La sera mi s’accende lentamente,
la festa mi si espande internamente
(10° edizione straordinaria),
nulla di nuovo fiuto qua nell’aria.
Gli amici con merende artificiali
si arrendono agli istinti più bestiali
esternati con un verso da cavallo.
È già sveglia la mia cresta di gallo,
s’inarca dura come pietra calcedonia,
pare insolente coda di una volpe
azzurra come i cieli … di Nuova Caledonia?
(non è da me nascondere le colpe,
ma non so di Caledonia Stagionata
che virerebbe al giallo verso sera).
Da cento assaggi di mojito ritmata
la musica si alza e vola via leggera
da rivi di Tequila serbata in sospensione.
Brio smarrito, da occhi tinti di mascara
grondo nuvole di noia e di tensione,
come leonessa ferita coguara*
salita in cima all’albero più alto,
trasudo stille di sangue di cobalto
su cespugli di sentimenti sovrumani
confusi per vie di quartieri suburbani
ai quali non riesco a stare appresso
incerta se aspettare il Grande Amore
o cedere a impulsi irresistibili di sesso.
La coda di volpe cangia di colore,
la sento sgocciolare come un tetto
per gli umori condensati della notte,
s’accascia come vela senza vento.
Quest’ultimo mojito mi consento:
mi volto in giro, punto quello là,
non lo conosco, ma pare che ci sta,
andiamo in giro finché non faccio stop
gli chiedo aiuto per arrivare al top.
Poi torno a casa. Domani, a posteriori,
raccoglierò gli avanzi del week-end
umidi di secrezioni e di sudori,
li mischierò col secco senza brand:**
che in altoforno vengano bruciati
insieme ai miei ricordi frammentati.
*Coguar è il nome inglese del leone di montagna, cioè del puma
** brand (leggi brend) significa marchio di fabbrica; senza brand = indifferenziato
Featured image, la poetessa Marianne Moore, fotografia di Carl Van Vechten (1948)
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