Venerdì esce 17 ragazze, film francese presentato alla Settimana della critica di Cannes quasi un anno fa e poi passato in concorso al Torino Film Festival. E' la storia (vera) di un gruppo di adolescenti di una cittadina bretone che per sfida, spirito di indipendenza, ribellione, desiderio di libertà o noia, decidono di restare incinte tutte insieme. In realtà il vero motivo della scelta autodistruttiva non si conosce, e il film, opera prima di due sorelle (Delphine e Muriel Coulin) con il solo torto d'aver scelto solo ragazze troppo belle per essere credibili, è centrato proprio sull'inesplicabilità dell'adolescenza, sul divario linguistico tra le generazioni, con i giovani che parlano attraverso il corpo e gli adulti che falliscono nel tentativo di comprendere la realtà con la parola. E' un tema molto attuale, quello della barriera tra logos e mondo: ad esempio ne parlano due dei film più belli della stagione, A Dangerous Method e Carnage. Qui sopra ne ho scritto fino alla nausea. 17 ragazze non è certo all'altezza di Cronenberg e Polanski, nemmeno cerca di esserlo. E' un dramma realista costruito sul modello un po' troppo da esportazione dell'indie americano, tra grazia e stilizzazione, attratto dalla figura umana e mosso dalla ricerca di momenti ideali. In modo meno criptico, ricorda Elephant, per lo sguardo attonito di due adulte su un'adolescenza distruttiva: ma in fondo lo stupore di cui è testimone è quello che si prova di fronte allo spettacolo della vita che prende forma. Non tanto per quelle pance che in Italia qualcuno ha pensato di vietare ai minori di 14 anni (magari gli adolescenti andassero a vedere film del genere o sapessero almeno che escono!), quanto per tutte quelle ragazzine che decidono di bruciare le tappe e abbracciano quell'età adulta che oggi si nega ai trentenni e si offre in dono ai ragazzini.
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Venerdì esce 17 ragazze, film francese presentato alla Settimana della critica di Cannes quasi un anno fa e poi passato in concorso al Torino Film Festival. E' la storia (vera) di un gruppo di adolescenti di una cittadina bretone che per sfida, spirito di indipendenza, ribellione, desiderio di libertà o noia, decidono di restare incinte tutte insieme. In realtà il vero motivo della scelta autodistruttiva non si conosce, e il film, opera prima di due sorelle (Delphine e Muriel Coulin) con il solo torto d'aver scelto solo ragazze troppo belle per essere credibili, è centrato proprio sull'inesplicabilità dell'adolescenza, sul divario linguistico tra le generazioni, con i giovani che parlano attraverso il corpo e gli adulti che falliscono nel tentativo di comprendere la realtà con la parola. E' un tema molto attuale, quello della barriera tra logos e mondo: ad esempio ne parlano due dei film più belli della stagione, A Dangerous Method e Carnage. Qui sopra ne ho scritto fino alla nausea. 17 ragazze non è certo all'altezza di Cronenberg e Polanski, nemmeno cerca di esserlo. E' un dramma realista costruito sul modello un po' troppo da esportazione dell'indie americano, tra grazia e stilizzazione, attratto dalla figura umana e mosso dalla ricerca di momenti ideali. In modo meno criptico, ricorda Elephant, per lo sguardo attonito di due adulte su un'adolescenza distruttiva: ma in fondo lo stupore di cui è testimone è quello che si prova di fronte allo spettacolo della vita che prende forma. Non tanto per quelle pance che in Italia qualcuno ha pensato di vietare ai minori di 14 anni (magari gli adolescenti andassero a vedere film del genere o sapessero almeno che escono!), quanto per tutte quelle ragazzine che decidono di bruciare le tappe e abbracciano quell'età adulta che oggi si nega ai trentenni e si offre in dono ai ragazzini.
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