi che usciranno nel corso del 2013. La promessa che faccio, innanzitutto a me stesso, è quella di seguire, da fan della carne putrescente, l’evoluzione che Bourne ha deciso di dare alla sua storia e, a giochi conclusi, esprimermi senza remore. Una nota di pregio va agli incipit di alcuni capitoli nei quali viene presentata una situazione disperata e solo in seguito ci viene spiegato come si è arrivati ad un personaggio grondante di sangue e pieno di ferite. Spero soltanto che non diventi un’abitudine, creando solo sbadigli invece di un piacevole stupore.
Media: Scegli un punteggio12345 Nessun voto finora