Diario di una ragazza alla pari, parte 2: spendere lo stipendio nei charity shops. #Irista

Creato il 23 ottobre 2014 da Denise D'Angelilli @dueditanelcuore

Quando passi le tue giornate correndo dietro a tre bambini di quattro, sei e otto anni che non vogliono alzarsi, non vogliono vestirsi, non vogliono andare a scuola, non vogliono mangiare e ti dicono che siccome non sei la loro mamma (ah ragazzi’, e menomale, fidati che non ci tengo proprio) non ascolteranno quello che dirai, ti risulta davvero difficile pensare di poter tenere tutti i soldi che guadagni nel portafoglio. Perché si sa che quando le donne prendono una batosta sentimentale cambiano i capelli, quando sono tristi mangiano il gelato al triplo cioccolato guardando film strappalacrime ma soprattutto, in generale, ogni scusa è buona per uscire di casa urlando SHOPPINGGGG e cercare così di allentare la morsa dello stress. A me spendere i miei soldi piace, non lo nego, li guadagno lavorando e mi piace molto vedere la mia fatica trasformarsi in un paio di scarpe nuove, ma visto che non ho partecipato a The Apprentice e quindi non lavoro con Briatore e non ho uno stipendio a sei zeri non posso di certo permettermi di aprire Luisaviaroma e comprarmi le sneakers con le stelle di Stella McCartney. Qui a Londra, per fortuna, ci sono tanti negozi che noi in Italia non abbiamo e che sono parecchio econimici, a partire da Primark (però amiche mie io ve lo dico, la qualità è davvero scadente) passando per Topshop e Forever 21 – ovvero quei negozi che sì hanno uno shop online ma che ogni volta che riempi il carrello e poi arrivi al checkout leggi le spese di spedizione e chiudi la pagina borbottando – ma soprattutto ho scoperto il mondo dorato dei charity shops, quei magici luoghi dove ogni mio desiderio diventa realtà, altro che Disneyland. In molte mi hanno detto “hey Denai quando vengo a Londra passo a citofonarti e mi porti nei negozi dove compri tutte quelle stupidate” ma mie piccole e meravigliose creature che non so per quale ragione vi fidate del mio giudizio, io tra sette giorni sarò a Milano a litigare con i piccioni di piazza Duomo, poi a Roma a farmi dire che sono bellissima da nonno Aldo e a Domodossola a conquistare il titolo mondiale di mangiatrice di polenta, dunque eccomi qua, travestita da fashion blogger, a darvi qualche dritta su dove andare. Stampatevi questo post e usatelo come guida per venire a fare un giro a West Norwood, e poi ringraziatemi dicendomi che sono una donna meravigliosa. West Norwood è questo quartiere del sud di Londra che molti dicono sia in zona 2 e altri dicono sia in zona 3, non che me ne sia mai fregato qualcosa, fatto sta che in trenta minuti di orologio siete a Oxford Circus e in quindici minuti a Brixton.

Appena arrivata la mamma inglese mi ha portata a vedere tutti quei posti che sarebbero potuti tornarmi utili: la stazione della overground, il Tesco dei Single, il Superdrug, quei negozi dove dei signori cinesi ti fanno le unghie alla Rihanna e dove ragazze afroamericane ti tagliano i capelli per dieci sterline e ti fanno una ceretta brasiliana per cinque, e poi ha detto “questa zona è molto famosa per i charity shops, guarda, su una sola via ce ne sono quattro”. Charity che? Il charity shop è un luogo dove puoi portare le cose che non ti servono più, che siano vestiti, scarpe, libri, dvd, collane, oggettistica varia, e il negozio li rivende a poco prezzo. Niente di così strano, insomma, come i negozi vintage. No, perché charity vuol dire beneficienza, quindi tutto quello che guadagnano (o forse una parte, non lo so) va a finire nelle tasche di diverse associazioni, quindi non solo uscite piene di vestiti ma anche con una buona dose di felicità pensando di aver compiuto la vostra buona azione quotidiana.

