È difficile seguire la politica italiana, quando ci sono elezioni di mezzo. I cambi repentini sono all’ordine del giorno. Ecco perché è presto per dire che la sinistra di Bersani (stra)vincerà queste elezioni. Troppe sono le variabili in gioco, troppi i protagonisti, e persino questo blog – limitato dalle notizie dei media nazionali e dalle fonti web (non sempre coerenti) – ha una certa difficoltà nel seguirla con una composta razionalità.
Qualche giorno fa ho parlato di un “piano segreto di riposizionamento nel centrodestra“, finalizzato a diversificare l’offerta elettorale moderata e dunque – come tale – capace di convincere il popolo degli astenuti (la maggioranza del paese) a recarsi alle urne. La sinistra, infatti, non è mai stata maggioranza in Italia (e nemmeno in Europa), ma rischia di diventarlo nel momento in cui il cosiddetto “popolo silenzioso”, deluso dai suoi punti di riferimento politici (PDL e Lega), decida di non votare. Da qui la necessità affinché il fronte moderato sia capace di offrire un’alternativa credibile corredata di un programma credibile, che tenga conto non solo di un solido rilancio dell’economia nazionale, ma anche della tutela dei valori primari della cultura italiana ed europea. A partire dai valori cattolici, fino ai valori liberali, ivi comprese le tradizionali alleanze con Israele e USA.
Ciò premesso, sembra che abbiano quasi dell’incredibile le giravolte del Cavaliere, fino a ieri l’altro nei panni di un glorioso kamikaze al tramonto politico che si lanciava contro Monti, denunciando (non con poche ragioni) le trame “plutodemoegemoniche” di Berlino e Bruxelles, attraverso l’utilizzo del loro stramaledetto euro, e oggi in prima fila nel candidare il tecnico della Bocconi alla guida di un fronte moderato alternativo alla sinistra, e dunque a Bersani e Vendola, i quali – come è stato scritto ieri su questo blog – non entusiasmano nemmeno il socialista Hollande (e questo vuol dire molto).
Alcuni commentatori hanno erratamente (e frettolosamente) interpretato le “giravolte” berlusconiane come effetto di demenza senile e schizofrenia politica. La verità non è certamente questa. Questa è la verità che fa comodo agli antiberluscones per denigrare un certo grado di “genialità” politica che in Italia pochi possono vantare, almeno nel presente. Non certo Bersani, personaggio di partito, più adatto a fare il burocrate che il leader politico.
Prima di tutto il Cavaliere con le sue uscite pro-Renzi ha pesantemente influenzato le primarie del PD. Si sa, nel Partito Democratico, la tara antiberlusconiana è ancora ben presente. E tutto ciò che è legato e/o piace al Cavaliere, anche solo attraverso un’attestazione di stima, è visto come fumo negli occhi. Se mai per caso il Berlusca andasse a dire che il gelato alla nocciola è il suo preferito, a sinistra sarebbero capaci di non comprarlo più perché sarebbe un gusto troppo berlusconiano. E badate non è uno scherzo. È stato sufficiente che Renzi abbia dichiarato di non detestare il Cavaliere, sia andato ad Arcore quando il Berlusca era presidente del Consiglio, e quest’ultimo durante le primarie gli abbia rinnovato (maliziosamente?) stima e fiducia, perché il popolo di sinistra ne cancellasse le aspirazioni nazionali. Ecco. Fuori Renzi, che piaceva tanto anche a destra.
Link Sponsorizzati
Monti. Il Cavaliere ha attaccato Monti e ha ordinato ai suoi di astenersi dalla fiducia (a fine legislatura poi). Il motivo è ovvio? Sondare. Sondare la compattezza del PDL in Parlamento e le reazioni politiche del fronte moderato. Stanare quelli che a parole hanno dichiarato di stare con lui, ma nei fatti lavoravano per il tecnico. Sondare le reazioni internazionali e capire quale fosse il gradimento dell’Europa (non di sinistra) nei confronti di Mario Monti e quali fossero le sue aspettative di consenso a livello istituzionale. Ha ottenuto il risultato che voleva. Ha capito esattamente chi era con lui (Berlusconi) e chi contro di lui. E ha compreso che quelli che erano con lui sono di numero inferiore rispetto a quelli che sono contro di lui. Ha atteso qualche giorno e dopo ha fatto la mossa di “scacco matto”. Ha candidato Monti alla guida dei Moderati.
