Dick Davis, inglese nato nel 1945, insegna attualmente il persiano alla Ohio State University, ed è membro della Royal Society of Literature. Perché parlarne?
Perché Davis è anche un traduttore che porta avanti, ormai da anni, un’opera di traduzione monumentale dal persiano all’inglese. Davis cominciò a confrontarsi con le opere più grandi della letteratura persiana partendo dallo Shahnameh del poeta Ferdowsi, il cosiddetto “Libro dei re”, da molti considerato l’equivalente, nella civiltà persiana, dell’Iliade, peraltrotradotto per il nostro Paese da Italo Pizzi e uscito, in otto volumi, nel lontano 1969, per i tipi di UTET.
Altra opera tradotta da Davis è The Conference of the Birds (Il Verbo degli uccelli) del mistico Farid al-Din 'Attar, poema di oltre 4000 versi risalente al XII sec., a tema naturalistico-mitologico.
Gli ultimi letterati, ma solo in ordine di tempo, con cui Davis ha iniziato a confrontarsi sono il mistico del Trecento Hafez, la misteriosa poetessa Jahan Malek Khatun e Zakani, poeta satirico tra i principali. I risultati sono contenuti nel volume Faces of Love: Hafez and the Poets of Shiraz, uscito sul finire del 2012.
La lingua e la letteratura persiane in Italia vengono professate come insegnamenti a livello universitario in numerosi dipartimenti di Lingue e Letterature straniere o Studi Orientali: dalla Ca’ Foscari di Venezia all’Alma Mater, all’Orientale di Napoli, passando per La Sapienza.
Tuttavia si tratta di una cultura, in senso generale, che sfugge ai più, rimanendo confinata in ambito strettamente specialistico. E di una cultura che, forse, non farebbe male conoscere un po’ di più anche ai cosiddetti “umanisti”.
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