Mi sono sempre piaciuti i negozi di roba usata, quando mia madre ancora mi rivolgeva la parola spesso ce ne andavamo a Porta Portese a mettere le mani nei mucchioni di vestiti e riuscivamo sempre a fare l’affare, a Roma c’è anche la catena Il Mercatino (il più grande si trova a Largo Preneste) dove io e Angelo abbiamo passato parecchie giornate a destreggiarci tra cravatte firmate, fumetti, libri e dischi. A Milano c’è la fiera di Sinigaglia dietro Porta Genova dove io e Andrea andavamo la mattina presto a comprare i maglioni a un euro, ci sono le bancarelle sui navigli la domenica mattina, c’è  Humana dietro il Duomo.  Da grandissima fan, quindi, prima di venire a Londra ho fatto un’approfondita ricerca, sapevo dei flea market, di Portobello, ma questi charity shops sono stati una scoperta meravigliosa.

Così ieri mattina sono uscita da casa mia e ho percorso la via di casa che sembra Privet Drive, ma in realtà ogni via è così, poi certo la mia è più bella perché ci vivo io. Addirittura splendeva il sole nel cielo dopo parecchi giorni di vento polare, quindi ho preso la mia Canon e me ne sono andata in giro a fotografare quello che ho davanti tutti i giorni. Sono tornata a casa, ho piazzato tutto su Irista così quando tornerò a casa rimpiangerò questi dorati tempi da spendacciona.

Che West Norwood abbia un cimitero molto bello e per niente triste ve l’ho già raccontato, e anche del Tesco dei single (qui ritratto in compagnia di alcune scie kimike).

Di fianco all’ingresso del cimitero troverete uno specchio/finestra utilissimo per scattarsi delle discutibili selfie;

Tutti i posti che sto per mostrarvi si trovano su West Norwood High Street, ovvero la via principale.

Ho pensato di entrare nei negozi che amo e dire “hey ciao! Sì sono proprio io, la ragazza sempre in pigiama che vi ha lasciato tutti i suoi stipendi settimanali. Siccome vede, io nella vita vera sono anche una blogger (AHAHAAHAHAH) e sto scrivendo un post su West Norwood, posso fare qualche foto?” ma sono uscita di casa con una polo fuxia con della ananas disegnate sopra quindi forse non mi avrebbero presa troppo sul serio, e poi mi sono vergognata troppo, così mi sono appostata fuori come un paparazzo e questo è il risultato.

(Nel caso in cui siate particolarmente religiosi, a differenza mia, proprio nel centro del quartiere si trova una strana chiesa con le porte rosse e un cartello all’ingresso che recita “Jesus is a life giver”, se lo dite voi.)

La prima tappa si chiama L’arche London e non ho ben capito cosa sia.

In vetrina troverete delle bellissime candele (delle quali a me non frega nulla, ho superato la candelomania anni fa quando ho scoperto gli incensi e i diffusori e ho abbracciato, anche se solo per pochi mesi, il buddismo) ma ciò che mi ha attirata sono stati quei filati lì. Ne ho comprati tre perché mi sono messa in testa di voler iniziare a creare maglioni, berretti e sciarpe ma ancora non ho capito come si fa e quindi ora sono disperata perché non so come metterli in valigia.

Proseguendo e attraversando la strada troviamo Fashion Clicks, un nome a dir poco orrendo per un negozio che, se siete come me, vi farà uscire gli occhi fuori dalle orbite. I suoi prezzi un pochino troppo alti per le mie finanze non mi hanno permesso di acquistare nemmeno una molletta pe capelli, ma magari per Natale potreste regalarmi questa MERAVIGLIOSA longuette:

o una di queste borse con i fenicotteri:

A pochi passi c’è un cafè francese chiamato Cul de Sac dove non solo potrete bere il caffè al caramello, ma anche mangiare torte gluten free. C’è la free wifi e oh, un pit stop in una mattinata di shopping è necessario.

