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Diario estivo e altre sequenze, il mio nuovo libro

Da Ellisse

Diario estivo e altre sequenze, il mio nuovo libroConoscete il detto "chi è avvocato di sè stesso ha uno sciocco per cliente"? Sono convinto che valga anche nel campo della critica. O meglio, dell'auto-critica. Credo perciò che dovrei evitare di parlare del mio libro che, dopo qualche lettura in anteprima da parte di amici, qualche tragitto imperfettamente ellittico e con tutto il tempo che c'è voluto, è finalmente uscito nelle edizioni de L'Arcolaio di Gianfranco Fabbri, nella collana "grigia" Il Laboratorio, diretta da Stefano Guglielmin. Mi limiterò quindi a qualche "nota tecnica". Che dire? Intanto che non c'è nessuna pre o postfazione, non perchè sia convinto che a volte lasciano il tempo che trovano (non sempre per fortuna) o perchè disperassi di trovare qualche acuto ermeneuta (ce ne sono parecchi). Niente di tutto ciò, semplicemente è andata così. Credo che chiunque vorrà leggerlo dovrà trovare la strada da sé, senza alcun viatico. E poi il titolo. Il fatto che questo libro si chiami "Diario estivo e altre sequenze" è fuorviante quanto basta. Qui c'è molto poco di quello che potrebbe suggerire l'idea di estate: sole, ombrelloni e bibite fresche. Direi semmai che l'estate vale qui per l'ombra netta che riesce a gettare sulle cose, sugli edifici, sulle persone, creando linee di fuga diverse, diverse prospettive. "Diario" è una sequenza di testi, come pure le altre sezioni, nel senso di  una serie di brani tra cui intervengono correlazioni significative o semplicemente l'idea di fondo che li sostiene. Non sono certo il primo ad usare questo termine (es. Sannelli), che va inteso, direi, come una espansione del termine stesso così come è  usato in analisi del testo poetico classico. Sospetto che in me, come in altri autori, ci sia un anelito al poemetto, o almeno la voglia di contrastare quel che sempre c'è di rapsodico nella poesia nostrana. Anche "Sinossi dei licheni" e "Camera di condizionamento operante" (li trovate eventualmente QUI) andavano in tal senso.  Direi che forse è rimasto, appunto, un anelito, ma del resto di Pagliarani, Majorino o Di Ruscio, ricordati qualche giorno fa da Biagio Cepollaro, ce n'è pochi in giro. Suggerimenti di lettura non ne ho. Solo a proposito di "Traiettorie", una delle sequenze, vorrei  sottolineare come la loro forma squadrata e monolitica, in origine con lo stesso numero di righe che non è stato possibile riprodurre perfettamente  in stampa, ha una sua ragion d'essere che non è detto coincida con l'idea di poesia in prosa, prosa poetica, prosa in prosa e via dicendo. Niente versi in senso canonico, solo blocchi di testo che si debbono attraversare trovando ciascuno il proprio passo. Per essi l'unico suggerimento è quello dell'esergo:
(inspira ad ogni verso,
mangia il
tuo fiato, misura
l’aria al bisogno.
Se necessario agonizza,
o
trova il ritmo).

Cosa che credo valga per tutta la poesia, qualsiasi forma abbia. Buona lettura.

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