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Dici donna, dici libro

Creato il 12 agosto 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
È risaputo che la stragrande maggioranza dei lettori di romanzi è costituita dalle donne, ma è altrettanto noto che in passato per una donna era disdicevole se non impossibile coltivare questa attività. Per secoli, alle ragazze è stato proibito l'accesso ai libri e allo studio; persino nel mondo antico le attività culturali più in vista, quali il teatro e la filosofia, erano prerogativa maschile, ed è facile isolare ai soli nomi di Saffo e Corinna la produzione poetica femminile greca. Tranne che per pochi casi isolati (nel Medioevo si ricordano scrittrici di preghiere e inni religiosi), prima della fine del XVIII secolo la donna non accede alla cultura e alla lettura.
Dici donna, dici libro J. H. Fragonard, La lettrice (1776)
Col profondo cambiamento che investe la società sul finire dell'Ancien Régime (il periodo storico convenzionalmente datato fra la fine del Medioevo e la Rivoluzione Francese), cambia anche il ruolo della donna rispetto alla letteratura, sebbene con forti differenziazioni nelle diverse aree europee.
Negli ultimi decenni del Settecento, infatti, all'incremento dell'urbanizzazione, la crescita della borghesia e dell'attività intellettuale si assomma il mutamento della struttura familiare: in una società che, soprattutto grazie all'acquisizione di una mentalità più laica e alla necessità di garantirsi una stabilità economica, opta ormai per il controllo delle nascite, la donna non è più vista solo come madre. Si diffonde, inoltre, il nucleo familiare ristretto, a scapito delle famiglie allargate del periodo precedente, che permangono solo nelle campagne.
Dici donna, dici libro F. Faruffini, La lettrice (1864)
In un contesto prevalentemente cittadino e industrializzato, nonché più intimo, la donna, libera da molte delle occupazioni cui la obbligava l'economia domestica di sussistenza (filato, produzione del pane ecc.) e immersa in ambienti in cui l'alfabetizzazione è più elevata per entrambi i sessi, ha finalmente la possibilità di coltivare la lettura.
I paesi anglosassoni, in questo senso, si dimostrano all'avanguardia, soprattutto grazie alla diffusione capillare dei romanzi d'appendice, che portano nelle case di molti cittadini le storie a puntate che oggi leggiamo in tomi di mole considerevole; ma la ricorrenza del tema della donna lettrice nella produzione che va dalla seconda metà del Settecento alla Belle epoque ci dimostra che il mercato del libro ha decisamente amppliato il suo pubblico alle ragazze e signore di tutta Europa.
Dici donna, dici libro A. Norregaard, Donna che legge alla finestra aperta (1889)
Dici donna, dici libro W. Orpen, Grace legge ad Howth Bay (1900)
Libere finalmente di leggere, le donne non sono solo fruitrici di letteratura, bensì, ne diventano protagoniste e autrici: ecco, allora, che emergono, sempre nella progredita Inghilterra le personalità d Jane Austen, delle sorelle Bronte e di Mary Shelley, ed ecco che i romanzi di tutta Europa si popolano di eroine femminili come Marguerite Gautier, Anna Karenina, Emma Bovary, che portano sulla carta stampata le loro passioni, i loro capricci, le loro ambizioni sociali.
Dici donna, dici libro W. Orper, La lettrice (1910)
Oggi le donne divorano romanzi, centellinano poesie e si lanciano su saggi e trattati, distinguendosi grazie alla loro capacità di attingere informazioni, filtrarle con la ragione e il sentimento e di formare giudizi e opinioni su tutto quanto leggono. Assistiamo, insomma, alla realizzazione di una forma di parità sociale che altri contesti non consentono ancora pienamente: sul lavoro e nella famiglia la donna ha ancora molti diritti da conquistare, ma in quel muto colloquio che ella può instaurare con un libro, nulla ha da invidiare all'altro sesso. 
Dici donna, dici libro G. Mascaini, Lettrice (1917)
«Ogni mese veniva al convento, per otto giorni, una vecchia zitella ad accomodare la biancheria. [...] Spesso le educande scappavano dalla sala di studio per andare da lei. Conosceva a memoria certe canzoni galanti del secolo passato e le cantava a mezza voce mentre cuciva. Raccontava storie e novità, faceva commissioni in città a chi ne aveva bisogno, e prestava di nascosto alle ragazze più grandi certi romanzi che teneva sempre in tasca del grembiule, e dei quali divorava anche lei lunghi capitoli negli intervalli del suo lavoro. Non parlavano che di amore, di amanti e di innamorate, dame perseguitate che scomparivano in padiglioni fuori mano, postiglioni uccisi a ogni tappa, cavalli sfiancati in tutte le pagine, foreste tenebrose, cuori in tormento, giuramenti, singhiozzi, lacrime e baci, barche al chiaro di luna, usignoli nei boschetti, cavalieri coraggiosi come leoni, mansueti come agnelli, e virtuosi come nessuno, sempre ben vestiti e malinconici come sepolcri. Per sei mesi di fila, a quindici anni, Emma si imbrattò le mani con questa polvere di vecchie sale di lettura. Leggendo Walter Scott si appassionò più tardi ai soggetti storici, sognò forzieri, corpi di guardia, e menestrelli. Le sarebbe piaciuto vivere in qualche vecchio maniero, come quelle castellane dai lunghi corsetti, che passavano i giorni affacciate a una finestra a trifora, con i gomiti sulla pietra e il mento fra le mani, per veder giungere dal limite della campagna un cavaliere biancopiumato galoppante su un cavallo nero»[1].

C.M.
NOTE:
[1] G. Flaubert, Madame Bovary, cap. 6.

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