QUALCUNO SALVI QUESTO FILM!
E' un'opera particolare e coraggiosa, capolavoro d'impegno sia cinematografico che scientifico del Cinema Italiano. Vincitore di 2 Nastri d'Argento, 9 International Awards, candidato all'Oscar nel 1969, è introvabile! Le Edizioni Paoline da me più volte contattate hanno interrotto la stampa alle vecchie vhs e non ne hanno più. La produzione di dvd non è mai avvenuta né è prevista. Un delitto non poterne disporre e diffonderlo. Spero che qualcuno possa veramente fare qualcosa, io nel mio piccolo più che gridarne la necessità non posso.
Il film non è un documentario, ma la fedele trasposizione del romanzo omonimo "Le journal d'une schizophrène" (1951) di Marguerite Andrée Séchéhaye. La storia di un caso clinico seguito dalla stessa autrice, che fu allieva di Sigmund Freud e nella storia userà lo pseudonimo di Madame Blanche. Nelo Risi (che è laureato in medicina, n.b.), che a lungo risiedé in Svizzera, incontrò personalmente Marguerite, un incontro che definì "capitale", e decise di farne un film. Con che tipo di rigore? Leggete cosa ne disse Alberto Moravia all'uscita: “Nelo Risi ha fatto un film di puro contenuto, cioè un film nel quale il diaframma stilistico è ridotto ai suo massimo grado di trasparenza e di naturalezza a tutto vantaggio della rappresentazione oggettiva del caso clinico. Ma il contenuto in compenso è stato decantato e ordinato con un rigore e una chiarezza che equivalgono a un atteggiamento stilistico. La qualità principale del film sta secondo noi nell’avere saputo creare un rapporto dialettico tra dottoressa e malata, tra malattia e cura. Questo rapporto esiste nella realtà; tutti coloro che hanno sofferto di qualche prolungata infermità conoscono l’angoscioso alternarsi delle guarigioni e delle ricadute. Ma è merito di Risi di aver recuperato, oltre al caso clinico, l’atmosfera drammatica propria di questa lotta tra le forze della vita e quelle della morte”.
Importante il contributo, come consulente, di Franco Fornari, allievo di Cesare Musatti che è considerato il primo fondatore della psicanalisi italiana.
(Nelo Risi sul set con le 2 protagoniste)
Anna, questo il nome dato alla ragazza 17enne protagonista di questa "avventura", è schizofrenica dall'età di 12 anni. Dopo anni di tentativi inefficaci di cura, sempre in cliniche private (la sua famiglia ha grandi disponibilità economiche) approda in una clinica svizzera dove appunto Bianca, una psicanalista particolarmente sensibile, se la prenderà in carico. Il primo e più grande progresso sarà farle emettere delle parole, poi tra altri progressi ed apparenti passi indietro Anna riuscirà a parlare, comunicare in modo compiuto anche se è come se la sua crescita debba ripartire dalla prima infanzia.Un fatto casuale la porterà ad una fuga per la città e ad un tentativo di suicidio, che rischierà d'interrompere tutto. I dubbi del padre, quelli del primario della casa di cura che si dissocia dal metodo di Bianca pur avendolo esaltato dopo i successi iniziali, soprattutto l'opposizione della madre saranno il grande ostacolo da superare dopo questo episodio, anche perché quest'ultima è in forte imbarazzo per le scoperte di Bianca, che hanno individuato in gravi carenze affettive i fattori scatenanti della malattia. Bianca però è convinta che Anna possa tornare ad una vita sostanzialmente normale e riuscirà a convincerli ad affidarle la ragazza. Saranno 18 mesi di convivenza e di studio formidabile, con Bianca che diventerà temporaneamente Madre per poi lasciare andare progressivamente la "figlia"; ogni mese come un anno di vita, dalla bambina in culla all'adolescente che deve uscire di casa da sola.
Questa in sintesi la vicenda, ancora oggi un'esperienza ed un documento di portata storica e d'esempio per il mondo della psicanalisi.
Per chi volesse saperne di più sulla schizofrenia consiglio di rivolgersi a wiki o siti specializzati, non è materia che posso trattare personalmente. Io vorrei soffermarmi a riflettere brevemente su alcune affermazioni di Bianca, su alcuni momenti che contengono dei Valori Assoluti Inestimabili a mio parere, accompagnandole da qualche frame (sono pessimi, ma meglio che niente).
frame interlocutorio. prima d'incontrare Bianca: cure del sonno, elettroshock... si puntava solo a renderla innocua e gestibile
Non è una donna religiosa a parlare anche se potrebbe sembrarlo, ma una scienziata della materia più razionale che esista: il cervello. Sono affermazioni umanamente splendide, e a renderle ancora più tali c'è il fondamento scientifico. E' il medico a voler entrare nel mondo del malato, non si pretende il viceversa. Approccio non solo empatico ma necessario per una malattia mentale. Prima di Bianca ogni tentativo era volto ad ottenere da Anna comportamenti "normali", ora invece si cerca di entrare nel suo sistema di comunicazione. "Assumere su di sé il suo male" non intende portarne la croce, è solo come dire: sono io che devo essere capace di simulare nella mia mente la sua per potermi addentrare nei suoi meccanismi.
