Diario di una fine

Da Eraserhead
Vivo in una casetta a due passi dal bosco. Me l’ha lasciata mio padre facendomi promettere che non l'avrei mai venduta a nessuno. Ho mantenuto la promessa. Sono alto un metro e novantuno per ottantanove chili, faccio il taglialegna. Al mattino mi alzo che ancora non è l’alba, lavoro fino al pomeriggio tardi, a volte prima di rientrare mi fermo in paese a bere qualcosa, a volte no. Alla domenica vado a messa, non mi piace molto però papà ci teneva tanto che io ci andassi, così ci vado che non vorrei mai dargli un dispiacere da lassù. E poi ultimamente prego tanto Gesù perché è sparito il mio gatto rosso Gogol. Il babbo diceva sempre che Gogol era un gatto speciale perché sa parlare con gli occhi, io non lo so, ma mi sembra che tutti gli animali sono capaci di dire con lo sguardo, siamo noi che mica riusciamo a capirli. Comunque a Gogol ci voglio tanto tanto bene perché mi fa compagnia di notte, solo che saran quattro giorni che è scomparso. Sì, a lui piace un sacco gironzolare per il bosco, ma appena c’ha un po’ di fame viene a miagolare dalla porta. Spero che torni presto perché mi manca molto.
Oggi sono successe due cose strane.
La prima un po’ mi ha spaventato. Ero sul trattore che portavo della legna al deposito quando ho sentito un male cane alla schiena. Ho dovuto fermarmi sul bordo della strada per vomitare. Mi è girata la testa per un’oretta, poi sono stato meglio. Anche la seconda devo dire mi ha fatto paura. Saranno state neanche le nove di sera, mangiato poco per via dell'inconveniente di prima, che mi sono sdraiato. Nel dormiveglia avverto un lamento lontano, Gogol!, penso. Sembrava proprio il suo miagolio, apro la porta: niente. Resto immobile e come dei passi veloci si allontanano nel buio delle frasche. Lo chiamo per nome, mi risponde il vento.
Sono tre giorni che non sto mica bene, sempre 'ste fitte alla schiena, devo dirlo al Dottore poi. Stamattina avevo deciso di non andare al lavoro, ma verso le dieci bussano alla porta: era il postino con una lettera. Mancava il mittente, la apro e dentro c'era un foglio che diceva: se vuoi il tuo gatto vieni stanotte all'una sul Ponte Vecchio con cinquecento denari, DA SOLO, o la bestia farà una brutta fine. Dentro anche un ciuffetto di peli arancioni.
Ci sono andato al Ponte, però non ce li avevo tutti quei soldi, non ce li ho proprio! Vabbè, arrivato lì mi sono messo ad aspettare. Passano due tre ore e niente, poi ha cominciato a piovere che il Signore la mandava, ho continuato ad aspettare sotto l'acqua per tutta la notte ma non si è visto nessuno. Con le prime luci sono tornato a casa.
Ho ripreso il lavoro.
Mentre mangiavo il mio panino a pranzo seduto su un tronco, è comparsa la prima elementare al completo con il Maestro. Erano tutti interessati all'impollinazione delle api, ed anche io un po' ascoltavo perché mi piacevano quei discorsi. Poi senza quasi che me ne accorgessi uno dei bimbi si è avvicinato a dove stavo, guardandomi appena mi ha detto di stare attento perché ce l'hanno con me, un secondo dopo il Maestro lo ha richiamato. Non ho capito bene cosa volesse dire, sarà stato uno scherzo.
Terminato di lavorare sono finalmente andato dal Dottore. Mi ha messo sul lettino e ha iniziato a toccarmi la schiena chiedendomi se sentivo dolore... ne sentivo eccome! Dice che tra un paio di giorni andiamo in città per fare dei raggi all'ospedale. Sono contento!, la città è bellissima, ci andrei a vivere se non avessi la casetta di papà.
Domenica.
Al mattino messa. Il Prete parlava che non stavo tanto attento, per poco dormivo. Nel pomeriggio ho fatto una passeggiata nel bosco, adoro camminare sotto le fronde degli alberi che fanno passare i raggi del sole. Magari incontro Gogol, ho sperato. Sono arrivato al Laghetto delle Oche, ci venivo spesso con mio papà. Sotto il sole caldo mi sono addormentato sopra una roccia piatta, devo anche aver sognato, ma non ricordo cosa, spero cose belle.
Alla sera poco appetito, letto presto.
Festa in paese.