Qualche passo più giù c’è il Floral Hall. Io non sono una grande fan dei fiori in casa perché mi fanno starnutire e perché sono così fricchettona che vederli recisi mi fa stare male, ma è tutto così colorato e mi ricordaAshton Kutcher in quel filmaccio su San Valentino:

Finalmente, dopo tante chiacchiere, arriviamo a questi benedetti Charity Shops. Il mio preferito si trova si chiama RSPCA e credo che prima o poi metteranno un cartello all’ingresso con un foto montaggio mio e di Teresa circondate da cani e gatti. Infatti acquistando qui aiuterete gli animaletti senza casa e scusate ma essendo una vegetariana questo mi ha sempre motivata ancora di più. Questo è il luogo dove ho trovato vestitini di Primark, h&m e asos ma anche marchi molto più costosi tipo M&S a cinque sterline e in perfette condizioni, e anche i libri di Harry Potter a una sterlina e i dvd allo stesso prezzo. La sezione libri e dvd è davvero fornita, roba che occupa una parete intera di un negozio bello grande. Alla cassa c’è un signore molto gentile che vi fa provare anche più di tre capi alla volta, nonostante sulla porta del camerino ci sia un cartello grande come mezzo negozio che chiede espressamente di fare il contrario. Bottino: decine di vestiti, tre libri di Harry Potter – due a una sterlina l’uno e l’altro a cinquanta centesimi-  dvd di Scott Pilgrim e Maria Antonietta a una sterlina. Ci ho lasciato davvero tanti soldi, ma ne è sempre valsa la pena.

Il secondo negozio dista cento metri e si chiama Geranium. Qui l’aiuto va alle persone non vedenti, come si evince dal cartello che troverete fuori dalla porta:

Geranium è molto incasinato e nemmeno troppo pulito, entrando vi arriva al naso una zaffata di odore di chiuso e muffa che non è proprio la cosa migliore del mondo, ma nasconde delle chicche davvero interessanti. Ho sempre sorvolato il reparto vestiti dedicandomi a libri, dvd e oggettistica varia. Bottino: tablature per chitarra del Blue Album degli Weezer a cinquanta centesimi (e a quelli che dicono che io non sia una bella persona voglio solo dire che lo regalerò a una persona che con gli Weezer ci sta in fissa ancora più di me), dvd di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban edizione speciale due dvd a due sterline (ed è anche il mio film preferito della saga!), zaino dei Serpeverde (e anche se io sono Grifondoro non ho potuto resistere alla tentazione di essere perculata dal 90% delle persone che conosco, e costava solo due sterline) e addirittura una pochette da femmina a cinquanta centesimi.

Infine l’ultima tappa: Emmaus. In cento metri ce ne sono ben tre: questo l’ho visitato solo una volta perché vende mobili e purtroppo la libreria che mi piace tanto e che costa solo dieci sterline non posso metterla in valigia, ma se come me siete amanti dei negozi di mobili allora buttateci un occhio. A fianco troverete il Madison’s che anche lui ha in vetrina una scrivania nera minimal che mamma mia le lacrime ogni volta che ci passo davanti.

Questi sono gli altri due: quello delle robe elettroniche e quello dell’abbigliamento. Nel primo ci trovate dai pc usati ai forni a microonde ai frigoriferi, e anche qui purtroppo quella lavatrice anni ’50 ho dovuta lasciarla in negozio.

L’altro, infine, è quello che mi interessa di più, quello che vende vestiti, scarpe e accessori. In questo buchetto scuro e grande quanto un cesso del Mc Donald’s, dove se vuoi provarti le cose devi usare lo stanzino minuscolo prima del bagno, ho trovato un meraviglioso maglione hipsterissimo che era blu elettrico e poi quando l’ho lavato in lavatrice è diventato grigio per non so quale assurda legge della fisica, ma adesso mi piace anche di più, una gonna anni ’50 verde smeraldo a vita alta che mi fa sembrare magra e la meravigliosa eco pelliccia rosa da Regina George soooo fetch. Ho speso dieci sterline in tutto, non odiatemi.

Insomma questa è West Norwood. In finale: dovete avere culo. I vestiti sono di una sola taglia e se non è la vostra allora ciao, spesso sono macchiati o bucati e se così non fosse non costerebbero una sterlina, ai libri può mancare qualche pagina e i dvd possono essere tutti rigati, controllate prima di comprare, sempre. Se volete che le cose siano perfette come nuove beh, questi non sono proprio i luoghi giusti per voi.



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