Letta così può sembrare un'affermazione fin offensiva, invece guardando il film ed ascoltandone i toni si comprende che questo è il punto primo per quell'assunzione su di sé del male di cui si parlava. E' un'intuizione geniale portata avanti con maestria. I simboli, più delle parole, non sono comprensibili presi a sé, vanno inseriti in un contesto ampio, comprensivo di analisi della vita del paziente. Fondamentale individuare gli eventi che solo ad un occhio incompetente o distratto non paiono importanti. Bianca incontrerà i genitori di Anna, ed ascolterà, molto. Mai definirà una sua intuizione o scoperta come definitiva, l'atteggiamento è sempre volto al progresso.
Mettendo insieme il desiderio di Anna di raccogliere le mele dall'albero ancora acerbe, l'attenzione per i seni di Bianca, la bravissima psicanalista comprenderà la necessità d'instaurare una nuova figura di madre, seppure estemporanea, perché con quella l'Anna che è "nascosta dentro" è disponibile a relazionarsi. Sarà un momento cruciale, e quella definizione di miracolo sarà il primario della clinica a coniarla. A partire da ciò i progressi della ragazza saranno sorprendenti. I miracoli però non esistono, mentre esistono persone che hanno una fiducia incrollabile e che lavorando a lungo, anche senza poter prevedere cosa accadrà, sanno cogliere il momento, l'attimo che contiene quella indicazione chiave. Nulla è frutto del caso.
Il frame, nonostante la sfocatura, è di una drammatica e amorevole bellezza che mi lascia interdetto ad ammirarlo. Le 2 attrici meritano citazione: sono Margarita Lozano (Bianca) e Ghislaine D'Orsay (Anna).
Questa recensione la sto scrivendo con le mani tremanti, è la verità, e in quell'immagine s'addensa la vetta di umanità di questo film. Quando l'amore per la vita umana in qualsiasi modo si esprima si unisce alla preparazione ed all'intelligenza, e il breve e semplice dialogo che riporto ne è la prova, si tocca la Vetta Massima Possibile per la nostra specie, ne percepisci l'altissimo potenziale che può esprimere. Sono i casi in cui dici "Sì, siamo la specie animale superiore!". In questi tempi dove vale più una tetta al silicone della materia grigia ben foraggiata, questo film che ha protagoniste 2 donne, una amorevole e preparatissima, un'altra che alla fine a modo suo compirà un'eroica impresa, ha ancora più significato. S'aggiunga a questo che alcun grande vantaggio economico è previsto per entrambe, qua si punta a Premi che superano ogni bene materiale si possa immaginare, siamo nel campo dell'impalpabile impagabile.
"... Ne sanno più di noi..." dice Freud! Che Maestro che ha avuto Marguerite, e come ha superbamente saputo mettere in pratica, non bigottamente ma con spirito critico, quanto da lui appreso! Questa storia, e questo film, sono una Lectio Magistralis di atteggiamento da avere nella vita, non saprei come meglio dirlo.
Ogni malato di questo genere è un mondo inesplorato ed inesplorabile per le persone comuni, a meno di non sapersi mettere in discussione e di agire come ha fatto Bianca. Quasi come un film di fantascienza, si poteva titolare "Viaggio all'interno di una mente" senza offenderlo, fermo restando che il titolo che ha è perfetto, ha il buon gusto e l'anti-sensazionalismo dovuti.
Un'ultima considerazione sulla qualità filmica dell'opera non me la posso risparmiare, anche se mi sono già dilungato troppo...
Quando Moravia, prima citato, dice: "[il contenuto] è stato decantato e ordinato con un rigore e una chiarezza che equivalgono a un atteggiamento stilistico", esprime in breve quello che penso, di questo e di altri film (pochi) ad esso paragonabili. Nessun uso di musiche emotivamente coinvolgenti, nessuna concessione ad interpretazioni iperboliche o peggio istrioniche, non corrispondono ad un'assenza di stile ma sono Lo Stile di un regista che qua s'è espresso ai massimi livelli. La commozione, lo stupore, la preoccupazione, e tutti i sentimenti che si provano durante la visione sono frutto puramente delle immagini, di una loro sapiente esposizione, equilibrata alla perfezione coi dialoghi e i brani del diario narrati da Bianca.
Olimpo degli Olimpi. Grande Onore a Nelo Risi, quest'anno compirà 91 anni e ne ha fatte altre di belle cose, anche se questa da sola basterebbe a metterlo nella Storia.