Quanta gente c'era! Sono venuti anche da fuori, molti non li conoscevo, molti altri sì. Ad un certo punto sono cominciate le danze, ed io mi sono messo tranquillo a guardare la gente che ballava perché non sono molto bravo in effetti. Però mi sento toccare la spalla, mi giro e vedo la mano tesa di una donna verso di me, era la moglie del Sindaco. Io c'ho provato a dirle che era meglio di no che le avrei pestato i piedi, ma lei niente, mi ha portato in mezzo sussurrandomi di chiudere gli occhi. E così ho fatto, con tanta paura mi sono lasciato guidare dalla Signora, che buon profumo aveva! Oh, avrei voluto ballare all'infinito perché mica le sentivo le altre persone intorno, nono, ero leggero, quasi volavo. Quando la musica è finita ho riaperto e gli occhi e di fronte a me c'era immobile il bambino dell'altro giorno, gli ho sorriso, non mi ha risposto.
Felice com'ero sono tornato verso casa come danzando, però poi è successa una cosa bruttissima. Sul muro della mia casetta era apparsa una scritta in rosso: UCCIDEREMO GOGOL. Mi sono pietrificato dallo spavento. Domani in città comprerò una latta di pittura.
Il Dottore mi ha offerto un gelato dopo l'ospedale. Dice che i risultati dei raggi glieli danno fra una settimana nemmeno, dice che non devo essere preoccupato, e infatti non lo sono! Durante la visita mi sono un po' vergognato perché ero a dorso nudo e c'era un'infermiera bionda con degli occhi azzurrissimi che metteva a posto delle cose, evitavo il suo sguardo ma non so perché. Dopo un giro per la Via Centrale ho chiesto al Dottore di portarmi dove vendono la pittura, mi ha fatto tante domande e io gli ho detto tante bugie. Papà non sarebbe contento.
Dolori fortissimi anche alla pancia.
Appena in tempo di riverniciare la parete che ho iniziato a vomitare sangue. Mi gira sempre la testa e sto bene solo con gli occhi chiusi. Per far passare il male penso a quando trovai Gogol sul ciglio della strada sotto il diluvio. Era un batuffolo arancione che tremava tutto, io ho chiesto al babbo se potevo tenerlo e lui mi aveva risposto solo se promettevo di volergli bene. Io mantengo sempre le promesse. La stessa sera ricordo che mi addormentai al suo fianco, e sentendo il suo cuoricino battere piano mi sentivo felice. Domani vado dal Dottore che sto male, spero di non disturbarlo.
Oggi è il secondo giorno più brutto della mia vita.
Sono uscito poco prima di pranzo che mi sentivo meglio, per sicurezza sono voluto andarci comunque dal Dottore, ma sulla porta c'era un cartello che diceva che stava via tutto il giorno per lavoro. Poco male, penso, il dolore è passato abbastanza.
Contento per un sole caldo sebbene l'inverno fosse alle porte, mi sono incamminato a casa. A 50 metri dalla porta ho visto chiaramente una macchietta rossa accucciata sui gradini. Era Gogol, era lui, si metteva sempre lì quando mi aspettava! Così ho aumentato il passo, e correvo e lo chiamavo, però a neanche un metro se ne stava fermo. Poi ho visto. Era tutto insanguinato, la coda mozzata, il pelo bruciacchiato, una zampetta da cui spuntava l'osso nudo, dalla bocca usciva fuori una bolla quando respirava. Ho capito che stava morendo perché me lo ha detto con lo sguardo. L'ho accarezzato per l'ultima volta sotto il muso che gli piaceva tanto, poi ha chiuso gli occhi.
Non sono riuscito a dormire niente, pianto tutta la notte di fila, non sentivo neanche il male alla pancia, no. Ho seppellito Gogol sotto il castagno dove riposava sempre, quando sto meglio faccio una croce con un ciliegio che è bello resistente.
Penso sempre a Gogol. Penso al male che deve aver sentito poverino, dev'essere nulla in confronto al mio. Io sono alto e grosso, lui era così piccolo, così piccolo...
Oggi il Dottore è venuto con i risultati. È entrato piangendo. Gli ho chiesto se anche a lui era morto il gatto, mi ha risposto che piangeva per me. Dice che ho un tumore come aveva papà, lo stesso uguale! Dice che se vado in una clinica possono diminuirmi il dolore, che mi dà un mano lui che c'ha degli amici lì e mi tratterebbero come un re. Io ho promesso che ci avrei pensato, ma mi sa che stavolta non manterrò la promessa. Non posso mica lasciare la casa vuota io, e poi devo fare la croce col ciliegio. Ho ringraziato il Dottore che mi ha abbracciato, l'ho visto andare via lungo il viale e poi sparire dietro la curva. Sono rimasto un po' sull'uscio. Ormai è inverno, e il sole sembra più pallido attraverso i rami spogli. Inizia a far freddo e ho poca legna per la stufa. Spero che basti.
Vorrei tanto che Gogol fosse qui adesso, mettete dei fiori sulla sua tomba qualche volta.

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