Proviamo per un momento, in apertura di recensione, a mettere da parte la denuncia sociale, la veridicità dei fatti narrati ed addirittura delle violenze mostrate (ci arriveremo presto) per concentrarci sul valore artistico di Diaz - don’t clean up this blood, perchè il film di Daniele Vicari è splendido dal punto di vista dell’opera filmica.
Perfettamente strutturato, con una costruzione narrativa forte e coinvolgente, gli eventi che sono più volte riproposti da punti di vista e angolature differenti, il modo in cui la narrazione arriva al momento clou dell’irruzione nella scuola Diaz.
Tutto concorre a fare di questo Diaz un film ottimo e, seppur crudo, assolutamente godibile.
Seguiamo alcuni personaggi nella loro vicenda il giorno che si concluderà con il massacro della Diaz, alcuni ragazzi, un giovane giornalista, alcuni poliziotti, ognuno con una sua storia ed ognuno destinato a trovare l’incontro con gli altri nel momento più drammatico.
Ma la novità narrativa (non assoluta, per carità) è che le storie si mischiano, viaggiano ognuna per loro conto e tornano ad incontrarsi ripercorrendo e rivivendo gli stessi momenti da più angolature.
E non è da sottovalutare lo sforzo produttivo di Fandango e registico di Vicari per organizzare sulla scena migliaia di comparse ed un gran numero di protagonisti.
Il risultato è un ottimo film che viaggia sempre sul filo della tensione e non lascia spazio ad un sospiro per prendere fiato dall’inizio alla fine.
Merito ovviamente anche del fatto che lo spettatore è consapevole che quello che sta vedendo sullo schermo è successo veramente, non solo in linea generale ma addirittura nei dettagli visto che Vicari ha più volte confermato di aver lavorato sugli atti processuali anche per quel che riguarda le violenze perpetuate all’interno della Diaz e della caserma di Bolzaneto.
E quello che ci mostra il film è davvero impressionante, assolutamente imbarazzante per un paese civile e democratico.
I pestaggi che siamo costretti ad osservare sono duri, crudi, sprezzanti, le violenze e le torture sono schifose e gratuite, vedere quelle scene fa male, lascia il segno, aiuta a non dimenticare.
E Vicari non tace (ci mancherebbe) nemmeno l’appurata introduzione di armi da parte della Polizia all’interno della scuola facendo nomi e cognomi dei responsabili.
Ripeto però che non si tratta di una denuncia ma semplicemente di un racconto di quanto chiunque può leggere negli atti dei processi.
L’occasione quindi è ghiotta per ripercorrere quei giorni (indimenticabili per chi li ha vissuti anche solo da spettatore come me) e sapere quello che non sempre i giornali ci hanno detto perchè (diciamo la verità) passato il momento di calore di quei giorni chi mai può essere interessato a sapere quali sono le conclusioni di un processo anni dopo, chi ricorda le emozioni del momento al punto da voler sapere cosa successe lì dentro e perchè.
Ecco, andare a vedere Diaz è un modo per riprendere un filo interrotto, per fare il punto e per scoprire che la giustizia italiana (ormai lo sappiamo) non funziona proprio come dovrebbe.
Non vi ho detto nulla su un cast davvero funzionale in cui anche i grossi nomi quali Elio Germano, Claudio Santamaria, Renato Scarpa si calano nella coralità assoluta del film da questo punto di vista e mantengono la loro posizione nell’insieme.
Giudizio sintetico: andate al cinema (se possibile a stomaco vuoto).