Gli effetti. Beh, gli effetti gli abbiamo sotto gli occhi. Il fronte moderato si è ricompattato attorno a Monti. I mal di pancia nel PDL sono fortemente diminuiti. L’Europa moderata (PPE) ha “benedetto” la candidatura del bocconiano e ha riaccolto nelle sue braccia il kamikaze Berlusconi. La fronda montiana è rientrata. La diversificazione dell’offerta politica si farà lo stesso, ma con l’uscita dei soli ex-AN, che non potranno che andare in alleanza con il PDL (o quel che sarà), se non vorrà scomparire in qualche ghetto. Della Lega si potrà fare a meno, salvo i ripensamenti dell’ultima ora di Maroni (e sulla questione peserà parecchio la minaccia berlusconiana di far cadere le giunte in Veneto e Piemonte, oltre la candidatura dello stesso Maroni alla regione Lombardia). Casini, Montezemolo e Fini sono stati spodestati del loro cavallo di battaglia, anche perché non sarebbero stati oggettivamente in grado di sostenere una candidatura montiana con le percentuali da zero virgola che possiedono. Dovranno adattarsi: o nel carro del Cavaliere, oppure nel carro di Bersani. Il centro è nuovamente azzerato.
Ecco un altro effetto. L’annullamento del centro. Le mosse “schizofreniche” del Cavaliere hanno cancellato le aspirazioni del centro democristiano e hanno ripristinato il sistema bipolare. Da una parte la sinistra di Bersani e Vendola e dell’altra la destra liberale e moderata di Monti e Berlusconi. Ancora una volta, B. è riuscito a creare un’alternativa concreta alla sinistra, costringendo Bersani a un’affannosa rincorsa al centro (ultima sua dichiarazione: se vinciamo apriamo al centro e a Monti). Ma è chiaramente una forzatura, un suo correre ai ripari per l’inaspettato capovolgersi della situazione e per l’uscita quasi probabile dal PD dei rappresentati dell’area più moderata (da Veltroni a Fioroni).
Unico problema: Monti. Che farà Monti? Potrebbe dire di no all’offerta del Cavaliere e del PPE. Questo è possibile, ma è anche improbabile. Una investitura internazionale pesa parecchio e l’appoggio del Cavaliere significa avere una macchina elettorale straordinaria alle spalle. Inoltre il silenzio del Quirinale è significativo. Non sempre infatti il silenzio del Colle è una brutta cosa. Anzi… Dobbiamo tenere presente che Napolitano è di sinistra, e se non ha parlato, il motivo è chiaro: non vuole ferire Bersani, mentre vuole Monti candidato.
Altro problema è il programma montiano. Chiaramente con il Cavaliere e il PDL alle spalle, non potrà che essere un programma liberale e riformatore. Come dice Mario Sechi, il Monti tecnico è finito ieri con la sua presenza al pranzo del PPE. Da quel momento è iniziato il Monti politico. E il Monti politico non potrà non offrire al popolo italiano un programma di riforme (ivi compresa la giustizia) e liberalizzazioni. Un programma serio di rilancio dell’economia, pure basato su una sensibile riduzione delle tasse. Il tutto corredato con un peso maggiore dell’Italia nei consessi europei.
Sarà comunque difficile convincere il popolo delle partite IVA (e non solo) della bontà di questo inedito fronte moderato che si accinge a confrontarsi con la sinistra, data quasi per vittoriosa (e senza tenere conto del terzo incomodo, e cioè l’M5S di Grillo). Ma le alternative sono, appunto, Bersani e Vendola, tant’è che come è stato scritto ieri, ci stanno costringendo a scegliere il meno peggio. Ma se questo meno peggio – e non importa da chi sia diretto – sarà in grado di presentare un programma credibile, allora per l’Italia c’è ancora speranza, nonostante io avrei preferito ben altro.